La lotta alle mafie e le vere priorità del governo
"La lotta alla mafia deve essere una priorità dell'agenda politica. Per questo occorre approvare prima di Natale il ddl di riforma del Codice Antimafia fermo al Senato e rafforzare le norme contro il riciclaggio, lo scambio di voto elettorale e le norme anticorruzione. A parole provvedimenti voluti da tutti, ma da mesi fermi in Parlamento". Così Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre nel seminario su "Evoluzione delle mafie, adeguamento della legislazione e delle politiche antimafia" in corso a Palazzo Steri e promosso dal Centro Pio La Torre in occasione dei trent'anni della propria attività. "Bisogna stabilire inoltre la governance dell'Agenzia dei beni confiscati di cui facciano parte tutte le associazioni che storicamente sono impegnate su questo terreno. L'attenzione contro la mafia deve essere ordinaria, quotidiana, per sostenere la repressione del fenomeno mafioso rafforzandone gli strumenti".
"Va dato atto al ministro Orlando di aver accelerato sul percorso di riforma del Codice Antimafia in discussione al Senato - ha dichiarato Antonio Balsamo, sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione. Un'occasione importante perché per la prima volta il testo è frutto anche delle esperienze di quanti da anni sono impegnati nel contrasto alla mafia. Vi sono tuttavia degli aspetti perfettibili - sottolinea Balsamo - quali l'applicazione delle misure di prevenzione previste per le imprese mafiose anche alle imprese corrotte; l'elevazione del tasso di garanzia e della disciplina della normativa del procedimento di prevenzione; il potenziamento delle misure di prevenzione nella lotta al terrorismo e la modernizzazione degli strumenti di indagine. Inoltre va potenziata la collaborazione tra gli uffici nazionali in termini di lotta alla criminalità, primo passo verso l'auspicata procura europea".
"Di fronte a una evoluzione degli strumenti normativi ci troviamo con un grave problema di inadeguatezza degli organici dei tribunali - è l'allarme del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Gaetano Paci. Faccio l'esempio del mio ufficio: nonostante ci troviamo a gestire 49 maxiprocessi (quelli con più di dieci imputati già in carcere), sono solo nove giudici in organico, gli stessi del tribunale di Pavia. Senza colmare queste lacune avremo strumenti validi solo sulla carta ma mancheranno le modalità operative per attuarli con successo".
Per Maurizio Graffeo, presidente della Corte dei Conti siciliana "dovere della politica è attuare e non solo approvare le leggi, attivandosi contro i rischi di infiltrazione mafiosa".
"Sollecitiamo la rapida approvazione del disegno di legge di iniziativa popolare 'Io riattivo il lavoro' alla Camera da undici mesi e ora compreso nel Codice Antimafia - è l'appello di Gianna Fracassi, della segreteria generale della Cgil-. Una legge nata dall'esigenza di tutelare il lavoro degli operatori delle aziende sequestrate e confiscate alla mafia. La pervasività nell'economia legale da parte della mafia è trasversale nel Paese e anche fuori. E questo ha effetti anche sul lavoro e determina lo sfruttamento".
Sono intervenuti tra gli altri anche
Francesco Greco, presidente dell'ordine degli avvocati di Palermo,
Enzo Collovà dell'ordine dei commercialisti di Palermo, Antonio La
Spina della Luiss di Roma, Salvatore Lupo, dell'Università di
Palermo e Stefania Pellegrini dell'Universita di Bologna. Gli atti
del convegno saranno raccolti in una pubblicazione.
Il
messaggio di Rosy Bindi
«Le mafie sanno adattare le loro
strategie al mutare dei tempi e hanno cambiato pelle: sparano di meno
e fanno più affari. Sono più sfuggenti e sommerse, agiscono nel
perimetro delle attività legali facendo 'sistemà con mondi diversi,
compresa la massoneria, grazie alla convergenza di interessi con una
vasta area di insospettabili 'colletti bianchì, imprenditori e
manager, e sfruttando le debolezze di una politica e di una pubblica
amministrazione compiacenti». È quanto si legge in un messaggio
inviato al centro studi Pio La Torre dalla presidente della
commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, assente per motivi
istituzionali e che oggi sarebbe dovuta intervenire al seminario
«Evoluzione delle mafie», organizzato dal centro La Torre allo
Steri di Palermo. "Si tratta di affiancare al collaudato
'sistema repressivò - continua Bindi - un più avvertito e diffuso
'sistema di prevenzionè, in grado di realizzare un’effettiva
governance della lotta alla corruzione e all’illegalità,
attraverso una maggiore collaborazione tra tutte le istituzioni e tra
le diverse articolazioni dello Stato. Ma occorre anche rilanciare -
conclude Bindi - e ripensare il ruolo della cosiddetta antimafia
sociale e culturale, che va messo al riparo da strumentalizzazioni
improprie e ambiguità».
