La riforma dei pastori di Papa Francesco
«Nominerò 15 nuovi cardinali, che, provenienti da 14 nazioni di ogni Continente, manifestano l'inscindibile legame fra la Chiesa di Roma e le Chiese particolari presenti nel mondo», ha detto il Papa all'Angelus annunciando i nomi delle porpore che creerà il 14 febbraio. E se ai 15 aggiungiamo i 5 nuovi non elettori, i paesi rappresentati diventano 18. I nuovi elettori saranno 5 europei, tre per l'Asia, tre per l'America Latina, due per l'Africa e due per l'Oceania. I nuovi non elettori provengono da America Latina, Italia, Germania, Argentina e Mozambico.
Non ci saranno nuovi cardinali per Usa e Canada: «il loro numero - ha osservato padre Lombardi - era già consistente ed è rimasto stabile dallo scorso anno». Nordamericani ed europei restano su percentuali di tutto rispetto, ma le nuove scelte sono attente a aree del mondo finora marginali nel governo centrale della Chiesa. In particolare L'Asia-Oceania viene molto rafforzata: ci sarà un cardinale in Nuova Zelanda - l'arcivescovo di Wellington John Dew; uno in Vietnam, - l'arcivescovo di Hanoi, Nguyen Van Nhon; uno in Myanmar (il primo nella storia della diocesi), - l'arcivescovo di Yangon Charles Bo; uno in Thailandia - l'arcivescovo di Bangkok Francis Kovithavanij; uno nelle Isole di Tonga - l'arcivescovo di Tonga, Soane Mafi, che, nato nel '61, diventa il membro più giovane del collegio, è presidente della Conferenza episcopale dell'Oceano pacifico e la sua diocesi non aveva mai avuto un cardinale.
Molto significativa la nomina dell'elettore Gomes Furtazo, vescovo di Santiago de Cabo Verde, una delle più antiche diocesi africane, che pure non aveva mai avuto un cardinale. C'è un solo curiale tra i nuovi porporati, mentre i cardinali di curia sono attualmente un quarto degli elettori: avrà la porpora solo il francese Dominique Mamberti, fino a poche settimane fa «ministro degli Esteri» vaticano poi designato prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica. Questo incarico, ha osservato padre Lombardi, si conferma tra i pochissimi di curia che questo Papa consideri «cardinalizi», come i prefetti delle Congregazioni e di poche altre istituzioni molto importanti per la Curia.
La geografia del collegio cardinalizio cambia dunque nel senso di una sempre maggiore universalità. Quelli che un tempo erano chiamati «principi della Chiesa» provengono da diocesi anche lontanissime da Roma e dal Vaticano, da mondi diversi per cultura, religiosità, economie, strutture politiche e spiritualità. La Chiesa dalle porte aperte di papa Francesco chiama al suo «governo centrale» tanti pastori dalle periferie. Questi, vuole sottolineare il Papa, hanno un legame forte con la Chiesa di Roma, e tutti insieme formano la Chiesa del mondo.
Papa Francesco, davanti ai 50mila oggi in piazza San Pietro, ha anche ricordato che «il 12 e il 13 febbraio - ha detto - terrò un Concistoro con tutti i Cardinali per riflettere sugli orientamenti e le proposte per la riforma della Curia Romana». Cioè le riforme si faranno coinvolgendo e ascoltando tutte le voci della Chiesa. Vale per la riforma della curia come per gli altre grandi questioni che questo pontificato vuole affrontare. I NUOVI CARDINALI ITALIANI,PASTORI NON IN CARRIERA Da «principi della Chiesa» a «pastori». Franco Montenegro e Edoardo Menichelli, vescovi di Agrigento e Ancona, cioè di diocesi ritenute «non cardinalizie», entrambi con un forte profilo da pastori di chiesa dalle porte aperte e per i poveri, a completare il numero degli elettori in un eventuale conclave. E Luigi De Magistris, pro-penitenziere maggiore emerito ritenuto un pastore-diplomatico, ad arricchire il gruppo dei non elettori.
