La legge sui beni confiscati approda alla Camera
Sono occorsi due anni e mezzo affinché un
provvedimento che ha carattere di urgenza approdasse alla Camera. Finalmente
lunedì 9 novembre le modifiche delle misure di prevenzione saranno discusse. Erano
state richieste anche dalla Cgil, da Avviso Pubblico, da Libera e dal Centro
Studi Pio La Torre che avevano promosso la proposta di legge di iniziativa
popolare “Io riattivo il lavoro”. L’obiettivo più generale era, ed è, tutelare
il lavoro nelle aziende confiscate ai mafiosi, semplificare e rendere trasparente
le procedure per la gestione dei beni sequestrati e confiscati superando le
criticità dell’utilizzo delle norme di diritto fallimentare ordinario, rendere
trasparente l’affidamento delle amministrazioni giudiziarie e della gestione
economica dei beni. Alcuni di questi temi sono entrati nel ddl unificato della
Commissione parlamentare, altri no.
Lo scandalo della gestione giudiziaria dei beni
sequestrati venuto alla luce col “sistema Saguto” al tribunale di Palermo, pur
non trovando esaustive risposte nel testo unificato della Commissione
parlamentare, oggettivamente ne sollecita una rapida approvazione entro l’anno.
I problemi relativi all’adeguamento complessivo della normativa antimafiosa per
colpire meglio, a livello nazionale e internazionale, i fenomeni legati alla
globalizzazione della criminalità economica e finanziaria, la governance
pienamente democratica dell’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati scissa
dalla direzione amministrativa della gestione dei beni, l’incompatibilità della
presenza di associazioni che gestiscono beni confiscati negli organi di
gestione dell’Agenzia, sono temi da precisare e normare.
Infatti, considerata la gravità del fenomeno
sollevato dal sistema Saguto, si rende necessario che gli organismi politici e
giudiziari rendano esplicite e chiare nel testo alle Camere le incompatibilità,
il divieto di accumulo di incarichi, l’obbligo della rotazione, le competenze
economiche, giudiziarie, amministrative necessarie di tutti gli amministratori
giudiziari che si iscrivono a un Albo specifico.
Occorre, inoltre, sciogliere un nodo che è politico:
rendere obbligatoria la concertazione con le parti sindacali, le associazioni
di impresa, quelle antimafia, sui piani di mantenimento e rafforzamento
produttivo delle aziende e dei beni sequestrati e confiscati.
A questo punto si rende necessario stabilire,
tutelando i lavoratori, che invece di aspettare il fallimento e il deperimento
del bene sequestrato e confiscato si proceda alla sua vendita con le dovute
cautele per impedire il ritorno nelle mani di mafiosi e lo spreco di parcelle
onerose di alcuni amministratori giudiziari particolarmente avidi.
L’approvazione del ddl segnerà un passo avanti significativo, ma non risolutivo. Rimane aperta la “questione politica” per eccellenza: la priorità nell’agenda politica del Governo dell’antimafia come programma legislativo, rafforzamento amministrativo e azione concreta contro la diffusione della corruzione e delle mafie.
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