La Grande Guerra a Palermo vissuta dalle donne

Cultura | 18 gennaio 2015
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Sono trascorsi cento anni dalla fine della Prima Guerra mondiale che oramai dovrebbe fare parte della storia. Eppure l’irragionevolezza di quella guerra, l’idealismo e l’estrema consapevolezza che spinsero migliaia di ragazzi e uomini a offrirsi volontari per morire, non si può dimenticare.

Nel libro “Lampi di Memoria – La Grande Guerra a Palermo” di Melinda Zacco si scopre, attraverso lo studio di lettere provenienti dal fronte, spedite dai nostri soldati palermitani alle proprie famiglie, quanto grande fosse l’amore per la propria Patria. Scorrendo le pagine comprendiamo il sacrificio di tanti palermitani tra i quali Giuseppe, Ignazio e Manfredi Lanza di Trabia, deceduti in guerra, o il contributo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Non solo, tra i soldati vanno ricordati anche alcuni giornalisti siciliani che scrivevano per L’Ora, Il Giornale di Sicilia, La Sicilia, Il Secolo, Giornale dell’Isola, Il Corriere di Catania. E le donne? La novità straordinaria indotta dalla Grande Guerra è l’emancipazione femminile.

Cento anni fa, per rimpiazzare milioni di uomini partiti in guerra, le donne dovettero prendere in mano l’economia e la gestione del Paese. Questo impegno fece crescere loro una coscienza sociale che prima non possedevano in quanto relegate nei ruoli domestici. Da allora in poi le donne lavoratrici sono state protagoniste della storia europea fino ad assurgere a importanti compiti politici e di governo. Tra queste si distinguono a Palermo, come racconta l’autrice, Annetta Tasca Bordonaro e Giulia Florio, che insieme a molte altre donne aristocratiche della città, organizzarono ospitalità e assistenza per i soldati che tornavano feriti o malati dalla zona delle operazioni.

La Zacco, grazie allo studio di documenti antichi, racconta che la Grande Guerra, questa inutile strage, come la definì anche il Papa Benedetto XV, ha prodotto in Italia 650.000 morti ma nessun dice che il 90% di queste vittime era gente del Sud a cui avevano promesso terre e condizioni migliori di vita. Come la Gran Bretagna ha usato indiani e afgani, e la Francia algerini e i tunisini, così l’Italia ha usato i popoli meridionali, l’ex Regno delle Due Sicilie. In tutti i nostri paesi del Sud troviamo lapidi con centinaia di nomi caduti per la Guerra, un’intera generazione. Eppure i meridionali lasciarono le proprie case, i campi, le proprie famiglie per rispondere alla chiamata alle armi ed irrobustire le file di un esercito forse per la prima volta veramente nazionale, che avrebbe dovuto difendere un confine e la Patria.

 I Siciliani caduti in guerra furono ben 65.000. La Sicilia fu, fra le Regioni italiane, quella che ebbe in assoluto ed in proporzione il maggior numero di caduti, nonostante fosse la terra più lontana dal “Fronte” e dalla pur vasta area nella quale erano avvenute le maggiori operazioni belliche. E ciò vale anche per le battaglie navali. La Sicilia, quindi, non fu, come territorio, investita direttamente dagli eventi bellici veri e propri, se non per le conseguenze negative dei disagi e dei costi della Guerra. Ma fu condannata a dare un altissimo contributo in termini di sangue e di soldati caduti, perché mandati spesso incontro a morte. Si usava, allora, un’espressione orribile, come “CARNE DA CANNONE” che ancora molti siciliani ricordano, poiché ricorreva spesso dai racconti dei propri padri o nonni.

“Spero che questo testo attraverso “lampi di memoria” che ripropongono eventi, scene, lettere rese attuali con lucido realismo, - dice Melinda Zacco - riesca a far emergere il vuoto, il dolore di una società a cui fu sottratto improvvisamente il tempo della Belle Èpoque e sostituito con il tempo della sofferenza. Credo che la Grande Guerra possa essere una lezione per la nostra generazione che sta vivendo oggi una guerra piena d’incertezze per il futuro. Ma se ancora abbiamo la capacità di emozionarci ammirando un arcobaleno o un tramonto, allora non si è del tutto perso l’entusiasmo per un domani migliore. Infatti, la Grande Guerra ci insegna che con fede e con sacrificio si rinnovano i destini dei popoli”.

 di Miranda Pampinella

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