I tre nomi italiani del secondo concistoro di papa Francesco confermano per l'Italia - come questa volta anche per Spagna e Messico - che il Papa latinoamericano non si sente per niente legato dalla regola non scritta, quasi una tradizione, delle «sedi cardinalizie». Menichelli e Montenegro verranno nominati mentre Venezia e Torino sono rette dai due arcivescovi non cardinali, Moraglia e Nosiglia. Far saltare la regola delle sedi cardinalizie - decisione sperimentata anche da Benedetto XVI nel suo ultimo concistoro, nel 2012 - è il grimaldello bergogliano per bloccare i carrierismi che considera tra le principali cause della corruzione della macchina ecclesiale: mai più carriere pianificate dalla ordinazione sacerdotale alla berretta cardinalizia, passando per studiati incarichi in dicasteri o diocesi, purchè approdassero alla porpora.
La tradizione delle «sedi cardinalizie», ha commentato padre Federico Lombardi, «era motivata da ragioni storiche in diversi paesi». Sembra evidente che per papa Francesco queste ragioni non abbiano più molto senso. Mons. Franco Montenegro è arcivescovo di Agrigento, ma a Lampedusa tutti, a cominciare dal sindaco Giusi Nicolini, lo chiamano «don Franco», messinese nato nel '46, è uno degli animatori della accoglienza alle migliaia di immigrati che dal mare sbarcano sull'isola cercando una nuova possibilità di vita. Era presente a fianco di papa Francesco nel primo viaggio del pontificato, nel luglio 2013 a Lampedusa, con il quale il Papa indicò alla Chiesa italiana e alla Chiesa di tutto il mondo, il suo sogno di una Chiesa dalle porte aperte, presente e accogliente in tutte le periferie del mondo. Mons. Montenegro è prete dal 1969, subito parroco in periferia.
Dal 1988 è stato anche delegato della Caritas di Messina e delegato regionale e nazionale della Caritas. Intanto insegnava religione e faceva il padre spirituale del seminario minore di Messina. Vescovo dal 2000, è stato ausiliare di Messina e nel 2008 Benedetto XVI lo ha nominato vescovo metropolita di Agrigento. Dal 2003 al 2008 è stato presidente della Caritas italiana. Nella Cei, dal 2013 è presidente della Commissione per le migrazioni, e della Fondazione Migrantes. Mons. Edoardo Menichelli, vescovo di Ancona dal 2004, è nato a Serripola di San Severino Marche nel '39, prete dal '65, dopo alcuni incarichi come viceparroco, è approdato in Vaticano nel '68, prima come officiale presso la Segnatura apostolica, e poi come addetto di segreteria alla Congregazione per le chiese orientali, come segretario dell'allora prefetto, il cardinale Achille Silvestrini.
In quegli stessi anni è
stato cooperante presso in una
parrocchia romana e collaboratore del consultorio familiare
della facoltà di Medicina al
Gemelli. Nel '94 è stato nominato vescovo di Chieti. Nella
Cei fa parte della Commissione
per l'Educazione cattolica. Al sinodo sulla famiglia dello
scorso autunno è stato relatore a
uno dei circoli minori di lingua italiana.
Il non elettore Luigi
De Magistris è nato a Cagliari nel '26, dove è stato ordinato prete nel
'52 e dove ha esercitato mansioni in parrocchia. Nel '58 è
diventato segretario della
università Lateranense, ha poi servito presso la
Congregazione della Dottrina della fede e
nel consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa. Nel '79
è diventato reggente della
Penitenzieria apostolica, nel '96 è stato nominato vescovo
titolare di Nova e dal 2001 è stato
nominato pro-penitenziere maggiore, incarico mantenuto fino
al 2003.
