La maggioranza dei medici è donna ma al vertice dominano gli uomini
Donne medico e posizioni di vertice nelle aziende sanitarie. Un altro ambito in cui si registra la disparità di genere nel nostro paese. Nonostante da alcuni anni le donne costituiscano la maggioranza dei medici in attività professionale (54%), le posizioni di vertice delle aziende sanitarie (Asl) e ospedaliere (Ao) sono in gran parte ricoperte dai colleghi uomini. Il riferimento va ai ruoli di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo che, complessivamente considerati, vedono il coinvolgimento di appena una donna su tre (30,66%). E più è ambizioso l’incarico meno sono le donne a ricoprirlo. Solo una donna medico su cinque (20,3%), infatti, occupa la posizione di direttore generale. Le direzioni amministrative di aziende sanitarie ed ospedaliere con il “vertice rosa”, invece, rappresentano il 37,5%, mentre le direzioni sanitarie a guida femminile sono il 34,7%. La percentuale si riduce di molto nel caso dei commissari straordinari – solo il 18,8% -, fatta eccezione dei commissari prefettizi.
La disparità di genere nel settore sanitario varia, tuttavia, da regione a regione considerato che le competenze in ambito sanitario spettano alle amministrazioni regionali. L’unica regione in cui le donne prevalgono nei ruoli di vertice è il Lazio (57,14%), mentre in Abruzzo, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta le donne sono, al momento, del tutto assenti. Dopo il Lazio, è l’Emilia-Romagna a vantare il vertice sanitario più “rosa” d’Italia (40,6%), mentre nella forbice percentuale compresa tra il 29% e il 39% si piazzano altre nove regioni. Non limitandosi ad una lettura squisitamente quantitativa, Openpolis, che ha condotto l’indagine monitorando i siti istituzionali delle Asl e delle Ao, puntualizza come tali dati debbano essere valutati in virtù del numero di aziende sanitarie attive in ciascuna regione e delle peculiari situazioni che ciascuna presenta. Così, ad esempio, in Valle d’Aosta vi è una sola azienda sanitaria regionale, mentre in
Trentino-Alto Adige ne esistono due, ma i ruoli di direttore generale e direttore sanitario sono occupati da dirigenti facenti funzione e, quindi, non considerati in questa analisi. Le Marche, invece, rappresentano la regione con la percentuale più consistente di donne che occupa la posizione di vertice più alta, ossia quella di direttore generale (66,67%). L’altra regione che, sebbene con una percentuale più ridotta rispetto alle Marche, vede primeggiare le donne in questo ruolo di vertice è il Lazio (53,85%). In Campania le direttrici sanitarie sono 2 su 16 Asl, mentre in Lombardia 6 su 35.
La Sicilia, invece, ha la peggiore performance tra le regioni in cui le donne occupano la posizione di direttore generale (7,69%). In effetti, vi è soltanto una direttrice generale su 13 (altre 4 Asl sono commissariate). Peggio dell’isola sono le nove regioni dove neanche una donna ricopre l’incarico di direttore generale di una azienda sanitaria o ospedaliera, nonostante il consistente numero di Asl. È il casso di Friuli-Venezia Giulia (3 aziende sanitarie), Umbria (4 Asl), Abbruzzo (4), Liguria (5) e in particolare la Puglia (8). Un caso a sé è quello della Calabria, dove ad oggi tutte le Asl risultano ancora commissariate, senza quindi alcun direttore generale in carica. In questa regione, le donne commissario sono due. Una, tuttavia, fa parte, insieme a due colleghi uomini, della commissione prefettizia dell'azienda sanitaria di Catanzaro disposta per decreto del Ministro dell’Interno a causa di infiltrazioni della criminalità organizzata. Oltre alla Calabria, l’altra sola regione italiana in cui il ruolo di commissario è ricoperto da donne è l’Emilia-Romagna. Addirittura, in questa regione i due commissariamenti disposti sono affidati entrambi a due donne.
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