La vulnerabilità delle straniere in Italia
Oltre la metà degli stranieri
residenti in Italia nel 2020 erano donne. Si tratta di 2.607.959 donne
straniere, pari al 51,8% dell’intera popolazione straniera residente. Una
maggioranza femminile che si è andata assestando a partire dal 2015, quando in Italia
risiedevano 293mila donne in più rispetto agli uomini, dopo un decennio
caratterizzato da un trend in ascesa della componente femminile straniera.
Le donne straniere, tuttavia, si trovano in una situazione di maggiore vulnerabilità rispetto agli uomini per quanto concerne la loro condizione professionale. E questa fragilità, come puntualizzato da Openpolis, aumenta nel caso delle giovani donne straniere (15-34 anni) che né lavorano né sono inserite in un percorso di studio o formazione (NEET) e che in Italia, nel 2020, sono state circa 214mila, più del doppio dei Neet di sesso maschile (104mila). Le giovani migranti scontano una doppia fragilità: la condizione di donna e quella di straniere. La prima le espone di più all’inattività, la seconda alla disoccupazione. E ciò nonostante esse siano mediamente più istruite degli uomini. Proprio in tema di disoccupazione, le donne straniere risultano più fragili rispetto alle italiane: costituiscono il 16% di tutte le disoccupate, pur rappresentando l’8,5% della popolazione femminile residente in Italia. Sebbene il tasso di disoccupazione sia più alto tra le donne (15,2% contro l’11,4% tra gli uomini), a fare la differenza è innanzitutto quello di inattività. Tra gli stranieri, le inattive sono più del doppio degli inattivi.
Il tasso di inattività è
particolarmente alto tra le donne che provengono da paesi meno secolarizzati e
più tradizionalisti nella ripartizione dei ruoli familiari. È il caso del
Pakistan, ad esempio, dove il tasso di inattività delle donne sfiora il 90%. Un
po’ meno religiosi ma abbastanza tradizionalisti sono i paesi quali Cina e
Filippine, mentre le regionipiù slegatedalla sfera religiosa e dalla tradizione
sono quelli dell’Europa orientale.
Alla condizione combinata di donna e di straniera, che determina la marginalità
della componente femminile straniera nel nostro paese soprattutto nell’ambito
lavorativo, si somma anche il condizionamento culturale tanto della cultura di
appartenenza quanto di quella del paese ospite. Fattori che hanno fatto
aumentare del 70% la probabilità per i giovani stranieri, rispetto ai loro
coetanei europei, di diventare Neet nel
2020. Nel caso specifico delle donne straniere, delle 214mila Neet straniere, 181mila
sono inattive (33mila sono invece disoccupate), mentre tra i giovani si
arriva ad appena 60mila inattivi (e 44mila disoccupati).
Oltre alla fragilità delle donne straniere in ambito professionale e alla
maggiore propensione dei giovani stranieri a diventare Neet, l’Italia
rappresenta, insieme alla Spagna, uno dei principali paesi europei in cui gli
stranieri sono vittime dell’overqualification. Un fenomeno, quest’ultimo, da
ricollegare all’alta domanda di lavoro
non qualificato e ad un mercato del lavoro fortemente segmentato. A
ciò si aggiunga che il fenomeno migratorio in Italia è relativamente recente
rispetto ad altri paesi europei. Tutti questi fattori riducono le possibilità
di mobilità lavorativa degli immigrati nel nostro Paese.
Alida Federico
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