La strage silenziosa delle donne

Cultura | 13 aprile 2015
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Da gennaio a settembre 2013 sono stati commessi in Sicilia 10 femminicidi. L'anno precedente sono state 124 le donne uccise in Italia, di cui 14 in Sicilia. Nel 2011 e nel 2010 con una media di una decina di casi, la Sicilia si è collocata dopo l'Emilia Romagna e la Lombardia, ma oltre il 90% delle donne maltrattate sceglie di non denunciare il partner. Inoltre, l''inerzia sulla violenza contro le donne costa 16,7 miliardi di euro, mentre i costi per contrastare il fenomeno ammontano a circa 16 milioni di euro l'anno. I dati, elaborati dall'Istat, sono diffusi nel volume “La violenza sulle donne nel quadro della violazione dei diritti umani e della protezione del testimone vulnerabile”, scritto da Mirella Agliastro, magistrato della Procura Generale presso la Corte di Appello di Palermo, (Aracne edizioni, 644 pp., 32 euro) e presentato oggi al tribunale di Palermo. Nel libro si citano gli ultimi eclatanti casi dei cosiddetti “femminicidi” avvenuti in Sicilia, come quello dell'ottobre 2012, vittima la studentessa palermitana Carmela Petrucci, uccisa con 20 coltellate per aver difeso la sorella Lucia dalla furia del fidanzato che le aveva aspettate davanti alla loro abitazione. O l'uccisione a Enna, nel febbraio 2013, della giovane 20enne Vanessa Scialfa, gettata in un viadotto dal fidanzato 35enne. Nel libro, che affronta diversi casi nazionali, l'autrice sottolinea come la “premeditazione e l'aggravante per futili motivi siano spesso alla base dei feminicidi” e quanto siano esposti spesso i testimoni o i figli delle vittime che assistono a episodi di violenza: circa il “60% dei figli di famiglie violente è stato testimone di uno o più episodi di aggressione”, si legge. Una violenza che ha un alto costo sociale, se si considera che “la mancata produttività delle donne vittime di violenza costa circa 604 milioni di euro, senza considerare le spese sanitarie, legali e le cure farmacologiche”, scrive l'autrice. Il libro approfondisce il quadro normativo di riferimento, come la Convenzione di Istanbul, la Direttiva Europea n. 29/2012 e soprattutto il decreto legge convertito nella legge n. 119/13 sulla violenza di genere. Sul piano processuale vengono analizzati gli strumenti e le tecniche di indagine e la formazione della prova dibattimentale proveniente dalle vittime vulnerabili, e illustrate le fattispecie a tutela della donna maltrattata. Ma il testo approfondisce anche gli effetti della violenza psichica, ponendo il tema della vulnerabilità psicologica della vittima “sfruttata e manipolata dal partner sia come giustificazione nel caso in cui si passi alle violenze fisiche, sia in giudizio per sminuire la portata probatoria delle accuse formulate”.

Nel volume si fa anche riferimento ai centri antiviolenza presenti sul territori (su tutti, a Palermo, “Le Onde” e quello, più recente intitolato a Lia Pipitone, figlia di un boss vicino a Riina e Provenzano e che fu uccisa il 23 settembre 1983 nel corso di una strana rapina), senza dimenticare gli strumenti che forniscono assistenza. Come quello adottato nel gennaio 2010 in provincia di Grosseto, all'interno del Pronto soccorso e denominato “Codice Rosa”, una task force che prevede anche una “sala rosa” riservata per controlli e consulenze mediche in caso di violenza. Nel primo anno di attività sono stati 309 i codici rosa, mentre nel 2011 i casi segnalati sono stati 507. Su questa scia in Sicilia è stato avviato un progetto pilota dall'Asp di Ragusa, nel novembre 2013, in seguito a una circolare dell'assessorato regionale alla Salute. Dall’inizio della sperimentazione del “Codice rosa” sono stati registrati in quella città 50 casi di cui 13 riguardano immigrati e 42 italiani. “La tardività italiana ha radici antiche - sostiene l'autrice Agliastro - In Italia la Corte di Cassazione condannò per la prima volta un uomo per una violenza sessuale perpetrata ai danni della moglie solo nel 1976”. 

 di Antonella Lombardi

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