La rinuncia delle donne a un lavoro per occuparsi della famiglia
In Italia le differenze di genere sul
tasso di occupazione e di inattività sono tra le più grandi in
Europa. Ben 19,6% i punti percentuali di divario tra il tasso di
occupazione maschile e femminile nel 2019, a fronte dell’11,4% in
Ue. La disparità di genere a livello occupazione è aggravata da
quella relativa all’inattività, che vede le donne costrette a
restare fuori dal mercato del lavoro poiché gravate dalle
responsabilità familiari, dalla cura dei figli o dei parenti
anziani. Secondo i dati Eurostat sui progressi dell’Unione Europea
verso i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile stabiliti dalle
Nazioni Unite, in tema di uguaglianza di genere c’è ancora da
lavorare. La disparità occupazionale uomo-donna si registra in tutti
i paesi membri, anche se in misure ampiamente diverse. A superare la
media europea sul divario occupazionale di genere (11,4%) sono i
paesi dell’Europa meridionale e orientale. L’Italia è al terzo
posto. Peggio di noi fanno solo Malta e Grecia, entrambe con 20 punti
di divario. Al contrario, i paesi che si avvicinano alla parità sono
quelli del nord Europa, come Lettonia (3,8%), Finlandia (2,7%) e
Lituania (1,6%).
Come fa notare Openpolis, tra il 2009 e il 2013
la differenza tra occupati uomini e donne in Ue si era ridotta,
passando da 13,5% a 11,7%. Tuttavia, questo apparente aumento
dell'occupazione femminile non rappresentava altro che una riduzione
di quella maschile, in seguito, probabilmente, alla crisi economica
del 2008 che ha colpito maggiormente quei settori lavorativi a
prevalente occupazione maschile, come quello edilizio. Anche l’Italia
aveva registrato una riduzione del divario in quell’arco temporale
(da 24% era passata a 19,8%), per poi attestarsi stabilmente intorno
ai 20 punti percentuali fino al 2019.
Un ostacolo al conseguimento
dell’uguaglianza di genere è, secondo i dati Eurostat,
l’inattività, la rinuncia delle donne a cercare un lavoro per
occuparsi della famiglia. L’Italia è il paese Ue con più donne
inattive per responsabilità di cura, con una percentuale del 15,6%
nel 2019. Francia e Germania, al contrario, presentano percentuali
molto più basse, pari, rispettivamente, al 5% e al 6,2% nel 2019. La
cura della famiglia costituisce il 39,4% dei casi di inattività
delle donne italiane, ragione che prevale su ogni altra (studio,
salute, ecc). Viceversa, solo il 4% degli uomini rinuncia a cercare
il lavoro per la cura dei propri cari. Il motivo principale che li
tiene lontano dalla ricerca di una occupazione è lo studio, nel
24,8% dei casi. Il divario di genere per inattività in Italia, pari
a 35,4% è, ancora una volta, al di sopra della media EU del 27,8%.
La crisi sanitaria in corso ha peggiorato la differenza di genere
sull’occupazione. Se le donne inattive in Italia erano il 44,3% a
febbraio, prima del lockdown, a maggio erano del 46,4%. Sempre a
maggio, gli uomini, invece, erano del 28,2%, confermando che il tasso
di inattività maschile resta sempre inferiore a quello femminile. Da
un lato, con la chiusura delle scuole, soprattutto le donne sono
state costrette a restare a casa con i figli. Dall’altro, i settori
lavorativi a maggior presenza femminile sono stati i più colpiti
dalle chiusure e dalle regole sul distanziamento sociale. Si tratta
in particolare della ristorazione, del turismo, delle attività
commerciali.
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