La legge sui beni confiscati approda alla Camera

Economia | 30 ottobre 2015
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Sono occorsi due anni e mezzo affinché un provvedimento che ha carattere di urgenza approdasse alla Camera. Finalmente lunedì 9 novembre le modifiche delle misure di prevenzione saranno discusse. Erano state richieste anche dalla Cgil, da Avviso Pubblico, da Libera e dal Centro Studi Pio La Torre che avevano promosso la proposta di legge di iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro”. L’obiettivo più generale era, ed è, tutelare il lavoro nelle aziende confiscate ai mafiosi, semplificare e rendere trasparente le procedure per la gestione dei beni sequestrati e confiscati superando le criticità dell’utilizzo delle norme di diritto fallimentare ordinario, rendere trasparente l’affidamento delle amministrazioni giudiziarie e della gestione economica dei beni. Alcuni di questi temi sono entrati nel ddl unificato della Commissione parlamentare, altri no.

Lo scandalo della gestione giudiziaria dei beni sequestrati venuto alla luce col “sistema Saguto” al tribunale di Palermo, pur non trovando esaustive risposte nel testo unificato della Commissione parlamentare, oggettivamente ne sollecita una rapida approvazione entro l’anno. I problemi relativi all’adeguamento complessivo della normativa antimafiosa per colpire meglio, a livello nazionale e internazionale, i fenomeni legati alla globalizzazione della criminalità economica e finanziaria, la governance pienamente democratica dell’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati scissa dalla direzione amministrativa della gestione dei beni, l’incompatibilità della presenza di associazioni che gestiscono beni confiscati negli organi di gestione dell’Agenzia, sono temi da precisare e normare.

Infatti, considerata la gravità del fenomeno sollevato dal sistema Saguto, si rende necessario che gli organismi politici e giudiziari rendano esplicite e chiare nel testo alle Camere le incompatibilità, il divieto di accumulo di incarichi, l’obbligo della rotazione, le competenze economiche, giudiziarie, amministrative necessarie di tutti gli amministratori giudiziari che si iscrivono a un Albo specifico.

Occorre, inoltre, sciogliere un nodo che è politico: rendere obbligatoria la concertazione con le parti sindacali, le associazioni di impresa, quelle antimafia, sui piani di mantenimento e rafforzamento produttivo delle aziende e dei beni sequestrati e confiscati.

A questo punto si rende necessario stabilire, tutelando i lavoratori, che invece di aspettare il fallimento e il deperimento del bene sequestrato e confiscato si proceda alla sua vendita con le dovute cautele per impedire il ritorno nelle mani di mafiosi e lo spreco di parcelle onerose di alcuni amministratori giudiziari particolarmente avidi.

L’approvazione del ddl segnerà un passo avanti significativo, ma non risolutivo. Rimane aperta la “questione politica” per eccellenza: la priorità nell’agenda politica del Governo dell’antimafia come programma legislativo, rafforzamento amministrativo e azione concreta contro la diffusione della corruzione e delle mafie.

 di Vito Lo Monaco

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