La montagna capovolta: la tragedia di Marcinelle raccontata ai bambini

Cultura | 13 settembre 2021
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Dal 16 settembre è disponibile nelle librerie e in tutti gli store digitali “La montagna capovolta: le migrazioni narrate ai bambini” della scrittrice Francesca La Mantia.

Terzo della serie “La storia narrata ai bambini”, fortemente voluta dall'autrice stessa, il libro fa parte una serie di volumi illustrati che affrontano con delicatezza temi importanti ed estremamente attuali, per permettere ai bambini di comprenderli nel modo a loro più consono.

 

Edito da Gribaudo, il libro narra la storia di Nonna Caterina che, da sessant'anni residente in Belgio, porta il nipotino Rocco a visitare i luoghi della sua infanzia, sulla Majella, in Abruzzo. Mentre Rocco scopre panorami mozzafiato, per Caterina questo viaggio ha il sapore della riconciliazione con il passato; un passato duro, segnato dall'emigrazione della sua famiglia in Belgio, dove l'Italia nel dopoguerra spedì 64 mila uomini a lavorare nelle miniere di carbone, promettendo il miraggio di un futuro più roseo.

Invece, la famiglia di Caterina in Belgio trovò la tragedia, quando l'8 agosto del 1956 nella miniera di Marcinelle scoppiò un incendio che causò la morte di 275 uomini, tra cui suo padre.

Una storia intensa, delicata, e commovente sul disastro di Marcinelle, per parlare di quando erano intere comunità di italiani a migrare in terra straniera in cerca di lavoro e di un futuro migliore, da pagare spesso a caro prezzo.

 

“«Nonna, ma secondo te il mondo è infinito?» mi chiese Rocco. «Questo dipende solo dalla tua immaginazione. Tutti potranno dirti che l'orizzonte, le vite delle persone e persino i sogni hanno una fine, ma la verità è che se tu riuscirai con tutta la tua forza a immaginare e a crederci, essi non avranno mai limiti e confini ed esisteranno per sempre» risposi. «Come nonno Rocco, che scavando a fondo nella miniera ha trovato il cielo?» domandò”.

 

 

«Quando mi è stato chiesto di parlare di migrazioni, ho subito pensato fosse necessario un “capovolgimento di prospettiva” per far comprendere ai bambini quanto fossero importanti i concetti di accoglienza, integrazione ed equità. L’Italia, anche se in altre forme, rimane ancora oggi un popolo di migranti e solo incentrando sul “noi” l'essere “il diverso” possiamo meglio capire l'altro, le sue difficoltà, le forme di razzismo, gli slogan facili da usare che allo stesso tempo sono violenza sulla pelle di chi li subisce. Come molti italiani nel corso dei secoli sono emigrati alla ricerca di un di un pasto caldo, di un tetto sotto la testa, di un lavoro e di una vita migliore, così negli ultimi anni il nostro Paese è diventato la meta per scappare dalla fame, dalla guerra, dalla carestia e dalla siccità. Non è facile per nessuno lasciare la propria casa e rischiare la vita, ma a volte rimane l'unica possibilità e la scorgi negli occhi dei genitori che affrontano il mare, in quelli che oggi a Kabul passano i figli oltre il muro sapendo di non vederli mai più, e in ogni padre che cerca di trasformare gli ostacoli, come una miniera, in una montagna capovolta, dove in fondo al tunnel, ognuno può accendere la speranza di una stella» ha commentato l’autrice Francesca La Mantia.

 

Il libro contiene le bellissime illustrazioni di Cinzia Battistel ed è dedicato a tutti i bambini morti nel mar Mediterraneo, alle donne e agli uomini con le loro valigie fatte di sogni e di cartone e al padre dell'autrice che ha trasformato ogni ostacolo in una montagna capovolta.

 

LA TRAGEDIA DI MARCINELLE

 

Lo scenario in cui si inserisce è quello post Seconda guerra mondiale, in cui l'Italia senza risorse doveva mettere in moto il Paese con la popolazione che era stata falcidiata dalla guerra e dalla fame. In questo contesto l'Italia firmò l'accordo bilaterale con il Belgio, il 23 giugno del 1946, l’accordo minatori-carbone, passato alla storia con il tristemente noto aforisma “venduti per un sacco di carbone”. Con questo patto l'Italia si impegnava a trasferire 50.000 lavoratori al ritmo di 2.000 a settimana e in cambio il Belgio dava allo Stato italiano 200 kg di carbone al giorno a prezzo di favore.

 

Gli operai inviati furono 63.800 mila. Per convincere le persone ad andare a lavorare in miniera in Belgio, l'Italia venne tappezzata di manifesti di colore rosa che presentavano unicamente i vantaggi derivanti dal mestiere di minatore: salari elevati, alloggi garantiti, carbone, viaggi in ferrovia gratuiti, assegni familiari, ferie pagate, pensionamento anticipato. Ma la situazione che gli italiani trovarono una volta arrivati in Belgio era ben diversa da quella che a loro veniva prospettata dai manifesti. Gli alloggi erano dei tuguri, ex campi di prigionia dei soldati russi durante la guerra, i salari non erano alti e il lavoro in miniera, per i turni, gli orari, i pericoli, era altamente rischioso per la salute e per la vita.

Non era stata prevista sia dal Belgio che dall'Italia una garanzia di sicurezza sul lavoro. Gli italiani, selezionati per andare in miniera dopo più di una visita medica, dovevano essere uomini in salute tra i 18 e i 35 anni, poiché erano destinati a profondità molto elevate, superiori anche ai 1.300 metri, e a lavori molto duri. I turni erano tre e di otto ore ciascuno ma, oltre a un minimo salariale fisso, i minatori erano in realtà costretti a lavorare a cottimo: più carbone estraevano, più soldi guadagnavano. Il lavoro consisteva nell'estrazione del carbone dalle miniere, molto in profondità, senza adeguate protezioni e senza nessuna sicurezza, a temperature troppo fredde o troppo calde. Uno dei tanti problemi che i minatori dovevano affrontare era, per esempio, quello del grisù, un gas sprigionato dal carbone che a contatto con una buona percentuale di aria si infiamma ed esplode. Tra il 1946 e il 1963 i morti italiani nelle miniere belghe sono stati 867, mentre la maggior parte dei minatori dopo anni, e ancora oggi, continuano a morire di silicosi, una malattia polmonare causata dall'inalazione della polvere in miniera. La ricostruzione e lo slancio industriale dell'Italia hanno pagato questo carissimo prezzo.

Il disastro di Marcinelle: la mattina dell'8 agosto del 1956 scoppia un incendio alla miniera “Bois du Cazier”, al pozzo n.1 della miniera più vecchia attiva a Marcinelle, località belga facente parte del comune di Charleroi. In quel momento rimangono bloccati 275 uomini divisi a tre livelli di profondità.

 

Di questi minatori se ne salvano solo 13. Gli altri 262 verranno dichiarati tutti morti per asfissia di ossido di carbonio sprigionato dall'incendio. Il lutto colpisce 248 famiglie, lasciando 418 orfani. Di questi 262 minatori, gli italiani sono 136 (tra cui 60 abruzzesi). È una tragedia di dimensioni europee che scuote le coscienze dei politici e dei sindacati italiani e belgi. Eppure, non è del tutto ancora chiara la dinamica che ha causato l'incidente, tranne la mancata messa in sicurezza della miniera che era troppo vecchia, malmessa e avrebbe chiuso dopo pochi anni.



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