La travagliata libertà di stampa nei Paesi arabi
Dibattito molto interessante, nei giorni scorsi, su libertà di opinione e di stampa, che ha coinvolto alcune classi del Liceo dell’Istituto Don Bosco Ranchibile. Noi, alunni dell’indirizzo economico-sociale, abbiamo ascoltato gli interventi dei giornalisti Angelo Meli e Francesco Scalia. Gli ospiti ci hanno spiegato com’è la situazione nel mondo e si sono soffermati anche su alcuni casi di attualità.
Abbiamo compreso che in alcuni Paesi, nonostante l’apparenza di democrazia, non esiste libertà e chi cerca di parlare o scrivere liberamente – diritti fondamentali che a noi sembrano scontati - rischia la vita. La funzione dell’attività giornalistica viene completamente negata o strumentalizzata dai governi dittatoriali. A conferma di ciò, vorrei ricordare, in particolare, tre esempi concreti che dimostrano chiaramente come certi governi violino tali diritti, al fine di eliminare l’opposizione politica e annullare la libertà di pensiero e di espressione della propria opinione.
Il primo caso è quello che, a mio personale parere, dimostra molto bene come questi governi compiano delitti e atti di atroce violenza e poi tentino di insabbiare tutto tramite i loro servizi segreti, campagne diffamatorie e depistaggi effettuati con vari mezzi. Mi riferisco al caso di Giulio Regeni e del governo egiziano.
Nato a Trieste nel 1988, fin dalla tenera età, Giulio aveva dimostrato grandi capacità linguistiche e una propensione per le questioni civiche. Prima di essere catturato, torturato e ucciso, svolgeva il lavoro di ricercatore come dottorando dell’università di Cambridge e si trovava in Egitto per effettuare le sue ricerche. Conosceva ben sette lingue, promuoveva la cultura e lo scambio sociale e proprio quest’ultimo nobile obiettivo gli è costato la vita. Venne arrestato da agenti dei servizi segreti egiziani, con l’accusa di essere una spia del governo britannico; accusa totalmente falsa. Fu seviziato e sfigurato, infine ucciso, e il suo corpo venne scaricato al lato di una strada che collega il Cairo con Alessandria d’Egitto. Ancor oggi, il Governo egiziano, pur essendo stato costretto parzialmente ad ammettere la verità, non consegna alla giustizia i responsabili di questo barbaro delitto.
Inoltre, da poco più di un anno lo stesso Governo trattiene ingiustamente in carcere, sottoposto anche lui a torture, il giovane Patrick Zaky, rientrato dall’Italia, dove studiava, nel suo Paese, per una vacanza, e qui catturato come terrorista, per il semplice fatto di essere un attivista per i diritti dei lavoratori.
Infine, vorrei citare anche un altro caso, avvenuto nel 2018, ma di cui si è riparlato molto ultimamente, dopo che la CIA ha reso noto il mandante dello spietato omicidio del giornalista saudita Jamal Kasshogi. Questo giornalista si era auto-esiliato, in forma di protesta contro il governo del suo Paese, trasferendosi in Turchia e, proprio nell’ambasciata saudita di Istanbul, è stato ucciso e fatto a pezzi per ordine del principe Salman.
Cosa ci insegnano queste storie? Che siamo molto fortunati a vivere in un Paese nel quale certe libertà, che in talune parti del mondo sono precluse ai cittadini, esistono e sono garantite dalla Costituzione. In particolare, la libertà di opinione e di stampa è prevista dall’art. 21 della Costituzione ed è un bene prezioso.
Giulio Francese, II Liceo economico sociale
Istituto Salesiano Don Bosco Villa Ranchibile Palermo
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