La scommessa del governo gialloverde difficile da mantenere

Politica | 19 settembre 2018
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L’attuale governo nazionale , come è noto, formato dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega , è nato più per necessità che per affinità di propositi dei due partiti. Infatti il Movimento Cinque Stelle , primo partito alle elezioni, non avendo la maggioranza, e volendo fare un governo, dopo le trattative fallite col Partito Democratico, ha tentato ed ottenuto un’intesa con la Lega sancita da un “contratto” i cui punti fondamentali sono il reddito di cittadinanza , la flat tax , la riforma della legge Fornero e il problema degli immigrati.

A gestire la coalizione, oltre i due vice-presidenti del Consiglio Di Maio e Salvini, il prof. Conte , una personalità scelta al di fuori della politica, ma la gestione non è facile non solo perché i due elettorati di riferimento hanno istanze in gran parte diverse ma anche per la difficoltà obiettiva di conciliare la situazione finanziaria del paese con gli oneri che sono necessari per la realizzazione dei provvedimenti più qualificanti del “contratto”.

A rendere più complicata la gestione del governo anche l’annoso problema dei migranti in cui si scontrano le maniere forti decise da Salvini nei confronti dell’Europa con le resistenze dei paesi dell’Ue e le implicazioni giudiziarie di talune scelte del capo della Lega.

Vedremo, intanto possiamo registrare da una parte l’alto consenso di cui gode il governo e dall’altra l’attesa preoccupata dell’Europa e dei mercati finanziari per le scelte dell’esecutivo relative al reddito di cittadinanza, alla flat tax ed alla riforma della legge Fornero, tutti provvedimenti piuttosto costosi che appaiono orientati più a distribuire risorse che a produrle .

Il timore è che la realizzazione piena di questa parte del programma possa determinare difficoltà di finanziamento del nostro ingente debito pubblico. Si vorrebbe da parte dell’Europa e dei mercati finanziari che i provvedimenti predetti venissero finanziati almeno in parte con fondi derivanti dal taglio della spesa corrente dello Stato e degli enti locali territoriali e che questa azione di contenimento fosse accompagnata da riforme tendenti ad aumentare la produttività del sistema, Ciò da una parte per limitare il debito pubblico elevatissimo, e per altro crescente, e, dall’altra, per aumentare la competitività del nostro paese, attualmente inferiore a quella dei paesi europei .

Non si tratta ovviamente di richieste facili da soddisfare, nè di richieste realizzabili in breve tempo ma per porre in essere un vero cambiamento, come sostengono di voler fare Di Maio e Salvini, bisognerebbe seguire questa via che anche altri governi non hanno battuto o battuto solo in parte.. Il cambiamento nell’interesse del paese non può essere la modifica dei provvedimenti approvati dal governo precedente e/o qualche nuova forma di assistenza, ma una serie di interventi che diano efficienza ed economicità al sistema, che creino le premesse dello sviluppo e dell’occupazione.

Questo non significa che bisogna chiudere gli occhi dinanzi alle povertà e alle disuguaglianze ma che nel guardarle bisogna fare attenzione ai vincoli del sistema per evitare che questo possa saltare . E di questo dovrebbero convincersi anche gli italiani, che giustamente reclamano novità viste le difficoltà in cui ci troviamo. Ma le novità devono reclamarsi considerandone le implicazioni e con una visione lunga.

 di Diego Lana

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