La Sicilia del Covid, fragile e appetibile per le mafie
Fragile e perciò appetibile per le
mafie: è il ritratto impietoso dell'economia siciliana che vede le province di
Caltanissetta, Catania, Siracusa e Trapani tra quelle maggiormente permeabili
alle infiltrazioni della criminalità organizzata. A metterlo nero su bianco è
l'ultimo rapporto Eurispes che ha analizzato, tramite 19 indici basati su 163
variabili, la permeabilità dei territori alla criminalità organizzata. Lo
studio Eurispes, realizzato grazie a un protocollo di intesa con la Direzione
nazionale antimafia e antiterrorismo ha chiarito, una volta per tutte, come
nessuna provincia italiana possa in realtà considerarsi a rischio zero, ma
come, allo stesso tempo, la permeabilità del Sud sia principalmente dovuta alla
sua vulnerabilità sociale. Sottolineando la correlazione tra il fenomeno della
permeabilità e il manifestarsi di crisi economico-finanziarie. Un dato che
getta un'ombra lunga sulla Sicilia, terza regione per indice di permeabilità
(IPCO) e sul futuro, gravato da una povertà ormai strutturale e con le ferite
inferte dal Covid 19 ancora da quantificare del tutto.
La dinamica dell'Ipco rivela come
le due province siciliane di Siracusa e Messina presentino valori in crescita
che compongono il quadro regionale più delicato su scala nazionale, perchè
anche Palermo e Agrigento hanno visto aumentare la propria permeabilità.
Nel dettaglio, la nove province
siciliane si trovano tra il sesto e il 28esimo posto, piazzando la Sicilia sul
poco lusinghiero podio del terzo posto, dopo Calabria e Campania. Tra le
province con i valori più alti alla permeabilità mafiosa ci sono: Caltanissetta
(in sesta posizione), Catania (13esima) seguita da Siracusa, e Trapani
(15esima). Le province con i valori medio - alti sono invece: Agrigento
(17esima), Enna (19esima), Palermo (21esima), Ragusa (24esima) e Messina
(28esima). Diversi i settori economici e i fattori presi in esame dallo studio
Eurispes per testare sia la vulnerabilità che i cosiddetti “reati spia” cioè
quei delitti spesso associati alle mafie. Dal comparto agricolo, con le
fragilità socio - economiche dei suoi addetti, alla presenza delle banche e il
loro rapporto con la domanda finanziaria, fino al livello di occupazione e
povertà dei territori, indicativo di un'economia sommersa ma anche di minori
tutele che spesso si traducono in un bacino a disposizione dei bisogni della
criminalità organizzata. Le province siciliane con gli indicatori medi più alti
sulla povertà sono Trapani (al quarto posto), seguita da Siracusa, Ragusa (al
settimo), Enna (ottavo), Catania (decimo): Più distanziate, ma entro la “top
20”, Caltanissetta (17esima), Palermo (18esima), Agrigento (19esima). Dati che
si intrecciano con l'indicatore sul mercato del lavoro: qui Caltanissetta è
addirittura seconda, Palermo quarta, Enna sesta, Agrigento settima. La
provincia di Trapani è in 12esima posizione su scala nazionale, seguono al 15 e
16esimo posto, rispettivamente Catania e Siracusa, con Messina che, al 18esimo
posto, chiude la classifica dei valori medi delle province sicule. Sono proprio
queste quelle più permeabili alla criminalità organizzata: Caltanissetta, nella
parte alta della classifica, sottolinea la crititicità della Sicilia che ha
anche Palermo, Enna e Agrigento nelle prime posizioni della graduatoria.
“Non è l'arretratezza economica a
generare le mafie, ma sono le mafie a generare arretratezza – ha detto il
procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho nel corso della
presentazione del rapporto – Senza le mafie il nostro Paese sarebbe
il primo al mondo. Spesso si tende a contrapporre il Sud al Nord, ma è stato
quando le mafie hanno iniziato a manovrare elementi della società che una parte
dell'economia si è fermata e un'altra è andata avanti. Ora il rischio è che le
mafie contaminino anche le altri parti del Paese. Le indicazioni dello studio
ci aiutano ad affinare le strategie di contrasto sul territorio e allo stesso
tempo segnala gli snodi di maggiore fragilità del sistema economico-sociale”.
“Viviamo un'economia di guerra da crisi da Covid – ha detto Antonio Laudati, responsabile del polo contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata – siamo passati da economie predatorie a reati che producono reddito, per questo servono metodi investigativi diversi. Utilizziamo strategie di contrasto basate su modelli statistici che indicano per esempio un uso anomalo di transazioni estere o la costituzione di società ad hoc create per scopi diversi da quello originario”. “I fattori di esposizione al rischio variano a livello territoriale. Nelle aree più povere - ha detto il presidente dell'Eurispes Gian Maria Fara - la debolezza è rappresentata dal mercato del lavoro. La permeabilità è comunque molto elastica rispetto alle crisi economiche. Emerge il ritratto di un Paese strutturalmente fragile che, in ragione dei cicli economici, presta il fianco alla criminalità organizzata. E sebbene la situazione appaia in lieve miglioramento (al momento della compilazione del rapporto, ndr) sembra un miglioramento disposto a fare subito dei passi indietro di fronte a una nuova crisi economica”.
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