La laurea resta una garanzia contro la disoccupazione
Presentato
all'Università Bicocca di Milano il XVII Rapporto Alma Laurea sulla condizione occupazionale dei laureati in Italia, coinvolti quasi 490 mila giovani di 65 università italiane.
Risulta che la laurea, oggi, è ancora una garanzia contro la
disoccupazione. I laureati godono di vantaggi rispetto ai diplomati sia
nell'arco della vita lavorativa sia nelle fasi congiunturali negative come
quelle attuali.
A cinque anni dal conseguimento l'occupazione, a prescindere dal
tipo di laurea, è prossima al 90%, anche se in calo rispetto al passato.
Eppure l'Italia si trova ancora agli ultimi posti per numero di
laureati nelle fasce di età comprese tra
i 55/64 anni e tra i 25/34 anni (solo il 22%) mentre la media europea a 21
Paesi è pari al 37%, la media OCSE è pari al 39%.
L'Indagine mostra una sostanziale tenuta del tasso di occupazione
ad un anno dal titolo.
Per i laureati triennali (considerando che il 54% continua con la laurea
magistrale) è pari al
66%, per i laureati magistrali biennali è 70%, mentre quelli magistrali a ciclo
unico
(architettura, farmacia, giurisprudenza, medicina, veterinaria) è del 49%. L’aver
effettuato stage ed esperienze di studio all'estero durante gli studi possono
aumentare le possibilità di trovare un lavoro del 20%. Nel lungo periodo cresce
anche la stabilità del lavoro (contratti a tempo indeterminato o attività
autonome vere e proprie): a cinque anni riguarda oltre il 73% dei laureati
triennali e quasi il 78% dei magistrali a ciclo unico (era il 78% per entrambi
i collettivi nella rilevazione precedente) e il 70% tra i magistrali biennali
(era il 73% lo scorso anno). L'occupazione è significativamente superiore alla
media, a cinque anni dalla laurea, per i laureati delle professioni sanitarie
(97%) e di ingegneria (95%); seguono i gruppi chimico-farmaceutico e
economico-statistico (90%). Al di sotto della media si posizionano i laureati
dei gruppi insegnamento (80%), geo-biologico (79%), giuridico (77%) e
letterario (75%). Riguardo alle retribuzioni, ad un anno, esse risultano
in lieve aumento e superano, seppure di poco, i 1.000 euro netti mensili: 1.013
per il primo livello, 1.065 per i magistrali, 1.024 per i magistrali a ciclo
unico. A cinque anni la retribuzione media passa dai 1750 euro per un ingegnere
ai 1200 di un insegnante. Individuate nel rapporto le fasce che soffrono
maggiormente degli effetti negativi della crisi che si sono inevitabilmente
riversati anche sui laureati di più lunga data, quelle storicamente più deboli
del mercato del lavoro: donne e residenti al Sud. Se si prendono in esame i
soli laureati magistrali biennali,a cinque anni dal conseguimento del titolo le
differenze di genere sono pari a 7 punti percentuali: lavorano 78 donne e 85
uomini su cento. Inoltre a parità di condizioni, gli uomini guadagnano in media
167 euro netti mensili in più delle loro colleghe. Tra Nord e Sud il
differenziale occupazionale è di 11,5 punti percentuali: lavora l'86% dei
laureati residenti al Nord, mentre al Sud l'occupazione coinvolge il 75% dei
laureati. Nonostante il rapporto registri timidi miglioramenti nel mercato del
lavoro che fanno sperare in un 2015 più roseo lo scenario presente e futuro
resta estremamente incerto – E’ quanto sostiene il professore Francesco Ferrante,
componente del Comitato scientifico di AlmaLaurea. Il rapporto, infine,
precisa che «il progresso del Paese passa anche attraverso una maggiore
trasparenza del mercato del lavoro e il miglioramento dell'incontro tra domanda
e offerta di capitale umano», e riporta le conclusioni di uno studio che rileva
come «i meccanismi di gestione delle risorse umane, in particolare la scarsa
meritocrazia e trasparenza di quelli di reclutamento, abbiano giocato un ruolo
centrale nel determinare l'insoddisfacente performance del sistema produttivo
italiano negli ultimi 20 anni».
Buttando l’occhio sulle
statistiche regionali secondo il Rapporto Almalaurea dell’Università di
Catania, ad un anno dalla laurea di primo livello, il tasso di occupazione dei
neolaureati triennali del capoluogo etneo è pari al 28% (contro il 41% per la
media nazionale). Il 18% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre il 10%
coniuga la laurea magistrale con il lavoro, mentre chi continua gli studi con
la laurea magistrale senza lavorare è circa il 61%, un dato più elevato della
media nazionale pari al 54%.
L’indagine ha coinvolto i laureati di primo e secondo livello del 2013, 2011 e 2009 intervistati rispettivamente a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. A Catania, sono stati coinvolti, con un tasso di risposta dell’84%, 3.905 laureati triennali e 1.841 laureati magistrali biennali usciti nel 2013 dall’Ateneo catanese e intervistati dopo un anno, ovvero nel 2014. Tra chi ha comunque un’occupazione, il lavoro stabile coinvolge, a un anno dalla laurea, il 38% per i detentori di laurea di primo livello (più della media nazionale che è del 33%). Gli occupati che non hanno un lavoro stabile rappresentano il 62% (prevalentemente con contratti a tempo determinato, mentre il 17% è senza contratto). Il guadagno è in media di 847 euro mensili netti a Catania mentre a livello nazionale è di 1.008 euro. Per quanto riguarda i laureati magistrali, a dodici mesi dalla conclusione degli studi, risultano occupati il 47% contro una media nazionale del 56%. Il 10% dei laureati continua la formazione (a livello nazionale è il 14%), chi cerca lavoro è il 43% dei laureati magistrali, (a fronte del 30,5% del totale dei laureati magistrali italiani). A un anno dalla laurea, il lavoro è stabile per 44 laureati occupati su cento di Catania, un valore decisamente superiore alla media nazionale (34%). La precarietà riguarda il 56% del collettivo (prevalgono i contratti a tempo determinato; mentre i senza contratto sono l’8%). Il guadagno è di 1.039 euro mensili netti, contro i 1.065 del complesso dei laureati magistrali. In sintesi i laureati all’Università di Catania che sono occupati corrispondono al 75%, contro l’81% della media nazionale. Il 7% risulta ancora impegnato nella formazione (è il 6,5% a livello nazionale), chi è in cerca di lavoro è il 18% contro il 12% del dato nazionale. La quota di occupati stabili cresce apprezzabilmente tra uno e cinque anni dal titolo, raggiungendo il 75% degli occupati, cinque punti in più della media nazionale (70%): nel dettaglio, il 58% ha un contratto a tempo indeterminato contro il 50% a livello nazionale. Le retribuzioni nominali arrivano, a cinque anni, a 1.366 euro mensili netti per i laureati a Catania (contro il dato medio nazionale pari a 1.356 euro). A guardare le statistiche, dunque, il divario economico tra Nord e Sud viene via via rosicchiato col passare degli anni. Ci si augura che i cervelli siciliani continuino o ritornino ad arricchire la classe dirigenziale e gestionale della nostra isola, nonostante tutte le incongruenze contro cui, sempre più spesso ci si trova a combattere.
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