La legge dell'Ars contro la povertà è povera
La ricerca della Banca d'Italia sull'economia siciliana, pubblicata lo scorso 16 giugno, constata che in base ai dati Istat dell’Indagine sulle spese delle famiglie, su un totale di due milioni di nuclei, in Sicilia circa il dieci per cento vive in stato di povertà assoluta, una quota significativamente superiore a quella nazionale. Tra questi, quasi i due terzi non avevano nemmeno un componente occupato, anche in questo caso al di sopra della media italiana ( pari a poco più della metà).
Le stime preliminari per il 2020, disponibili solo per il Mezzogiorno e l’Italia, segnalano un significativo aumento della povertà assoluta rispetto all’anno precedente. La ricerca di Openpolis insieme all'Osservatorio Con in bambini ha segnalato che la povertà educativa è nell'isola quasi il doppio della media nazionale: il 22,4% degli studenti aveva lasciato la scuola nel corso dell'anno precedente. La pandemia ha aggravato una situazione che presentava già elementi di criticità ed impone un'attenzione al tema della povertà che non può essere affrontato guardando solo agli aspetti economici ma alle dimensioni plurime, economiche sociali e culturali, che essa ha assunto.
Quando nel 2015 una larga coalizione di sindacati, organizzazioni imprenditoriali, ed associazioni, coordinata dal centro Pio La Torre, lanciò la raccolta di firme per un disegno di legge d'iniziativa popolare contro la povertà e l'esclusione sociale, l'Assemblea Regionale fece orecchio da mercante e non portò mai in commissione, e tantomeno in Aula, una norma che in molte parti anticipava quanto successivamente fatto dai governi nazionali prima con il REI e poi con il RdC. Una colpevole assenza di capacità di affrontare un fenomeno già allora ben visibile, che ha già fatto perdere alla Sicilia anni preziosi ed ha condotto all'ulteriore indebolimento di un welfare regionale già debole e profondamente squilibrato dal punto di vista dei territori e da quello dei soggetti portatoti di bisogni.
In questi giorni finalmente l'ARS ha approvato un disegno di legge che è stato definito dai media, con enfasi eccessiva, legge contro la povertà, mentre più propriamente è titolato “Disposizioni per il coordinamento degli interventi contro la povertà e l'esclusione sociale in Sicilia”. L'idea era stata lanciata dagli esponenti della Comunità di Sant'Egidio e prontamente raccolta dal presidente dell'Assemblea Gianfranco Micciché e configura un intervento certamente opportuno e necessario, ma lungi purtroppo dal risolvere la complessità della lotta alla povertà in Sicilia che non può essere certamente risolta con appena 15 milioni di finanziamenti, quanti ne stanzia la legge testé approvata.
Cosa c'è allora nella legge? C'è, ed è importante, il riconoscimento – del resto ormai acclarato a livello nazionale dal Dlgs che ha ne ha regolamentato le funzioni e da sentenze della Corte Costituzionale- che il Terzo Settore, attraverso i suoi organismi rappresentativi, costituisce “riferimento essenziale per la rilevazione e la sintesi dei fabbisogni emergenti”. Sono inoltre previste, attraverso bando pubblico, il potenziamento e l'avvio di iniziative territoriali a favore di nuclei di persone in condizione di povertà, misure di intervento straordinario nei casi d'indigenza ed esclusione sociale, azioni a sostegno delle persone in condizione di isolamento, azioni per il sostegno e ricovero di soggetti in condizione di marginalità sociale estrema da realizzare attraverso gli enti individuati dall'articolo 3 del Dlgs 3 luglio 2017n. 117, noto appunto come Codice del terzo settore.
Per il perseguimento di tali fini la Regione propone l'assegnazione in comodato d'uso di beni appartenenti al patrimonio pubblico e/o confiscati alla mafia , nonché degli immobili non utilizzati delle IPAB , cioè i vecchi istituti pubblici di assistenza e beneficenza dotati di un notevolissimo patrimonio immobiliare in gran parte sottoutilizzato o addirittura inutilizzato. Tutte cose utilissime e che, se attuate con modalità trasparenti ed efficaci, daranno un indubbio contributo alla soluzione delle situazioni di maggiore marginalità e disaggio socio- economico. Da questo punto di vista è un bel segnale che il provvedimento sia stato approvato all'unanimità dall'Assemblea.
Tuttavia non ci si può fermare qui: 200. 000 famiglie in povertà assoluta nell'isola significano quasi settecentomila donne, bambini, uomini, anziani che sono privi di mezzi di sussistenza e si trovano ad affrontare molteplici condizioni di disagio: dalla mancanza di lavoro, all'impossibilità di trovare un'abitazione decente, alla dispersione scolastica, fino all'estremo di non riuscire a mettere insieme pranzo e cena. Quindici milioni servono, ma sono poco più di una goccia in un bicchiere d'acqua. Non sempre gli interventi della Regione si sono rivelati ben calibrati: basti pensare che dei 100 milioni stanziati da Musumeci nella prima fase dell'emergenza pandemica (primavera 2020) per interventi urgenti appena il 30% sono stati utilizzati dai comuni per le difficoltà burocratiche frapposte.
Se si vuole combattere un fenomeno che ha assunto un'ampiezza senza precedenti occorre mettere in campo tutti gli strumenti disponibili, a partire dal RdC che va rivisitato in alcuni aspetti ma è essenziale e dalle significative disponibilità finanziarie messe a disposizione dal PNRR su cui si gioca il futuro dell'intero paese. Altrimenti interventi, pur apprezzabili, rischiano di restare poco più di spot; magari belli e nobili ma sempre spot.
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