La televisione secondo Umberto Eco, lezioni sempre attuali

Cultura | 25 ottobre 2018
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UMBERTO ECO, 'SULLA TELEVISIONE'

(A cura di Gianfranco Marrone)

(NAVE DI TESEO, PP. 553, 22 EURO).




Campanile sera, La Figlia del capitano, il Festival di Sanremo, Specchio segreto, Tom e Jerry, Tribuna Politica, Canzonissima, I tre moschettieri, All in the family, Twin Peaks, il telegiornale, Portobello, La Corrida, Il Tenente Colombo, Beautiful, l’Ispettore Derrick, Un giorno in pretura, il Grande Fratello: come dire, Mike Bongiorno non era l’unico bersaglio della «spietata critica» che, per un sessantennio, Umberto Eco ha condotto alla televisione, italiana e straniera. L’ultimo libro del celebre studioso, scomparso quasi due anni fa lasciando un’eredità intellettuale di delicata e complessa gestione, lo dimostra ampiamente. 

Il semiologo e saggista Gianfranco Marrone, che a quest’eredità «tiene moltissimo», come sostiene, ha difatti raccolto una gran quantità di scritti di Eco dedicati al piccolo schermo: «Sulla televisione» è il titolo, edito dalla Nave di Teseo (pp. 533, euro 22), da oggi in libreria. «Questi scritti coprono un arco di tempo che va dal 1956, anno in cui la Rai vara le sue prime trasmissioni, al 2015, - afferma Marrone - periodo in cui il mezzo televisivo perde la sua supremazia fra i media di massa, cedendo il posto alla rete. Un tale arco di tempo coincide con l’intera carriera di Eco come professore e scrittore, pensatore e opinionista, linguista, uomo d’editoria e, al suo inizio, funzionario del servizio pubblico della Radio Televisione Italiana». Sono testi di varia natura, molti dei quali praticamente inediti: saggi scientifici, analisi di trasmissioni, interventi a caldo, report di ricerche empiriche, risposte a questionari, articoli giornalistici, scritti di fiction. «Ne viene fuori, tristemente, - afferma il semiologo - che le strade seguite dalla televisione sono state radicalmente opposte a quelle che Eco s'attendeva e pretendeva, andava suggerendo e auspicando, con toni diversi, avversari diversi, ma lo stesso spirito di fondo: uno spirito politico - quello di chi ha innanzitutto a cuore una 'res pubblicà che la televisione avrebbe potuto contribuire a formare e a gestire, preferendo però, fatalmente, fare il gesto dello struzzo che, cacciando la testa sotto la sabbia, mostra il sedere a un telespettatore carico di curiosità e di perplessità. Sono parole sue».

Gianfranco Marrone è professore ordinario di Semiotica

nell’Università di Palermo. Insegna Semiotica dell’alimentazione

e del gusto nell’Università delle scienze gastronomiche di

Pollenzo. Ha introdotto e tradotto in lingua italiana diverse

opere di Roland Barthes e Algirdas J. Greimas. Tra i suoi

scritti: Il sistema di Barthes (1994), Estetica del

telegiornale (1998), C'era una volta il telefonino (1999), Corpi

sociali (2001), Montalbano (2003), La Cura Ludovico (2005), Il

discorso di marca (2007), L’invenzione del testo (2010), Addio

alla Natura (2011), Introduzione alla semiotica del testo

(2011), Ccà ddà ddocu (2011), Stupidità (2012), Figure di città

(2013), Gastromania (2014), The Invention of the Text (2014),

Dilettante per professione (2015), Semiotica del gusto (2016),

Principes de la sémiotique du texte» 2016; Roland Barthes:

parole chiave (2016); Prima lezione di semiotica (2018), Storia

di Montalbano (2018). 

 di Giovanni Franco

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