La manovra del governo, le disuguaglianze e lo sviluppo mancato
Nell’attuale
situazione politica, caratterizzata dalla contrapposizione tra il
centrosinistra al governo ed il centro-destra a trazione Salvini
all’opposizione, dopo i benefici realizzati con il recupero dei buoni rapporti
con l’Ue ed il conseguente vantaggio derivante dalla riduzione dello spread, si
è aperto il problema della struttura e dell’orientamento della manovra
economica , cruciale per lo sviluppo del nostro paese.
Dato il peso che ha la disoccupazione in
Italia, ed in genere data la condizione economica del paese, si potevano
seguire due indirizzi: quello di potenziare gli investimenti allo scopo di
creare lavoro e quello di aumentare i consumi, ad esempio con il taglio delle
tasse, allo scopo di migliorare il potere di acquisto degli italiani e
sostenere cosi, indirettamente, la produzione e l’occupazione. In ogni caso si
poneva il problema di decidere sulle cosiddette clausole di salvaguardia per
scongiurare l’aumento dell’Iva e quindi il rincaro dei prezzi delle merci e dei
servizi.
Il governo , sia pure oppresso dall’ingente debito che ci
distingue non solo in Europa ma nel mondo, ha scelto di presentare una manovra da 30 mld di euro, in parte
finanziata in deficit ed in parte con microtasse, destinata per 23 mld ad annullare le clausole di cui si è detto ed
il resto per finanziare provvedimenti importanti come il bonus bebè, la
riduzione del cuneo fiscale, ecc.
La manovra, se
si pone in relazione con i grandi problemi del nostro paese, non è certamente una grande manovra: ha il
merito di scongiurare l’aumento dell’Iva da tutti temuto e di tentare, con
alcuni provvedimenti simbolo, di sostenere le famiglie ed i lavoratori
dipendenti ma gli importi stanziati a questi fini sono limitati non solo per
l’incidenza delle clausole di salvaguardia (23 mld /30 ) ma anche per il peso
del debito pubblico che impone al paese l’esigenza di limitare il deficit .
Da qui le
critiche dell’opposizione ed anche di alcuni settori della maggioranza. Ma qui
si arriva al nocciolo del problema del quale tutti , maggioranza ed opposizione
, dovrebbero prendere atto ed adottare provvedimenti conseguenti. Nessuno
discute la necessità di avviare lo sviluppo, di ridurre se non eliminare le
disuguaglianze, di ridurre le tasse, di ridurre il cuneo fiscale, di fare
investimenti , di sostenere l’occupazione: il problema è dove trovare i fondi (la fonte
della riduzione dell’evasione pur essendo importante è difficile almeno nel
breve andare), come collocare i titoli pubblici necessari per finanziarli, come
finanziare il pagamento degli interessi, già molto consistenti nonostante il
basso livello dei tassi.
Allora nel
dibattito pubblico dovremmo chiederci: Visto che il debito cosi elevato
condiziona ogni politica perché non se ne parla? Perché nonostante se ne parli
da sempre non si fa seriamente la revisione della spesa pubblica il cui
costante aumento accresce il debito? Cosa faremo se in caso di crisi viene meno la
fiducia dei risparmiatori? Perché non si considera il grande vantaggio che
avremmo solo riducendo il pagamento degli interessi? E poi dovremmo domandarci:
Perché nonostante le nostre difficoltà finanziare spesso non si utilizzano i
fondi dell’Ue e si fa poco per attrarre gli investimenti
privati?
Tra l’altro, se si approfondissero tali temi, si contribuirebbe alla formazione di una opinione pubblica, di un elettorato, spesso poco introdotto ai problemi finanziari, che in buona fede crede che il debito si possa eliminare semplicemente abbassando le tasse o solo riducendo il numero dei parlamentari .
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