La rivoluzione che la Sicilia aspetta da troppo tempo

Società | 28 dicembre 2016
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Non ho assolutamente idea di cosa ci aspetti nel 2017. Dovessi giudicare dall'anno che mesto se ne va, farei gli scongiuri. Tuttavia l'aspetto di maggior fascino del divenire umano è che le previsioni pronunciate alla luce della ragione, assai spesso vengono smentite dalla realtà. Ne sanno qualcosa i sondaggisti, le cui azioni in questi mesi sono drasticamente precipitate.   Il mestiere dei futurologi è pericoloso e inutile si rivela il tentativo di disegnare scenari capaci di dare un minimo di attendibilità alle previsioni sugli eventi futuri. Uno degli oracoli più famosi dell'antichita' così rispondeva a chi lo interpellava per sapere se sarebbe ritornato vivo dalla guerra: ibis redibis non morireris in bello. Se l’interrogante era un ottimista, collocava la virgola dopo redibis e partiva per la tenzone felice e contento. Se invece si trattava di un pessimista e poneva la virgola dopo non, faceva testamento e baciava i suoi cari per l'addio. In entrambi i casi aveva già provveduto a pagare l'obolo dovuto all'oracolo che ne usciva sempre in piedi: il reduce ringraziava caramente per il vaticinio favorevole, mentre chi era incappato nella mala sorte non tornava a chiedere indietro il denaro. Gli oracoli odierni, nonostante il salto tecnologico, hanno con le previsioni più o meno lo stesso rapporto del sacerdote che  prediceva la buona e la cattiva sorte. Chi avrebbe indovinato un anno fa che in appena dodici mesi si sarebbero verificati la Brexit, la vittoria di Trump e la sconfitta di Renzi nel referendum costituzionale? Tuttavia non sono solo questi i fatti rilevanti del 2016. In agosto è precipitata la situazione di un paese decisivo per gli equilibri non solo europei, la Turchia, dove un novello sultano ha strumentalizzato uno sgangherato tentativo di colpo di stato per instaurare una dittatura, cacciando in galera migliaia di intellettuali, giornalisti, funzionari dello Stato, professori universitari, persino magistrati. L'Europa pare essersene quasi dimenticata, ma la Turchia è la porta tra il nostro continente e l'Asia; e non soltanto per la questione delle migrazioni. Dopo il brutto accordo concluso con Erdogan sulla gestione dei migranti, l'UE è muta e sorda su un paese di oltre cento milioni di abitanti che ha conosciuto processi di sviluppo democratico e laicizzazione che oggi si tenta di smantellare. 


La sinistra europea tace su una questione decisiva per quell'area così com’è silente sulla complessa questione siriana da quando l'intervento del papa convinse Obama a rinunciare all'intervento militare contro Assad. Aleppo è stata distrutta dai bombardamenti russi, ci siamo tutti giustamente commossi per la sorte dei bambini di quella città, ma continua a latitare qualsiasi ragionamento di merito sulle cause della tragedia siriana che affonda le sue radici nei guasti prodotti dal colonialismo europeo. Problemi pesanti emergono anche all’interno dell’Unione Europea. Quale sarà l’evoluzione della situazione politica in paesi come la Polonia e l'Ungheria nei quali sono al potere coalizioni di destra che mettono in discussione non solo la solidarietà e la coesione nelle politiche verso i migranti, ma la tenuta stessa dei valori democratici fondamentali dell’indebolita costruzione europea? E che dire della Romania dove ai socialdemocratici che hanno vinto le elezioni viene negata la possibilità di designare il capo del governo perché si tratta di una donna di religione musulmana?


 Decisivo è il tema del rapporto con l'Islam. Va rifiutata l'idea stessa della guerra di religione. Il terrorismo islamista che terrorizza la gente in tutta Europa è la punta emergente di un fenomeno assai complesso che riguarda gli errori strategici compiuti nelle politiche d’integrazione degli immigrati specialmente in Gran Bretagna ed in Francia. Esso ora si presenta feroce in un paese come la Germania che aveva realizzato forme avanzate d’accoglienza. Temo non sia finita qui. La risposta non è chiudersi nella “fortezza Europa”, ma affrontare con politiche adeguate l’arrivo nella parte più ricca del mondo di masse di donne ed uomini che fuggono dalle fame e da condizioni di vita indegne. Questa è una delle grandi scommesse della sinistra europea, senza la quale prevarranno le peggiori pulsioni isolazioniste e razziste. A livello mondiale la globalizzazione, come ha ricordato Prodi, ha determinato l'uscita di due miliardi di persone dall'area della fame. Ma essa ha condotto  contemporaneamente alla crescita geometrica delle diseguaglianze nella parte più sviluppata del mondo, quella in cui a noi è toccato in sorte di vivere.


 Il crescente senso d’insicurezza collettiva e la crisi di aspettative di futuro hanno determinato una decadenza della capacità delle democrazie occidentali di fornire risposte valide alla crescente sensazione di insicurezza e di assenza di futuro che colpisce ceti sociali che avevano conseguito nel recente passato miglioramenti delle proprie condizioni di vita che ora vedono mesi a rischio. Dell’Italia non parlo, già troppo lungo è l’elenco dei guai, se non per dire che la crisi da noi si concentra in particolare sulla condizione giovanile che rischia un lungo periodo di precarietà e di potenziale esclusione sociale. 


Un pensiero finale dedico invece alla nostra beneamata Sicilia, baciata dal sole di questo mite inverno. Terminerà con il 2017 una legislatura presentata come “rivoluzionaria”. Per quante definizioni si possano dare di un termine abusato, nessuna corrisponde alla situazione in cui il nuovo anno trova la nostra regione: nessuno dei problemi più drammatici esistenti nel 2012 è stato risolto, anche se in alcuni settori passi avanti si son compiuti. La sensazione generale è che la sfiducia sia cresciuta e che si sia rafforzato l’orientamento verso un voto di protesta, contro tutti coloro che vengono percepiti come “casta”. Se così è, dalle urne – nell’ottobre venturo- dobbiamo attenderci un ribaltamento delle attuali maggioranze politiche. Tuttavia, anch’io non mi sottraggo alla sorte di quanti predicono il futuro: lo spostamento di una semplice virgola potrebbe ribaltare la realtà. Buon anno. 

 di Franco Garufi

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