La mafia imprenditrice non spara ma controlla anche il Nord Italia
Economia | 16 dicembre 2015
Ammonta a
2,6 miliardi di euro il valore dei beni sequestrati alla criminalità organizzata nel 2015. Mentre
quello delle confische si attesta sui 530 milioni di euro. I dati sono contenuti nel rapporto
annuale della Direzione investigativa antimafia illustrato oggi al Viminale, alla presenza del
ministro dell'Interno, Angelino Alfano e del direttore della Dia, generale Nunzio Antonio
Ferla. Proprio il ministro dell'Interno, ha sottolineato che «l'aggressione patrimoniale,
insieme all'arresto dei latitanti ed carcere duro, sono i tre fronti su cui arrivano grandi risultati
che hanno messo in difficoltà le organizzazioni mafiose».
C'è, ha spiegato il generale Ferla, un calo vertiginoso circa gli omicidi delle mafie rispetto
a 10-15 anni fa: le cosche sempre più privilegiano la corruzione alla violenza, rinunciando al
'controllo militarè del territorio e scegliendo, invece, una strategia di sommersione, evitando
così di avere l'attenzione di media, magistratura e opinione pubblica. «Come dimostrano le
recenti inchieste - ha osservato - le mafie tradizionali si sono evolute. Assistiamo, infatti, ad
un'accentuata propensione all'espansione in aree di maggiore sviluppo rispetto ai territori
d'elezione, dove, peraltro, le consorterie conservano un profondo radicamento e continuano
ad esprimere un forte potere di influenza».
È stata poi la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, a mettere in guardia
sulle possibili complicità di cui godono le cosche. «Le mafie - ha evidenziato - sparano
meno rispetto al passato, ma dobbiamo chiederci se ciò sia determinato dal fatto che
trovano più consensi, più acquiescenza in una società più disponibile ad interloquire con i
poteri mafiosi, a non contrastarli». La mafia che spara di meno, ha ammonito, «non è meno
pericolosa, anzi, lo è di più perchè ci ruba una parte di libertà». La presidente dell'Antimafia
ha quindi invocato «un Piano annuale per la lotta alle mafie, che sono un elemento grave
nella vita del nostro Paese. Serve un maggiore coordinamento tra tutte le istituzioni:
Governo, Parlamento, magistratura».
Il rapporto della Dia indica la grande attenzione dedicata agli appalti. Nel 2015 sono stati
4.997 i monitoraggi condotti nei confronti di altrettante imprese. Nel complesso sono stati
eseguiti accertamenti nei riguardi di oltre 40.289 persone fisiche.
Per quanto riguarda il sequestro dei beni, esso ha riguardato in gran parte la criminalità
organizzata siciliana (2,5 miliardi di euro sui quasi 2,7 complessivi); segue la 'ndrangheta (95
milioni di euro) e la camorra (30 milioni di euro).
«Lo Stato - ha concluso il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Franco Roberti
- può vincere la lotta alle mafie se lo vuole. Siamo sulla strada giusta, si avvicina la fine delle
mafie così come le abbiamo conosciuto, ma occorre affrontarle efficacemente sul piano
economico». (
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