Non devono ricoprire incarichi in curia considerandoli un potere. I cardinali devono essere pastori che aiutino il Papa a reggere la Chiesa universale, fatta delle voci e delle persone, del mondo, delle culture, dei vizi e delle virtù degli uomini dai cinque continenti. I nomi dei nuovi cardinali annunciati oggi da papa Francesco e che riceveranno la porpora il 14 febbraio, confermano questo orientamento. Giocoforza tale orientamento ridimensiona il peso delle diverse «nazionalità» o lobby, prima fra tutte quella dei «curiali». Dai nomi annunciati oggi è evidente che papa Francesco non limita il ruolo dei porporati alla elezione dei papi, e che se avrà tempo di modellare sempre più il collegio cardinalizio secondo questa prospettiva, anche un prossimo nuovo papa potrà contare su un cambiamento irreversibile nel governo e nella essenza della Chiesa.
Per il momento, comunque, con i 15 elettori che saranno creati il 14 febbraio, saliranno a 31 gli elettori creati dal primo papa latinoamericano e primo gesuita della storia millenaria della Chiesa, accanto a 60 creati da Benedetto XVI e a 34 creati da Giovanni Paolo II. I non elettori creati da Francesco saliranno a 8. Con determinazione e creatività papa Francesco si è mosso tra tradizioni, norme canoniche e regole non scritte, qualcuna l'ha rispettata qualcuna un pò meno. Prima regola: il numero degli elettori. Per un eventuale conclave le norme canoniche prevedono che ce ne siano 120. A febbraio 2015 Francesco aveva disponibili 12 «posti liberi» da elettore, ne nominerà invece 15, sforando di tre posti, che però nel giro di pochi mesi verranno riassorbiti dal raggiungimento degli 80 anni. La norma canonica è sostanzialmente rispettata, secondo il metodo che usavano anche i precedenti papi. Sempre più disattese invece le regole non scritte delle «sedi cardinalizie» e del peso dei curiali.
Nel primo concistoro di Francesco fece scalpore la porpora all'arcivescovo di Perugia Bassetti, lasciando al palo Moraglia e Nosiglia a Venezia e Torino. Ebbene, oggi è la volta di Agrigento e Ancona di lasciare al palo ancora Venezia e Torino, grazie alla designazione di Montenegro e Menichelli, pastori estranei alle carriere. In particolare la porpora a Montenegro premia la Chiesa italiana della carità verso poveri e i più poveri dei poveri, gli immigrati. Una nomina italiana che parla a tutto il mondo, come fu con il primo viaggio del pontificato di Francesco, a luglio 2013 a Lampedusa, che diventò in un attimo da periferia dimenticata a prima frontiera d'Europa. Altra regola disattesa: non tutti i capidicastero possono aspirare alla porpora, a Mamberti non si poteva non darla, come prefetto del Tribunale della Segnatura, ma sono pochi i posti di curia in cui Bergoglio voglia un cardinale.
Dopo il picco raggiunto con Benedetto XVI prima del 2012, e ridimensionato da Ratzinger stesso con il suo ultimo concistoro, nel 2012, Bergoglio si muove per un collegio cardinalizio sempre meno curiale, e sempre più internazionale. La universalità delle provenienze geografiche e culturali dei nuovi cardinali disattende altre tradizioni non scritte: l'America del Nord resta al palo sulle stesse posizioni dell'anno scorso, salgono zone dimenticate del mondo, sei nuove porpore vanno a sedi che non avevano mai avuto un cardinale; si premia l'apporto alla Chiesa di antiche diocesi africane, come Capo Verde. Nuova regola non scritta del pontificato Bergoglio è invece, certo, quella della pastoralità: sia gli elettori che gli emeriti sono persone apprezzate per il ruolo di pastori che hanno svolto o svolgono, servendo la Chiesa, ha detto il Papa, sia nella diplomazia che nelle diocesi.
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