La mafia e le imprese del Nord: storia di un’espansione
La consistente presenza della criminalità organizzata nel tessuto dell’economia e delle istituzioni del Nord Italia è oggi una constatazione condivisa. Ma fino a pochi anni fa, una simile affermazione apparteneva solo a pochi studiosi e soprattutto agli operatori del settore, che avevano visto crescere, specie a partire dagli anni Ottanta, l’infiltrazione della mafia nell’economia del Nord. Le indagini della magistratura, gli interventi delle forze dell’ordine, i reportage giornalistici, l’ampia letteratura sociologica e studi di ogni tipo hanno ormai definitivamente sfatato il mito di una mafia (e con questo termine intendo riferirmi a tutte le organizzazioni «di tipo mafioso», come indica la formula dell’articolo 416-bis codice penale) attiva solo in una parte dell’Italia. Ma se esiste ormai una vasta bibliografia sull’infiltrazione mafiosa, così come sono disponibili stime delle sue dimensioni economiche e analisi raffinate sui rapporti tra i vari soggetti, si ha tuttavia l’impressione di una parziale incompletezza dei dati a disposizione. In questa prospettiva è apparso utile offrire un contributo empirico e quantitativo alla conoscenza del fenomeno.
LA RICERCA
È nata quindi l’idea di rivolgere
l’attenzione al fenomeno dell’infiltrazione mafiosa al Nord dal punto di vista
dell’attività della magistratura, inquirente e giudicante, presso il tribunale
di Milano. Si è pensato, in sintesi, di esaminare tutti i fascicoli processuali
relativi al periodo 2000-2010, aperti dalla procura presso il tribunale di
Milano per il delitto previsto dall’articolo 416-bis cp (con eventuali altri
reati concorrenti e con attenzione a quelli che contengono, tra l’altro, la
contestazione dell’articolo 7 del decreto legge n. 152 del 1991) rispetto ai
quali fosse stato emesso, nell’arco temporale indicato, un provvedimento
decisorio, nella forma della richiesta di rinvio a giudizio o in quella
dell’archiviazione.Grazie alla sollecita autorizzazione del presidente del
tribunale di Milano si è aperto uno sterminato, quanto accidentato e
difficoltoso, campo di ricerca. Naturalmente, per l’articolo 416-bis cp non è
stato possibile accedere ai fascicoli in corso d’indagine, come tali coperti
dal segreto istruttorio. I fascicoli disponibili sono stati consultati
nella loro interezza e, per le parti d’interesse ai fini della ricerca,
scannerizzati integralmente, in modo da costituire una sorta di banca dati che
sarà messa a disposizione dei ricercatori. Si è quindi proceduto a una lettura
critica della documentazione raccolta, travasando i dati ritenuti significativi
in una scheda elettronica appositamente predisposta, anche con l’aiuto di
professionalità informatiche e statistiche. Sono stati poi esaminati i
procedimenti di prevenzione, nei quali sia stato pronunciato un decreto
divenuto definitivo nell’arco temporale 2000-2010.
I RISULTATI
La ricerca deve ancora essere completata e dunque quelli
offerti sono dati grezzi e provvisori, ma alcune linee sono già chiaramente
percepibili. Con due avvertenze importanti. La prima è che i dati
giudiziari riguardano inevitabilmente fatti del passato, almeno di un decennio,
e dunque forniscono una fotografia che non ritrae l’attualità, bensì i suoi
immediati precedenti. In secondo luogo, tanto i dati numerici che le qualifiche
personali sono tratti dai documenti e dai provvedimenti ufficiali: pertanto
qualora il dato sia definito come “non ricostruibile” ciò significa che nei
provvedimenti dell’autorità giudiziaria non si rinvengono elementi sufficienti
per l’individuazione (fenomeno che sovente accade per le posizioni marginali o,
spessissimo, nei decreti di archiviazione). Dei 102 fascicoli processuali
aperti nel periodo, sono stati esaminati analiticamente 64 procedimenti,
sottraendo quelli in corso d’indagine e quelli non rilevanti, che hanno
riguardato 869 persone, indagate o imputate per il delitto di cui all’articolo
416-bis cp. Tra le persone rinviate a giudizio, dopo le categorie dei
soggetti mafiosi e dei soggetti mafiosi che esercitano attività
imprenditoriali, seguono immediatamente gli imprenditori originariamente tali
(17 persone). I settori di attività delle associazioni criminali sono in gran
parte (per più del 50 per cento) quelli tradizionali, a bassa tecnologia,
legati al mondo dell’edilizia e dei rifiuti, ma compaiono anche le attività di
intrattenimento, commerciali e servizi.
Per quanto riguarda l’origine della infiltrazione criminale, primeggia
decisamente, in tutti i parametri, la ‘ndrangheta e la Calabria risulta la
principale area di geografica di radicamento (e collegamento) delle
associazioni disseminate nel Nord (“locali”). Sempre la Calabria svetta anche
nell’ambito delle misure di prevenzione, quale luogo d’origine dei
proposti. In più del 40 per cento dei casi gli scopi dell’associazione
criminale possono essere qualificati come afferenti all’attività economica,
variamente modulata. Riguardo all’attività della magistratura milanese, si
può osservare che costituisce una linea di intervento ben precisa quella di
“scremare” rigorosamente tra le persone sottoposte a indagini, con circa il 58
per cento di individui le cui posizioni sono state archiviate, per arrivare
alla fase del processo con basi probatorie solide, come dimostra il
modestissimo tasso di dichiarazioni di non luogo a procedere o di
assoluzioni. Il dato maggiormente preoccupante, specialmente se visto alla
luce delle notizie di cronaca, è quello del calo, nel tempo, dei procedimenti
penali per associazione a delinquere di stampo mafioso, tanto in Lombardia
quanto nelle regioni d’origine. Il dato dovrà essere verificato con una
proiezione dell’indagine negli anni successivi, attualmente in corso, ma
potrebbe segnalare una sorta di efficace mascheramento delle associazioni
criminali, nonostante la sempre maggiore professionalità ed esperienza degli
organi investigativi. Questa versione della ricerca è consapevolmente
provvisoria, esige completamenti, correzioni, elaborazioni statistiche
ulteriori, considerazioni qualitative. Ma l’augurio è che i dati ora messi a
disposizione possano essere di una qualche utilità per la comunità dei
ricercatori, anche per proseguire lungo il cammino che è stato avviato.
Il traguardo potrebbe essere quello di costituire un osservatorio permanente
sull’infiltrazione mafiosa nel Nord, aperto alla collaborazione di enti e
associazioni, che possa offrire, almeno in parte, strumenti conoscitivi alle
autorità politiche e di governo, nel loro compito di fronteggiare un fenomeno
così preoccupante. Permetterebbe tra l’altro di collegare e coordinare le molte
ricerche in corso in questo campo. (Info.lavoce)
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