La svolta del Papa, vescovi della strada a Bologna e Palermo

Società | 28 ottobre 2015
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 Appena chiuso il Sinodo sulla famiglia, Francesco preme sull'acceleratore della sua «rivoluzione» nella Chiesa. Sono entrambe nel segno della svolta le nomine ufficializzate oggi dei nuovi arcivescovi in due diocesi di peso come quelle di Palermo e Bologna. Nel capoluogo siciliano, al posto del cardinale Paolo Romeo, da due anni scaduto per limiti di età, il Papa manda don Corrado Lorefice (nella foto in alto), 53 anni, finora semplice parroco a Modica (Ragusa) e vicario per la pastorale della diocesi di Noto. Sulla cattedra di San Petronio, finora retta dal «conservatore» Carlo Caffarra, anch'egli in 'prorogatiò da due anni, arriva invece mons. Matteo Zuppi (nella foto in basso), 60 anni, figura storica della Comunità di Sant'Egidio, di cui è assistente ecclesiastico dal 2000 oltre che, dal 2012, vescovo ausiliare della diocesi di Roma per il settore Centro. Due nomine quanto mai nel solco della «discontinuità», segno di un nuovo corso impresso da papa Francesco nelle designazioni per le sedi vescovili, trattandosi tra l'altro di due tradizionali cattedre cardinalizie, anche se nell'era Bergoglio non sembrano valere più i consueti criteri sull'assegnazione della porpora legata al 'rangò della diocesi. Due vescovi-parroci - con «l'odore delle pecore» li definisce il direttore di Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro ricordando la celebre metafora di Bergoglio - accomunati pur nelle differenze delle rispettive storie dalla vicinanza verso gli ultimi e dall'amore per una Chiesa «povera a per i poveri»: Lorefice, pressochè sconosciuto nei palazzi romani ed estraneo alle «terne» che erano state predisposte per Palermo, vicino a don Pino Puglisi, si caratterizza per l'attività contro le mentalità e i comportamenti mafiosi nella sua terra; Zuppi - l'ex parroco di Santa Maria in Trastevere - per l'instancabile azione a sostegno dei più poveri, degli immigrati, dei rom, senza escludere la «diplomazia parallela» esercitata con S.Egidio (un esempio per tutti la mediazione per la storica pace in Mozambico). Figure, tra l'altro, che tracciano un evidente scarto rispetto ai predecessori: Romeo, lambito tre anni fa dallo scandalo Vatileaks, quando pronosticò la morte entro un anno di papa Benedetto XVI; Caffarra, tra i portabandiera della conservazione al recente Sinodo dei vescovi, firmatario di libri e lettere contrari a ogni innovazione. Con la nomina di pastori a lui senz'altro più affini, il Papa comincia a ridisegnare la geografia della Chiesa italiana, proprio alla vigilia del Convegno ecclesiale di Firenze dove interverrà il 10 novembre. E chiusa la partita-Sinodo, in attesa di elaborare un suo documento sulla famiglia, avvia una sorta di 'fase duè del pontificato, che oltre alla riforma delle strutture comprenderà anche il graduale ricambio delle pedine-chiave, inclusi gli avvicendamenti in Curia. Proprio in tema di riforma della Curia, intanto, Francesco - rilevando come in questa fase siano emersi «alcuni problemi» - ha richiamato a che non ci siano deroghe sulle assunzioni di personale e sui trattamenti economici. Questo periodo «di transizione» per elaborare la riforma della Curia romana non è una «tempo di 'vacatio legis'», ha scritto il Pontefice al card. Pietro Parolin, segretario di Stato, perchè ne dia comunicazione a tutti i dicasteri e gli uffici, spiegando che resta pienamente in vigore la costituzione 'Pastor bonus'. E anche in questa fase «le assunzioni ed i trasferimenti del personale dovranno essere effettuati nei limiti delle tabelle organiche», «con il nulla osta della Segreteria di Stato», e secondo i «parametri retributivi stabiliti». L'osservanza delle norme è necessaria «per assicurare un equanime trattamento, anche economico, a tutti i collaboratori e le collaboratrici». Tutto questo, specifica, vale anche per il Governatorato e per le Istituzioni dipendenti dalla Sede Apostolica. Unica eccezione lo Ior. 

