“Lamb” bel romanzo, ma non si scomodi Nabokov

Cultura | 31 luglio 2015
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Sul penultimo numero del mensile “Asud'Europa” dai complimenti sganciati a destra e a manca – a chi fa conoscere la migliore letteratura a stelle e strisce in Italia – colpevolmente è rimasto fuori il lavoro di Black Coffee, collana dedicata alla letteratura americana dalle edizioni Clichy, affidata a due traduttori, Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, che scelgono i titoli e li curano, prima di lasciarli andare incontro al... mondo. I responsabili di collana spiegano in una specie di “bugiardino” di volersi occupare di autori inediti, o dimenticati, di voler dare spazio al racconto, genere trascurato, e di fare tutto ciò per «stimolare una reazione nel lettore e riappropriarsi di un linguaggio che riesca a dar voce con coraggio alle istanze più proprie della parola scritta». L'America è così vasta e sfaccettata, sembrano dirci, che c'è da assaggiarne ancora. Questo suggerivano i primi due titoli della serie, “Il prezzo di Dio” di Okey Ndibe e “Last Days Of California” di Mary Miller. E lo fa anche “Lamb” (264 pagine, 15 euro) scritto da Bonnie Nadzam, autrice poco meno che quarantenne, edito in lingua originale nel 2011 e in Italia da qualche mese, tradotto da Leonardo Taiuti. Le buonissime intenzioni del progetto non restano parole fatue. “Lamb” è un romanzo on the road da Chicago alle Montagne Rocciose, protagonisti un ultracinquantenne in crisi, solo e un po’ egoista, David Lamb (un matrimonio a pezzi con Cathy, una relazione pericolosa con la giovane collega Linnie e la vita che gli sembra insensata) e Tommie, lentiggini e denti storti, ragazzina di undici anni, piena di insicurezze e vittima delle compagne di scuola. Lei, per scommessa, deve scroccargli una sigaretta. La storia, naturalmente, si fa più complessa e ambigua, smette d’essere un gioco fra adolescenti. Rievocare “Lolita” sarebbe semplice: il romanzo di Nabokov, però, è un capolavoro universale che travalica i confini dell’America e abbraccia il mondo. Non lo faremo. Un mezzo modello può essere cinematografico, “Un mondo perfetto”, l’americanissimo film di Clint Eastwood con Kevin Costner. Presente? “Lamb” è americano allo stesso modo e ha nei dialoghi (ma anche nel non detto, in ciò che è evocato) una marcia in più. È un romanzo coinvolgente e imprevedibile, in cui sale la tensione emotiva e si corteggia il pericolo più torbido, vivisezionandolo; si analizzano vulnerabilità e innocenza, si prova a far luce su qualcosa di oscuro ed equivoco come la manipolazione, il desiderio di appropriarsi di qualcuno e di appartenere a qualcuno.
 di Salvatore Lo Iacono

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