La Sicilia migliora ma ancora non sta tanto bene

Economia | 13 luglio 2016
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L’economia siciliana cresce ma più lentamente del previsto. È quanto emerge dal rapporto CongiunturaRes, l’osservatorio congiunturale della Fondazione Res presentato oggi a Villa Zito a Palermo. Quindi, seppur a rilento, il Pil cresce (dello 0,9% nel 2015 e dell’1,2% nel 2016), la disoccupazione cala (dal 21,4% dell’anno scorso è stimata al 20,9% quest’anno) e in marzo si registrano 33 mila nuovi posti di lavoro rispetto all’anno precedente.
 Gli investimenti sono previsti in crescita del 2,3% nel 2016 e del 2,5% nel 2017, tuttavia occorre tenere conto che l’incidenza complessiva degli investimenti sul Pil è particolarmente bassa in Sicilia (14%) rispetto al Centro-Nord (17,5%). Ciò vale sia per gli investimenti privati che per gli investimenti pubblici. Un sostegno maggiore alla crescita del reddito è venuto dai consumi delle famiglie (+1% nel 2015 e +1,1% nel 2016). La stazionarietà dei prezzi al dettaglio favorisce la tenuta del potere d’acquisto e dopo i rallentamenti degli anni 2008-2014 migliora la domanda per soddisfare i bisogni primari (generi alimentari e bevande +1,3%, vestiario e calzature +1,5% nel 2016) a fronte di spese più stabili per abitazione e utenze, arredamento, sanità, comunicazione, ricreazione e cultura. Aumenta la spesa per trasporti (+3,7%). Stabili le esportazioni non-oil. In crescita le vendite all’estero di prodotti agricoli (+3,9%) e soprattutto degli agroalimentari (+12,5%).
 Si conferma dunque anche in Sicilia l’inversione di tendenza dopo la crisi. Tuttavia, l’incremento del reddito previsto per il 2016 e gli anni successivi, nonché la dinamica degli investimenti, appaiono insufficienti per far scendere significativamente il tasso di disoccupazione o anche soltanto per tornare in tempi non troppo lunghi ai livelli di reddito precedenti la crisi. Infatti, si può stimare che con questa dinamica del reddito occorrerebbero circa 3 anni per ridurre di un solo punto il tasso di disoccupazione e sarebbero necessari circa 6 anni per tornare al reddito procapite del 2008.
 Per comprendere i sentieri di adattamento dell’economia siciliana occorre però guardare anche alla sua faccia più nascosta: quella dell’economia sommersa. Diversi indicatori elaborati dalla Fondazione Res mostrano come questo fenomeno sia consistente e in crescita nella regione. Lo scarto fra i consumi privati e il reddito fiscalmente dichiarato è il più elevato in Sicilia (140%) fra tutte le regioni (con la sola eccezione della Calabria, 145%). Inoltre, i dati sugli occupati rilevati dall’Istat (+33 mila) risultano significativamente più alti rispetto a quelli Inps che misurano il lavoro ufficialmente registrato (-17,8 mila). Anche in questo caso i valori della Sicilia sono significativamente più elevati della media nazionale. In Sicilia, infine, si fa un grande uso di voucher, buoni di lavoro per pagare il lavoro occasionale accessorio, che in realtà si sono rivelati anche un veicolo di diffusione di forme di lavoro irregolare: nel primo quadrimestre 2016 ne sono stati venduti 1,096 milioni in Sicilia, con un aumento del 69,6%, contro il +43,1% della media nazionale.


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