DON LOREFICE, UN PARROCO A FIANCO DEI POVERI 

VICINO A DON PINO PUGLISI 

Per scelta teologica e stile di vita è considerato un testimone della chiesa dei poveri. Come sottolinea nel primo messaggio inviato ai fedeli della sua diocesi quando li invita «a mantenere vigile l'attenzione ai più piccoli, ai più poveri, agli ammalati». Questo profilo dell'arciprete della chiesa di San Pietro a Modica avrebbe convinto papa Francesco a nominare don Corrado Lorefice nuovo arcivescovo di Palermo. Succederà a Paolo Romeo che ha superato il limite di età di 75 anni e da due era in «prorogatio». Il papa e don Corrado si conoscono personalmente. Ma un'influenza nella nomina sarebbe venuta dal sostegno di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, e di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana. La notizia della nomina circolava già da qualche giorno sotto forma di indiscrezione. A Modica i fedeli l'avevano accolta con commozione mentre don Corrado aveva mantenuto un sobrio silenzio. «È sotto i vostri occhi, nel mio cuore e sulle mie spalle, il peso che mi è stato imposto. Tuttavia, la parola di Dio mi è di conforto e sprone» ha commentato stamane a Noto, dove è stato vicario episcopale della diocesi. «Papa Francesco, nonostante questa mia inadeguatezza mi ha affidato il servizio pastorale della diletta Chiesa palermitana - ha aggiunto -. A lui va la mia gratitudine e la mia convinta e incondizionata adesione al suo alto e lungimirante magistero».  Nato a Ispica (Ragusa) 53 anni fa, figlio di un maestro elementare, il nuovo arcivescovo di Palermo si è laureato in teologia con una tesi sulla Chiesa conciliare e sulla relazione sulla povertà che nel 1962 venne presentata dal cardinale Giacomo Lercaro al Concilio Vaticano II. Dalla sua ricerca don Corrado Lorefice ha anche ricavato un libro con un titolo che riassume la sua visione del ruolo della Chiesa: «Dossetti e Lercaro: la chiesa povera e dei poveri».  Don Corrado ha scritto anche un altro libro, «La compagnia del Vangelo. Discorsi e idee di don Pino Puglisi a Palermo», nel quale rilegge in chiave teologica gli interventi del sacerdote ucciso dalla mafia al quale ha fatto anche esplicito richiamo nel suo primo messaggio ai fedeli della sua nuova diocesi.  L'impegno per la promozione dei più deboli ha portato più volte il nuovo arcivescovo di Palermo in Africa e in Sudamerica dove ha incontrato l'allora cardinale Bergoglio. Da quel rapporto, consolidato da una comune visione sulle aperture sociali della Chiesa, sono nate le premesse per la nomina di don Corrado nel segno della discontinuità delle «regole» gerarchiche: padre Lorefice diventa infatti arcivescovo senza essere mai stato vescovo. E forse non a caso tra i primi ad esprimere apprezzamento per la scelta del Papa sono stati proprio due parroci di frontiera a Palermo, Padre Maurizio Francofonte, successore di Don Pino Puglisi a Brancaccio, e Padre Antonio Garau, che si è più volte scagliato contro la mafia. 

LA RIVOLUZIONE DI ZUPPI, Il «VESCOVO DEGLI ULTIMI» 

Per la Diocesi di Bologna è una piccola rivoluzione. La nomina, attesa, arrivata da papa Francesco che ha nominato monsignor Matteo Zuppi alla successione di Carlo Caffarra sulla cattedra di San Petronio, pare destinata a cambiare radicalmente il clima in Curia. Zuppi, 60 anni, fino ad oggi vescovo ausiliare di Roma, assistente ecclesiastico della Comunità di Sant'Egidio, è considerato un esponente progressista della Chiesa e lo ha dimostrato fin dalle sue prime parole rivolte, con un messaggio, ai fedeli bolognesi, nel quale ha posto l'accento sul fatto che la Chiesa deve essere «di tutti, proprio di tutti, ma sempre particolarmente dei poveri», ha citato il Concilio Vaticano II, monsignor Oscar Romero e Giovanni XXIII. Caffarra, 77 anni, che dall'insediamento di Zuppi si ritirerà a Villa Revedin, è considerato vicino a Comunione e Liberazione e si è sempre distinto come uno dei più convinti difensori della tradizione: recentemente suoi interventi sono stati pubblicati insieme a quelli di altri porporati, non certo progressisti, come Mueller o Burke, in volumi usciti prima del Sinodo, che confutavano le aperture alla comunione dei divorziati-risposati. Ed a Bologna si è distinto per le sue posizioni molto conservatrici, soprattutto sui temi della famiglia. A capo di una diocesi al cui vescovo, da tradizione, è sempre stata assegnata la porpora cardinalizia, se ne va, insomma, un esponente le cui posizioni non sono certo state sovrapponibili con quelle del Papa e ne arriva uno che di Francesco non solo ha la stima, ma anche il linguaggio e la sensibilità su alcuni temi.  Ma, soprattutto, Caffarra, che è stato vescovo per dodici anni di Bologna, si inseriva in una tradizione intransigente della chiesa bolognese, il cui inizio può essere fatto risalire al 1968, quando Paolo VI rimosse il cardinal Giacomo Lercaro dopo un'omelia nella quale condannava i bombardamenti dei Vietnam e che con Zuppi potrebbe interrompersi. Lo si deduce non solo dalla storia e della formazione personale, ma anche dalle prime parole che Zuppi ha rivolto alla sua diocesi: «Gesù non condanna ma usa misericordia. Senza ascolto e senza misericordia si finisce tristemente per vedere, certo sempre con tanto zelo per la religione, solo rovine e guai. Mi perdonerete all'inizio qualche inflessione romana. Ma c'è una parola che imparerò subito, perchè voi la pronunciate con un accento che mi ha sempre ricordato un tratto molto materno: 'teneressà. È quella che chiedo alla Madonna di San Luca, perchè mi e ci protegga». La nomina di Zuppi è significativa anche perchè la diocesi di Bologna ha un'altra particolarità: da qualche mese, infatti, è una delle più ricche del mondo. È infatti proprietaria della Faac, la multinazionale dei cancelli automatici, dopo averla ereditata dall'industriale Michelangelo Manini. La diocesi non ha voce in capitolo nella gestione dell'azienda, che è amministrata da un trust, ma è beneficiaria degli utili: un gruzzolo annuale da alcune decine di milioni di euro.
 di Alida Federico

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