La malagestione dei beni confiscati può cambiare rotta

28 novembre 2020
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l valore dei beni gestiti dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è di circa due miliardi in Italia e di settecento milioni in Sicilia. Tuttavia, nell’isola, sul cui territorio insiste più di un terzo del numero complessivo dei plessi confiscati non ancora destinati, meno di un bene confiscato su due viene effettivamente riutilizzato, a fronte di una media nazionale del 53,24%. Numeri peggiori si registrano in Calabria, con appena il 36% dei beni riutilizzati. La regione più virtuosa è, invece, il Piemonte con punte del 93%. Dati che “consentono di affermare – si legge nell’ultima relazione dell’ANBSC- con una certa attendibilità, che quantomeno circa la metà del patrimonio immobiliare già destinato attende ancora un’effettiva rifunzionalizzazione”. 

Ecco perché, il 31 luglio u.s., è stato emanato un bando, il primo nella storia dell’Agenzia dalla sua istituzione nel 2010, che consente l’assegnazione diretta a titolo gratuito di beni sottoposti a confisca definitiva a soggetti del Terzo settore, quest’ultimi chiamati ad elaborare progetti con finalità sociale per beni che saranno loro assegnati secondo modalità e criteri trasparenti e partecipativi. Una scelta necessaria per raggiungere in pieno la finalità ultima della confisca dei beni ai mafiosi, ossia il riuso sociale, un obiettivo purtroppo spesso disatteso. L'avviso riguarda mille lotti (divisi in 1.400 particelle) che l’Agenzia non è ancora riuscita a dare in gestione. Di questi, 657 sono in Sicilia, prevalentemente concentrati su Palermo e Catania. Si tratta di terreni, ville, appartamenti in condominio, magazzini, fabbricati industriale, garage, autorimesse. Con il bando si cercherà, quindi, di porre rimedio alle mancanze dello Stato nella gestione dei beni confiscati. 

Un caso, tra i tanti, forse il più paradossale, è quello riportato da Repubblica lo scorso 17 novembre: una villa con i 5 ettari di agrumeto a Palagonia che, fino a qualche giorno fa, era curata dai proprietari a cui lo stesso bene era stato confiscato otto anni fa, cioè i parenti di Antonio Sangiorgi, ex consigliere provinciale dell'Udc, condannato a 5 anni per associazione mafiosa nel processo Iblis. Sull’episodio si è espressa anche la commissione parlamentare antimafia per mezzo del suo presidente. “La vicenda di Palagonia è gravissima – ha dichiarato Claudio Fava - uno sgombero 10 anni dopo la confisca. Ai vecchi proprietari non solo è stata lasciata la disponibilità del bene, ma anche la possibilità di trarne profitto visto che le arance sono state vendute sul mercato come se fosse una situazione normale. Eppure l'Agenzia sembra non rendersi conto della gravità”. Sulla scia di una serie di vicende che hanno messo a nudo l’inefficienza, se non la non curanza, nella gestione dei beni confiscati, la commissione regionale antimafia intende convocare i prefetti dell’isola per andare a fondo sulle problematiche legate a questo delicato settore che, proprio in Sicilia, ha pagato il prezzo più alto in termini di immagine, e non solo, per via delle recenti vicende giudiziarie. “Qualcuno pensa che i problemi siano stati risolti col processo Saguto - puntualizza Fava - ma la realtà dimostra che non è affatto così”.

I termini di presentazione delle domande relative al bando pubblicato la scorsa estate, inizialmente previsti per il 31 ottobre, sono stati prorogati al 15 dicembre, a seguito “dell’ampio interesse manifestato per l’iniziativa – si legge nel sito dell’ANBSC - che ha trovato unanime consenso, tale da comportare l’esigenza di prevedere un più ampio termine per lo svolgimento dei numerosissimi sopralluoghi e per la predisposizione, da parte degli Organismi interessati, delle progettualità mirate all’utilizzo dei beni confiscati”. Sembrerebbe, dunque, essere giunti ad una svolta nell’effettivo riuso sociale dei beni. Tuttavia, gli entusiasmi vengono smorzati da chi si imbatte nelle difficoltà per la concreta fruizione che, il più delle volte, richiede lavori di ristrutturazione. Il bando, infatti, prevede solo mille euro a lotto, rendendo così difficile per gli attori del Terzo settore la possibilità di acquisire e gestire i beni.

 di Alida Federico

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