La rivoluzione che la Sicilia aspetta da troppo tempo
La sinistra europea tace su una questione decisiva per quell'area così com’è silente sulla complessa questione siriana da quando l'intervento del papa convinse Obama a rinunciare all'intervento militare contro Assad. Aleppo è stata distrutta dai bombardamenti russi, ci siamo tutti giustamente commossi per la sorte dei bambini di quella città, ma continua a latitare qualsiasi ragionamento di merito sulle cause della tragedia siriana che affonda le sue radici nei guasti prodotti dal colonialismo europeo. Problemi pesanti emergono anche all’interno dell’Unione Europea. Quale sarà l’evoluzione della situazione politica in paesi come la Polonia e l'Ungheria nei quali sono al potere coalizioni di destra che mettono in discussione non solo la solidarietà e la coesione nelle politiche verso i migranti, ma la tenuta stessa dei valori democratici fondamentali dell’indebolita costruzione europea? E che dire della Romania dove ai socialdemocratici che hanno vinto le elezioni viene negata la possibilità di designare il capo del governo perché si tratta di una donna di religione musulmana?
Decisivo è il tema del rapporto con l'Islam. Va rifiutata l'idea stessa della guerra di religione. Il terrorismo islamista che terrorizza la gente in tutta Europa è la punta emergente di un fenomeno assai complesso che riguarda gli errori strategici compiuti nelle politiche d’integrazione degli immigrati specialmente in Gran Bretagna ed in Francia. Esso ora si presenta feroce in un paese come la Germania che aveva realizzato forme avanzate d’accoglienza. Temo non sia finita qui. La risposta non è chiudersi nella “fortezza Europa”, ma affrontare con politiche adeguate l’arrivo nella parte più ricca del mondo di masse di donne ed uomini che fuggono dalle fame e da condizioni di vita indegne. Questa è una delle grandi scommesse della sinistra europea, senza la quale prevarranno le peggiori pulsioni isolazioniste e razziste. A livello mondiale la globalizzazione, come ha ricordato Prodi, ha determinato l'uscita di due miliardi di persone dall'area della fame. Ma essa ha condotto contemporaneamente alla crescita geometrica delle diseguaglianze nella parte più sviluppata del mondo, quella in cui a noi è toccato in sorte di vivere.
Il crescente senso d’insicurezza collettiva e la crisi di aspettative di futuro hanno determinato una decadenza della capacità delle democrazie occidentali di fornire risposte valide alla crescente sensazione di insicurezza e di assenza di futuro che colpisce ceti sociali che avevano conseguito nel recente passato miglioramenti delle proprie condizioni di vita che ora vedono mesi a rischio. Dell’Italia non parlo, già troppo lungo è l’elenco dei guai, se non per dire che la crisi da noi si concentra in particolare sulla condizione giovanile che rischia un lungo periodo di precarietà e di potenziale esclusione sociale.
Un pensiero finale dedico invece alla nostra beneamata Sicilia, baciata dal sole di questo mite inverno. Terminerà con il 2017 una legislatura presentata come “rivoluzionaria”. Per quante definizioni si possano dare di un termine abusato, nessuna corrisponde alla situazione in cui il nuovo anno trova la nostra regione: nessuno dei problemi più drammatici esistenti nel 2012 è stato risolto, anche se in alcuni settori passi avanti si son compiuti. La sensazione generale è che la sfiducia sia cresciuta e che si sia rafforzato l’orientamento verso un voto di protesta, contro tutti coloro che vengono percepiti come “casta”. Se così è, dalle urne – nell’ottobre venturo- dobbiamo attenderci un ribaltamento delle attuali maggioranze politiche. Tuttavia, anch’io non mi sottraggo alla sorte di quanti predicono il futuro: lo spostamento di una semplice virgola potrebbe ribaltare la realtà. Buon anno.
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