Il messaggio di Andrea
Orlando
«Il disegno di legge di modifica del codice
penale e di procedura penale, ora in discussione al Senato, aumenta
la pena per il delitto di scambio elettorale politico-mafioso,
mettendo nelle mani dei magistrati uno strumento rafforzato». Lo
scrive, in un messaggio inviato al centro Pio La Torre, il ministro
della Giustizia, Andrea Orlando, che oggi sarebbe dovuto intervenire
al seminario "Evoluzione delle mafie», organizzato dal centro
studi La Torre allo Steri di Palermo. «Per quanto riguarda gli
strumenti legati alla repressione penale - aggiunge il ministro -
voglio portare l’attenzione al fenomeno che è forse la ferita più
grave per il tessuto democratico della nostra comunità. Penso al
condizionamento del libero voto elettorale, che ha la conseguenza
gravissima di 'terremotarè le fonti di legittimazione di quelle
stesse istituzioni democratiche che devono produrre il nostro assetto
normativo». «La lotta alla criminalità organizzata non
è più localizzabile in due o tre regioni. Ha assunto un carattere
nazionale e internazionale sempre più stabile. Per questo c'è
bisogno di un aggiornamento anche culturale nell’impegno
dell’antimafia. Ho ritenuto pertanto di avviare un percorso nuovo
con la convocazione degli Stati generali dell’antimafia: una
mobilitazione sociale e civile che funzioni da incubatore culturale
per i provvedimenti di riforma, che ne prepari il terreno», conclude
il messaggio inviato dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
GRECO: UNICO UFFICIO PER REATI FISCALI E MAFIOSI
"I reati economici e i reati
mafiosi non devono essere più trattati separatamente all'interno
delle procure. Occorre che si compia un salto culturale per
unire i due rami di indagine in cui sono divisi oggi gli uffici
dei tribunali - questa la proposta del procuratore capo di
Milano, Francesco Greco, intervenuto nel corso del seminario su
"Evoluzione delle mafie, adeguamento della legislazione e delle
politiche antimafia" svoltosi a Palazzo Steri e promosso dal
Centro Pio La Torre in occasione dei trent'anni della propria
attività.
"Il metodo di accumulazione del capitale illecito da parte delle criminalità - ha continuato Greco - non è più quello primario dei furti o del racket, ma quello secondario dei flussi finanziari provenienti da frodi fiscali e investimenti pertanto i due reati sempre più compenetrati. A Milano, intanto, stiamo per costituire un dipartimento di Fiscalità internazionale per la lotta ai 'latitanti fiscali' che generano per l'erario italiano un non riscosso di 600 milioni di euro. La capacità di riscossione dello Stato è oggi ferma ad appena il 4%".
SCARPINATO: NUOVA MAFIA MA
VECCHI STRUMENTI
Concorde sulla necessità di
aggiornare le modalità di contrasto alla mafia anche il procuratore
di Caltanissetta, Roberto Scarpinato: "davanti alla
trasformazione delle mafie non bisogna commettere l'errore di
guardare alla criminalità con gli stessi occhi e con gli stessi
strumenti investigativi con cui la si affrontava nella Prima
Repubblica. Oggi le mafie da tradizionali (gestione spesa pubblica e
ciclo edilizio) si sono mutate in sistemi criminali integrati (con
una elite di mafiosi e politici che gestisce grandi affari) e in
mafie mercatiste (gestione di traffico di stupefacenti,
prostituzione, gioco d'azzardo). La criminalità offre a prezzi
stracciati servizi fondamentali per le imprese con il risultato, per
esempio, che diventa non più applicabile in molti casi l'aggravante
prevista dall'art. 7 della legge 152 del 1991 per gli imprenditori
che agevolano l'organizzazione mafiosa. Sono infatti in realtà le
imprese stesse ad essere agevolate dai servizi che le mafie
'offrono', portando così spesso alla inaccettabile prescrizione dei
reati".
VANORIO: TOGLIERE I FIGLI AI
MAFIOSI
"Dobbiamo attuare forme di prevenzione radicale del fenomeno mafioso. Così come a soggetti marginali della società vengono tolti i figli - propone Fabrizio Vanorio, sostituto procuratore di Napoli - anche a chi li cresce con una mentalità mafiosa dovrebbe essere applicato lo stesso trattamento. Tra i Casalesi, ad esempio, è prassi che i padri poggino la pistola sopra il letto dei figli maschi".
"La legge Rognoni-La Torre è stata uno spartiacque nella lotta alla mafia con l'introduzione del reato di associazione mafiosa - sottolinea Ernesto Savona, presidente di Transcrime-. Ma occorre un ulteriore slancio per debellare definitivamente la criminalità organizzata. Serve sviluppare un approccio razionale individuano i rischi e quindi riducendo le probabilità della manifestazione della criminalità attraverso tre sfide: ricerca e migliori dati, politiche più efficaci e capacità investigative".
Intervenuti anche il professor Vincenzo Militello, dell'Università di Palermo e Alberto Vannucci dell'Università di Pisa.
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