La sempre più difficile parifica del bilancio regionale
C'era particolare attesa quest'anno per la tradizionale udienza a sezioni riunite della Corte dei Conti dedicata alla parifica del bilancio della Regione siciliana. Le recenti polemiche sull'intesa Stato-Regione relativa ai rapporti finanziari, le nuove norme sull'armonizzazione di bilanci, le persistenti difficoltà di liquidità, avevano creato molte aspettative attorno al giudizio della Corte. Ripetutamente, in passato, i giudici contabili avevano segnalato insufficienze e distorsioni dei documenti di bilancio e la necessità di porre rimedio al progressivo aggravarsi di una situazione finanziaria già da tempo al limite della sostenibilità. L'avvio del passaggio dall'ordinamento vigente fino al 2014 a quello delineato dalla nuova disciplina in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio (decreto legislativo 118/2011), ha reso possibile un'interpretazione dinamica di quanto si è fin qui fatto e di tutto ciò che resta ancora da fare.
La conclusione che la Corte ne trae è che si è realizzata una prima fase di avvio, ma rimangono pesanti criticità ereditate dal passato, a partire da gravi problemi di cassa, cioè di liquidità. Il dettagliato esame del giudice relatore dott. Giuseppe Di Pietro deduce tale giudizio da un'analisi approfondita che fa emergere gli elementi di contraddizione caratteristici della fase. Anche per questo, probabilmente, l'interpretazione da parte degli organi di informazione è stata assai variegata e ha messo in risalto singoli aspetti del giudizio di parifica che, letti al di fuori del contesto, possono condurre a giudizi diversi, quando non opposti. Conviene allora ripercorrere le carte per tentare di sintetizzare la valenza politica, del giudizio della Corte. Il cuore dell'avvio della fase di attuazione delle nuove norme, che prevedono tra l'altro l'equilibrio dei saldi bi bilancio, è stato costituito dal riaccertamento straordinario dell'ingente mole di residui attivi e passivi appostati in bilancio; operazione cominciata nel giugno 2015 e conclusa il successivo 10 agosto con un formale provvedimento della Giunta, che per mesi ha sottoposto ad un notevole stress ciascun ramo dell'amministrazione regionale. Per residui attivi si intendono le somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio, mentre costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate al termine dell'esercizio. I residui concorrono a determinare il risultato contabile di amministrazione che è accertato con il conto del bilancio. Su 11.275 milioni di euro di residui attivi, ne sono stati cancellati 5321 milioni in quanto non correlati ad obbligazioni giuridicamente perfezionate e 5474 milioni per reimputazione ad esercizi successivi “in funzione della loro esigibilità”.
Per i residui passivi, invece, la cancellazione ha riguardato 124 milioni di euro per assenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate e 2136 per reimputazione ad esercizi successivi. Si è successivamente provveduto ad accantonare sul fondo poliennale vincolato (FPV), di nuova istituzione, che provvede alla copertura degli impegni rinviati ad esercizi futuri le somme di 71,1 milioni per il 2015, di 1.116 milioni per il 2016 e di 1.639 per il 2017. Oltre metà dei residui attivi presenti da anni in bilancio, cioè delle somme da riscuotere sono risultati inesigibili. L'operazione di “ripulitura” ha fatto emergere che l'avanzo di amministrazione pari a 6.401 contabilizzato nel rendiconto del 2014 era in realtà inesistente e che il risultato di amministrazione è negativo per 6.963 milioni di euro. Il ripiano di questo disavanzo avverrà in trent'anni, caricando insomma di un debito le generazioni future.
L'operazione verità sui conti della Regione che ha fatto emergere “un significativo disavanzo occulto pari a 6.371 milioni di euro” è senza dubbio il risultato più rilevante di questa fase: la Corte l'apprezza ma lancia al tempo stesso l'allarme alla politica sulle cautele che andranno adottate per evitare che tutto ciò induca effetti negativi sulla sostenibilità dei futuri equilibri di bilancio. Da questo punto di vista, gli innegabili risultati positivi conseguiti nel 2015 non sono sufficienti a “poter ritenere realizzato l'obiettivo del risanamento dei conti pubblici regionali...i competenti organi governativi e parlamentari .. dovranno insistere con immutato rigore per pervenire ad uno scenario finalmente strutturale e sostenibile a medio-lungo termine”. Il debito complessivo della Regione conseguente ad operazioni di ricorso al mercato ammonta, al 31/12/2015, ammonta a 5.557 milioni di euro di cui 5.406 a proprio carico e 170 milioni di rimborsi dallo Stato. Era pari a 5.300 milioni nel 2015 e risulta aumentato per la stipula di due nuovi mutui lo scorso anno. In realtà, come risulta dalla relazione del procuratore generale d'appello, dottt.sa Diana Calaciura Traina, le entrate (21.947 milioni di euro) hanno superato le uscite (19.432 milioni) di ben a 2.605 milioni di euro, invertendo la tendenza che nel 2014 aveva invece segnato uno sbilanciamento di ben 2.270 milioni delle uscite (19.908 milioni) a sfavore delle entrate (17.638 milioni). Sono aumentate le entrate e diminuite le uscite- e questo è positivo- ma la spesa corrente ha ormai raggiunto l'86% della spesa complessiva, mentre in conto capitale è stato impegnato solo il 9,89% delle risorse disponibili. Ancora una volta balza agli occhi l'incapacità di questo assetto della Regione a contribuire utilmente alle politiche di sviluppo che, affidate integralmente ai fondi europei, scontano gravi ritardi di utilizzo e tentativi di dirottarli verso finalità di spesa corrente. Desta inoltre preoccupazione la tendenza ad aumentare la già notevole anticipazione di liquidità che “pur non potendo essere considerata tecnicamente come nuovo indebitamento, comporta comunque l'assunzione di obblighi di restituzione da parte della Regione” La parte del leone nella spesa tocca alla sanità (otto miliardi 917 milioni di euro pari al 54% del totale). Invece si è speso meno per il personale regionale: da 1.546 milioni di euro nel 2014 (personale in servizio ed in quiescenza), si è scesi a 1.511 milioni nel 2015.
Ciò è dovuto a diversi motivi, ma innanzitutto alla diminuzione delle unità passate (compresi i dirigenti) da 17.325 nel 2014 a 16.341 nell'anno successivo. Bisogna però ricordare che sono state presentate ad oggi oltre 4200 domande di pensionamento IN ogni caso, se si aggiungono i soggetti a cui è stato esternalizzato un servizio (Resais, Eas, Esa e così via) si arriva a 19.007 unità. Grande allarme desta la situazione delle società partecipate, i cui dipendenti superano le settemila unità, i cui costi ammontano nel 2015 a 190 milioni. Trovo, infine, di particolare importanza, la sottolineatura degli effetti deleteri giocati dalla diffusione della corruzione e il fatto che la lotta contro un male che affligge la nostra società a tanti livelli è considerata dai giudici contabili la priorità delle priorità, fattore essenziale per la ripresa dell'economia dell'isola. La Corte dei Conti fornisce un contributo assai serio alla comprensione dei problemi finanziari della Regione e avvista soluzioni utili per il prossimo futuro, specialmente se vi sarà la capacità di riflettere sulle sue indicazioni senza farsi condizionare dalla “batracomiomachia” in cui è ormai precipitato il dibattito politico siciliano.
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