La legge sulle quote rosa nelle regioni non vale in Sicilia

Società | 3 febbraio 2016
Condividi su WhatsApp Twitter
 Dalle prossime elezioni almeno il 40 per cento dei consiglieri regionali dovranno essere donne. Lo prevede la legge sulle quote rosa nei consigli regionali che è stata definitivamente approvata dall'Aula della Camera con 334 sì, 91 no e 21 astenuti. Contro il testo hanno votato Lega, M5S e Ala, mentre Fdi e Conservatori e riformisti si sono astenuti. Il testo approvato a Montecitorio prevede tre diversi casi, a seconda del tipo di legge elettorale in vigore nelle regioni.  Ove la legge elettorale preveda le preferenze, allora in ciascuna lista i candidati di un sesso non dovranno essere più del 60% del totale. Inoltre deve essere «consentita l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l'annullamento delle preferenze successive alla prima».  Se invece ci sono le liste bloccate, la legge elettorale regionali dovrà disporre «l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale». Infine, se ci sono «i collegi uninominali, la legge elettorale regionale deve disporre »l'equilibrio tra candidature presentate col medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale«.  Ad oggi, la 'maglia nerà in materia di rappresentanza femminile tocca al consiglio regionale della Basilicata (dove non siede nemmeno una donna). Ma in generale la presenza 'rosà è oggettivamente scarsa. Sono infatti donne solo 159 su un totale di 897 consiglieri regionali. Se alcune Regioni del centro-nord hanno percentuali accettabili di donne che siedono nei Consigli (Emilia Romagna 34,7%, Toscana 27,5%, Piemonte 26%, Veneto 22%), quelle del Sud hanno percentuali da emirato arabo: lo 0% in Basilicata, il 3,3% in Calabria, il 3,4% in Abruzzo ed il 6,8% in Sardegna, con l'esclusione della Campania che si attesta al 22%. Soddisfatti il Pd (con Valeria Fedeli che definisce la legge come »un contributo determinante per la qualità della democrazia«) ed Ncd. Scelta Civica avrebbe voluto una totale parità tra uomini e donne ma ha comunque votato il testo, considerato invece come un compromesso troppo al ribasso per il M5S. Durissima la Lega, storicamente contraria alla rappresentanza di genere, con Cristian Invernizzi che dice »no a una proposta di legge ipocrita e non risolutiva del problema. Non è imponendo la presenza delle donne in politica tramite la scelta a obbligata delle preferenze che si risolve la questione«.  

All'Ars non vale ma i comuni siciliani sono arrivati primi


In Sicilia la legge non si potrà applicare all’Ars se questa non la recepirà con voto autonomo. Da tre anni, tuttavia, nelle liste dei candidati, nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi. Lo prevede la Legge 23 novembre 2012, n. 215 pubblicata in Gazzetta Ufficiale 11 dicembre 2012, n. 288. In particolare, nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, ciascun elettore può esprimere, nelle apposite righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto. Nel caso di espressione di due preferenze, esse devono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza. Il provvedimento mira al riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali ed introduce disposizioni in materia di pari opportunità nella composizione delle commissioni di concorso nelle pubbliche amministrazioni.


Ultimi articoli

« Articoli precedenti