La potenza espressiva di Ohad Naharin al Festival di Ravenna
Una splendida occasione per assistere, una volta di più, alla danza dirompente, esaltante, intensamente suggestiva di Ohad Naharin. E’ ciò che Ravenna Festival – consueta l’attenzione nella scelta e nell’inserimento in cartellone di proposte coreografiche di qualità - ha offerto,nei giorni scorsi, al Palazzo Mauro de André, con Decadance, per l’interpretazione di Batsheva Dance Company, destinataria – insieme ad altre compagnie – del lavoro di Naharin, direttore artistico della formazione dal 1990. Grazie alla perizia compositiva del suo autore, famoso ovunque per la potenza espressiva e il magnetismo delle soluzioni, Decadance ha suscitato nel pubblico entusiasmo e viva partecipazione.
Ripensando alla carrellata d’immagini, alla varietà e funzionalità dei brani musicali, alla cangiante tessitura coreografica dell’allestimento, non poteva, in effetti, essere altrimenti. Complice, la fluidità, la forza, la scorrevolezza della danza, la struttura e la tenuta drammaturgica di uno spettacolo sempre coinvolgente, senza cedimenti, dall’assolo iniziale – il “geriatrico” d’apertura, secondo una definizione degli addetti ai lavori – all’inebriante dinamismo delle danze d’assieme, dai passi a due agli allineamenti in proscenio, sino alle legazioni finali dell’allestimento. Rivedere in azione il complesso guidato dal coreografo israeliano è stato emozionante. Otto gli estratti – tratti da vari lavori di Naharin, Kyr e Virus inclusi – che compongono la struttura-mosaico di questa produzione, innovativa quanto evocativa, carica di nuove valenze quanto pervasa di echi e reminiscenze del passato.
E’ così che si è avuto modo di assistere nuovamente a un capolavoro, creato per Batsheva, di particolare attrattiva: l’ensemble a semicerchio con sedie, eseguito sul canto tradizionale ebraico Echad mi Yodea. Valorizzato dal poderoso e avvincente arraggiamento dei Tractor’s Revenge, il lavoro si affida a spettacolari movimenti a canone e alla suggestione di una partitura coreografica e musicale che procede per accumulazione, ritraendo il progressivo liberarsi degli astanti dai loro indumenti, via via tolti e lanciati, con veemenza, al centro della scena. Lo schema è serrato e puntuale, ritmato dalle note percussive della musica e dall’energico ed esplosivo sussultare degli interpreti, che, a turno, in rapida successione, si levano fulminei, inarcando le schiene, come per effetto di una scossa elettrica, quindi si alzano di scatto, per poi risedersi pensosi, con contrastante lentezza e misura.
Elementi inaspettati giungono a modificare l’orizzonte d’attesa di chi guarda. Ecco un danzatore salire sulla sedia, fuori dal coro. Ed eccone un altro cadere a terra, al limite della formazione a semicerchio, come colpito e scagliato al suolo dall’onda d’urto prodotta dal gruppo, dalla sua energia esplosiva. L’interrompersi della concatenazione logica crea un’attrazione. La temporanea sospensione della continuità della sequenza rende interessante, con l’inatteso, la sequenza stessa.
Un altro momento di particolare efficacia, e già visto in passato all’interno di altri spettacoli di Naharin (come Minus One), è stato quello in cui la compagnia è scesa in platea per invitare alcuni a prendere parte attiva alla messa in scena. L’attenzione si focalizza, qui, sull’incognita-spettatore, ovvero sull’azione e il comportamento degli spettatori-interpreti in relazione agli stimoli offerti dai danzatori. Si crea, così, curiosità e attesa sul conseguente sviluppo di uno schema motorio suscettibile delle risoluzioni più diverse. Le formazioni a cerchio, le diagonali, le movenze identiche e vitalissime dei componenti della compagnia intervengono a creare una sorta di rete di contenimento, traducendosi in una coreografia che, sulle note di un sound accattivante – quale Sway, cantata da Dean Martin, da Cha Cha De Amour - accoglie e, anzi, valorizza, al suo interno, il movimento casuale e improvvisato dei partner scelti in platea.
E’ l’assunzione di una diversa identità, lo sconfinare in un campo del possibile, che amplia e mette in discussione posizioni e ruoli ben distinti. Indotti a partecipare all’azione e abilmente “circuiti”, gli spettatori invitati sulla scena reagiscono alle sollecitazioni della compagnia apportando il loro essenziale contributo all’espressione della danza. La coreografia si esprime coralmente, a coppie, per poi sfrondarsi e culminare in un emblematico momento conclusivo: una signora del pubblico si ritrova al centro, lei sola illuminata dai riflettori, protagonista indiscussa della scena. Uno spettacolo che è rito, condivisione, stupore, e, insieme, esplorazione e scoperta delle immense potenzialità insite nell’opera teatrale.
Decadance
Estratti da opere di Ohad Naharin
luci e stage design Avi Yona Bueno (Bambi)
costumi Rakefet Levi
estratti da Z/na (1995), Kyr (1990), Anaphase (1993), Mabul (1992), Sadeh21 (2011), Virus (2001), Zachacha (1998), Three (2005)
Interpreti
Olivia Ancona, William Barry, Mario Bermudez Gil, Omri Drumlevich, Bret
Easterling, Iyar Elezra, Hsin-Yi Hsiang, Rani Lebzelter, Or Moshe Ofri, Rachael
Osborne, Shamel Pitts, Oscar Ramos, Nitzan Ressler, Ian Robinson, Or Meir
Schraiber, Maayan Sheinfeld, Zina (Natalya) Zinchenko, Adi Zlatin
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