La mafia a tavola vale oltre 4 miliardi di euro l'anno
Economia | 6 giugno 2015
La mafia a tavola: il business dell'illegalità gastronomica, che aggredisce il
made in Italy, conta su un giro di affari che vale 4,3 miliardi di euro, registrando un
incremento dell'840% rispetto allo scorso anno.
Questa la fotografia di un nuovo fronte della criminalità ambientale scattata da Legambiente
che anticipa, in occasione di FestambientExpo all'Expo a Milano, i dati sulle 'agromafiè
contenuti nel prossimo rapporto annuale Ecomafie 2015.
Uno scorcio di illegalità che nell'agroalimentare vede consumarsi più di 21 reati al giorno: in
tutto 7.985 le infrazioni penali accertate nelle varie filiere agroalimentari, con 14.917
denunce penali e 126 arresti, a fronte di quasi 200 mila controlli effettuati dalle forze
dell'ordine, e il sequestro di beni per un valore stimato di oltre 3,6 miliardi (cifra che schizza
a più di 4,3 miliardi se si aggiungono anche il valore delle sanzioni e i contributi illeciti
percepiti).
I dati di Legambiente sulla filiera illegale nell'agroalimentare nel 2014 fanno registrare
«un'impennata d'affari» 'sporchì pari a «otto volte (4,3 miliardi) la cifra dell'anno precedente,
che oscillavano intorno ai 500 milioni di euro». A spartirsi la torta ci sono «ben 30 clan
mafiosi»; e seduto a tavola c'è «il gotha delle mafie: dai Gambino ai Casalesi, dai Mallardo
alla mafia di Matteo Messina Denaro, dai Morabito ai Rinzivillo». Una vera e propria «scalata
mafiosa» che «spesso approda nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati
consentono ai clan di acquisire ristoranti, alberghi, pizzerie, bar», trasformandoli in «posti
ideali dove 'lavarè denaro e continuare a fare affari».
Ma a 'mangiarè non ci sono solo i clan, spiega Legambiente: basti pensare allo «spaccato
di un'imprenditoria truffaldina e pericolosa» pronta «a calpestare ogni legge» pur di lucrare.
Ed è così che la fila si allunga di «un lungo campionario di contraffazioni, adulterazioni,
sofisticazioni, che colpiscono soprattutto i marchi a denominazione protetta, vanto
dell'enogastronomia di qualità». Tanti sono infatti anche i reati nel settore della
commercializzazione e lavorazione dei prodotti ittici: sono stati 5.934 che hanno portato a
353 denunce penali e al sequestro di prodotti per 31,6 milioni, a 949 strutture chiuse e
sequestrate, a più di 291 milioni di capi e confezioni sequestrate. Il numero più alto di
denunce penali riguarda il settore carni e allevamenti (761), seguito dalla ristorazione (751),
latte e derivati (447), farine, pane e pasta (393). Cresce anche l'illegalità derubricabile sotto
la voce 'frodi all'Unione europeà, con 65 infrazioni penali e 3 mila denunce penali (i controlli
nel 2014 sono stati oltre 8 mila).
«Abbiamo il dovere di impegnarci per liberare il cibo dalla presa criminale e dal malaffare -
ha dichiarato Rossella Muroni, direttrice nazionale Legambiente - Le organizzazioni criminali
sono tornate forti e sono tornate alla terra. E spesso a pagare siamo noi, in termini di salute,
ma anche di denaro. Occorre aprire una stagione nuova del cibo e dell'alimentazione».
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