La Sicilia sfiancata dal Covid spera nell'aiuto europeo

Economia | 5 luglio 2020
Condividi su WhatsApp Twitter

E' un documento di economia e finanza regionale di carattere straordinario quello presentato nei giorni scorsi dall'assessore all'Economia. Infatti, come è avvenuto per il DEF nazionale, nelle more di conoscere gli aggiornamenti degli scenari macroeconomici e delle previsioni tendenziali a legislazione vigente che saranno indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza pubblica che il Ministro dell'Economia e delle Finanze presenterà entro il prossimo 30 settembre, le previsioni programmatiche si limitano al breve periodo. Lo scenario dei prossimi mesi fa prevedere una crisi sociale ed economica di carattere talmente drammatico da non riscontrare precedenti nella recente storia dell'isola. Viene prevista a fine anno 2020 una perdita di prodotto del 7,8% a fronte di una riduzione leggermente peggiore a livello nazionale (-8,3% secondo le più recenti elaborazioni dell’Istat). 

Non vorremmo essere profeti di sventura, ma a nostro avviso le previsioni non colgono pienamente la gravità della situazione che si presenterà in Sicilia nel prossimo autunno. Esse infatti si basano sulla constatazione che in Sicilia, il “lockdown” ha riguardato il 44,2% delle unità locali, il 37,1% degli addetti e il 32,8% del fatturato sul totale delle attività economiche rilevate. Nel 2017 questa parte del sistema produttivo ha realizzato in complesso, secondo i dati Istat, circa € 33,2 miliardi di fatturato, quindi, assumendo un eguale importo per l’anno in corso e una fermata omogenea di un mese, si dovrebbe dedurne una perdita di € 2,766 miliardi, pari a un dodicesimo del valore annuale dell’aggregato. In realtà le attività connesse alla ricezione turistica, che dal “lockdown” è stata formalmente sospesa, hanno nei fatti subito l’azzeramento della domanda a causa dei divieti posti alla mobilità delle persone, mentre la ripresa estiva appare dubbia anche in considerazione della flessione dei consumi delle famiglie e delle disposizioni di sicurezza che tuttora ostacolano la ripresa del comparto. L’analisi recentemente condotta da SRM (“Studi e Ricerche per il Mezzogiorno”) sulle prevedibili dinamiche turistiche in Sicilia, stimano che, nello scenario meno pessimistico (nessuna ripresa autunnale del contagio), ci sarà una contrazione del 19,6% della domanda di turismo in Sicilia, corrispondente alla perdita di circa 3 milioni di presenze su 15 e una caduta del 19,2% del fatturato del settore. 

Lo studio considera, infatti, che malgrado il progressivo rientro delle misure restrittive, la filiera dovrà smaltire sia gli effetti negativi di natura economica e produttiva, sia un mercato diverso e sicuramente non facile. Il comparto più colpito dai provvedimenti restrittivi, con la quota del 33,5%, è quello del commercio,seguito da “alloggio e ristorazione”(23,8%). A causa, quindi, della minore produttività dei servizi, prevalenti nell’Isola, si determina la minore rilevanza che ha in Sicilia il fatturato dei settori sospesi (32,8%), a fronte della corrispondente quota nazionale(43,6%). Insomma, apparentemente la Sicilia ha subito meno delle regioni del Centro- Nord le conseguenze della paralisi delle attività produttive, il realtà il prevalere nel suo sistema produttive delle attività terziarie su quelle manifatturiere e la più lenta ripresa prevedibile per il turismo creerà un significativo rallentamento della ripresa dell'economa isolana. Tra l'altro la crisi simmetrica da Covid 19 è intervenuta in una fase nella quale non si era ancora verificato il recupero della flessione prodotta dalla precedente crisi. L'arretratezza relativa dell'isola si può constatare anche dalle cifre relative alla stima del BES (benessere economico solidale) che valuta il progresso di una società non soltanto dal punto di vista economico ma anche da quello sociale e ambientale .Nel 2018 i valori dei 30 indicatori (suddivisi in 15 indici compositi relativi a 12 tematiche principali (domini): 9 direttamente collegati al benessere umano e ambientale e 3 di natura più strumentale e di contesto) denunciano per la Sicilia una condizione di benessere inferiore alla media italiana in tutti i domini, con l’unica eccezione, nell’ambito della sicurezza, per l’indicatore sulla criminalità predatoria (furti in abitazione, borseggi e rapine); mentre valori in linea con quelli medi nazionali si registrano per politica e istituzioni e per gli omicidi. Tra tutti i domini, quelli dell’area economica mostrano per la regione la distanza più ampia dai livelli medi nazionali. In particolare, le condizioni occupazionali non favorevoli si riflettono sul livello di benessere economico delle famiglie siciliane. 

Tra gli indicatori relativi alle condizioni economiche minime si registra il peggiore dato nella deprivazione materiale e nella bassa intensità di lavoro. La Sicilia rimane significativamente distante dagli standard medi nazionali anche per le dimensioni legate al territorio. Nell’ambito del paesaggio e del patrimonio culturale l’incidenza dell’abusivismo edilizio è più che tripla rispetto alla media italiana e i comuni siciliani mostrano una più esigua spesa per la cultura sia come incidenza sul totale della spesa sia in termini pro capite. A questi elementi si aggiungono la più bassa percentuale di raccolta differenziata di rifiuti urbani (la metà della media nazionale), una scarsa disponibilità di verde urbano e un più limitato ricorso a energia elettrica da fonti rinnovabili; fattori che collocano la Sicilia in ultima posizione tra le regioni italiane in ordine all’indice composito sull’ambiente. 

La crisi siciliana perciò affonda le sue radici nel tempo e deriva da carenze in molti settori, la maggior parte dei quali di diretta responsabilità dell'amministrazione regionale. Per di più il settore pubblico continua ad attivare nell’economia regionale il 26,3 per cento della domanda totale di beni e servizi, contro una quota nazionale del 19,2 per cento. Le spese per il personale di tutto il complesso degli enti che lo compongono equivalgono in Sicilia al 13,7 per cento del PIL contro un valore dell’8,1 per cento in media nazionale. Confermandosi ormai inutilizzabile per gli investimenti il bilancio regionale (per approvare il quale quest'anno è stato necessario il trasferimento di quasi 1, 5 miliardi di euro di risorse europee), l’intervento pubblico regionale sarà prevalentemente sostenuto dai Fondi SIE (Strutturali ed Investimento Europei), oltreché dalle risorse afferenti al Programma Operativo Complementare 2014-2020, e al Fondo Sviluppo e Coesione. Si ribadisce l'impegno a rendere maggiormente efficace l’azione dell’intervento pubblico regionale sostenuta con fondi europei, anche attraverso il ricorso a strumenti ed interventi integrati e/o complementari sia per elevarne l’effetto moltiplicativo della spesa pubblica sul PIL e sull’occupazione sia per offrire ai beneficiari un più ampio quadro di opportunità di progettazione e realizzazione di interventi integrati.

 Affermazioni giuste in linea di principio ma che, ad oggi, restano prive dei concreti sostegni che deriverebbero dalla radicale riforma della macchina amministrativa regionale. Purtroppo non sono buone notizie: il DEFR conferma che ci attendono mesi in cui il disagio sociale potrebbe crescere in maniera esponenziale. Temiamo che il governo regionale non ne abbia piena contezza e, soprattutto, non sia consapevole di quanto il dopo COVID 19 comporterà un profondo e immediato cambiamento dei paradigmi dell'azione politica ed amministrativa.

 di Franco Garufi

Ultimi articoli

« Articoli precedenti