La Sicilia del Covid, fragile e appetibile per le mafie

Economia | 1 gennaio 2021
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Fragile e perciò appetibile per le mafie: è il ritratto impietoso dell'economia siciliana che vede le province di Caltanissetta, Catania, Siracusa e Trapani tra quelle maggiormente permeabili alle infiltrazioni della criminalità organizzata. A metterlo nero su bianco è l'ultimo rapporto Eurispes che ha analizzato, tramite 19 indici basati su 163 variabili, la permeabilità dei territori alla criminalità organizzata. Lo studio Eurispes, realizzato grazie a un protocollo di intesa con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha chiarito, una volta per tutte, come nessuna provincia italiana possa in realtà considerarsi a rischio zero, ma come, allo stesso tempo, la permeabilità del Sud sia principalmente dovuta alla sua vulnerabilità sociale. Sottolineando la correlazione tra il fenomeno della permeabilità e il manifestarsi di crisi economico-finanziarie. Un dato che getta un'ombra lunga sulla Sicilia, terza regione per indice di permeabilità (IPCO) e sul futuro, gravato da una povertà ormai strutturale e con le ferite inferte dal Covid 19 ancora da quantificare del tutto.

La dinamica dell'Ipco rivela come le due province siciliane di Siracusa e Messina presentino valori in crescita che compongono il quadro regionale più delicato su scala nazionale, perchè anche Palermo e Agrigento hanno visto aumentare la propria permeabilità.

Nel dettaglio, la nove province siciliane si trovano tra il sesto e il 28esimo posto, piazzando la Sicilia sul poco lusinghiero podio del terzo posto, dopo Calabria e Campania. Tra le province con i valori più alti alla permeabilità mafiosa ci sono: Caltanissetta (in sesta posizione), Catania (13esima) seguita da Siracusa, e Trapani (15esima). Le province con i valori medio - alti sono invece: Agrigento (17esima), Enna (19esima), Palermo (21esima), Ragusa (24esima) e Messina (28esima). Diversi i settori economici e i fattori presi in esame dallo studio Eurispes per testare sia la vulnerabilità che i cosiddetti “reati spia” cioè quei delitti spesso associati alle mafie. Dal comparto agricolo, con le fragilità socio - economiche dei suoi addetti, alla presenza delle banche e il loro rapporto con la domanda finanziaria, fino al livello di occupazione e povertà dei territori, indicativo di un'economia sommersa ma anche di minori tutele che spesso si traducono in un bacino a disposizione dei bisogni della criminalità organizzata. Le province siciliane con gli indicatori medi più alti sulla povertà sono Trapani (al quarto posto), seguita da Siracusa, Ragusa (al settimo), Enna (ottavo), Catania (decimo): Più distanziate, ma entro la “top 20”, Caltanissetta (17esima), Palermo (18esima), Agrigento (19esima). Dati che si intrecciano con l'indicatore sul mercato del lavoro: qui Caltanissetta è addirittura seconda, Palermo quarta, Enna sesta, Agrigento settima. La provincia di Trapani è in 12esima posizione su scala nazionale, seguono al 15 e 16esimo posto, rispettivamente Catania e Siracusa, con Messina che, al 18esimo posto, chiude la classifica dei valori medi delle province sicule. Sono proprio queste quelle più permeabili alla criminalità organizzata: Caltanissetta, nella parte alta della classifica, sottolinea la crititicità della Sicilia che ha anche Palermo, Enna e Agrigento nelle prime posizioni della graduatoria.

“Non è l'arretratezza economica a generare le mafie, ma sono le mafie a generare arretratezza – ha detto il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho nel corso della presentazione del rapporto – Senza le mafie il nostro Paese sarebbe il primo al mondo. Spesso si tende a contrapporre il Sud al Nord, ma è stato quando le mafie hanno iniziato a manovrare elementi della società che una parte dell'economia si è fermata e un'altra è andata avanti. Ora il rischio è che le mafie contaminino anche le altri parti del Paese. Le indicazioni dello studio ci aiutano ad affinare le strategie di contrasto sul territorio e allo stesso tempo segnala gli snodi di maggiore fragilità del sistema economico-sociale”.

“Viviamo un'economia di guerra da crisi da Covid – ha detto Antonio Laudati, responsabile del polo contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata – siamo passati da economie predatorie a reati che producono reddito, per questo servono metodi investigativi diversi. Utilizziamo strategie di contrasto basate su modelli statistici che indicano per esempio un uso anomalo di transazioni estere o la costituzione di società ad hoc create per scopi diversi da quello originario”. “I fattori di esposizione al rischio variano a livello territoriale. Nelle aree più povere - ha detto il presidente dell'Eurispes Gian Maria Fara - la debolezza è rappresentata dal mercato del lavoro. La permeabilità è comunque molto elastica rispetto alle crisi economiche. Emerge il ritratto di un Paese strutturalmente fragile che, in ragione dei cicli economici, presta il fianco alla criminalità organizzata. E sebbene la situazione appaia in lieve miglioramento (al momento della compilazione del rapporto, ndr) sembra un miglioramento disposto a fare subito dei passi indietro di fronte a una nuova crisi economica”.

 di Antonella Lombardi

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