La Dia: Cosa Nostra è alle prese col dopo Provenzano

Società | 26 agosto 2016
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Secondo la Relazione della Direzione Investigativa Antimafia presentata al Parlamento il 12 luglio 2016, Cosa Nostra continua a mantenere la sua natura di organizzazione criminale unitaria e verticistica. La famiglia resta la cellula primaria dell’organizzazione, seguono in ordine gerarchico i mandamenti e la cupola o commissione che coordina tutte le famiglie della provincia assicurandosi che le stesse rispettino regole e dettati. Essa è un organo collegiale composto dai capi-mandamento cioè dai rappresentanti di almeno tre famiglie territorialmente vicine.

Anche se formalmente il boss Salvatore Riina è ancora il capo dei capi, non essendo stato nominato un successore al vertice della cupola dal suo arresto avvenuto nel 1993, nei fatti lo scanno più alto continua a essere vacante, soprattutto dopo la cattura nel 2006 del super latitante Bernardo Provenzano subentrato a Riina nella gestione di Cosa Nostra per più di un decennio. Al momento Matteo Messina Denaro, pur non avendo ricevuto alcuna investitura ufficiale da parte della commissione e nonostante la sua latitanza, è il boss più influente non soltanto di Castelvetrano nel trapanese, ma di molte province della Sicilia occidentale, grazie, anche, alla rete di supporto familiare, affaristico e mafioso di cui gode.

L’analisi relativa all’area della Sicilia occidentale, in particolare la provincia di Palermo, mostra un’organizzazione che attraversa un profondo periodo di criticità determinato, in gran parte, proprio dalla mancanza di un leader autoritario e di grande intuito strategico. Una condizione aggravata dai numerosi arresti che negli ultimi anni hanno decapitato buona parte dei referenti storici dei mandamenti palermitani, provocando un continuo avvicendamento di boss emergenti - sempre meno carismatici e poco inclini alla mediazione e al rispetto delle regole associative - ai quali i capi detenuti, pur mantenendo la propria carica, delegano l’ordinaria amministrazione degli affari della famiglia.

Da diverse risultanze investigative emerge che per salvaguardare la sua stessa esistenza e cercare di arginare questo pericoloso clima di instabilità, Cosa Nostra abbia adottato la strategia dell’inclusione, che si sostanzia nella scelta dei mandamenti, anche storicamente contrapposti, di collaborare fra loro in maniera orizzontale , cioè senza prevalere l’uno sull’altro ma operando in una condizione di par condicio. Ricorrendo, in molti casi, ai suggerimenti dei boss “a riposo” che nel passato hanno gestito gli affari di Cosa Nostra godendo della massima credibilità “Si tratta, nel complesso, di schemi criminali instabili in cui il ricorso ai consigli degli anziani, che operano in una logica di cooperazione orizzontale, sembrerebbe sopperire alle criticità connesse all’assenza di una reale struttura di raccordo sovra familiare, in grado di dirimere contenziosi, contenere le possibili situazioni conflittuali e tramandare ai più giovani le regole “ordinamentali” di cosa nostra” (Relazione D.I.A. p. 15)

La Sicilia orientale, conferma una maggiore autonomia dalle consorterie mafiose della Sicilia occidentale e soprattutto dalla leadership del boss Matteo Messina Denaro. Condizione che, se da una parte permette loro una maggiore libertà decisionale nella gestione delle attività illecite, dall’altra espone le cosche a continue riconfigurazioni interne dovuta alla facilità con cui gli affiliati si spostano da un gruppo di potere ad un altro, certo non senza momenti i forte conflittualità fra le cosche rivali.

Gli interessi economici di tutte le consorterie mafiose dell’isola convergono, prevalentemente, sul racket delle estorsioni - attraverso la vessazione di operatori economici che, quando non compiacenti o collusi, subiscono pesanti minacce e intimidazioni -, usura, gestione degli appalti pubblici, riciclaggio di denaro di provenienza illecita, sfruttamento della prostituzione, macellazione clandestina e frodi all’Unione Europea soprattutto nel comparto agroalimentare.

Tutte attività funzionali a Cosa Nostra, non soltanto per il proprio tornaconto economico ma, anche, per il sostentamento delle famiglie dei tanti affiliati tratti in arresto. Senza trascurarne l’importanza per affermare la propria autorità e il controllo del territorio.

A queste tradizionali illiceità, negli ultimi anni, si è aggiunto il reclutamento di molti dei numerosi extracomunitari presenti in Sicilia come manovalanza da impiegare, sia nello sfruttamento del lavoro irregolare, attraverso il vile ricorso al caporalato, sia nella cooptazione di questi soggetti nelle attività illegali più rischiose, come danneggiamenti e incendi di locali e attrezzature volti a piegare commercianti e imprenditori non collaborativi alle richieste estorsive.

Un ulteriore elemento interessante emerso dalla Relazione, riguarda la scelta di tutte le organizzazioni mafiose siciliane di provare a riprendere il controllo della filiera del narcotraffico. A tal proposito va ricordato che nell’ultimo ventennio, sia alla luce della strategia di basso profilo voluta dal boss Bernardo Provenzano (non è ancora chiaro se per ridurre l’attenzione sull’organizzazione da parte delle forze dell’ordine dopo le stragi del ’92-’93 oppure - come ipotizzato dagli inquirenti dell’inchiesta sulla cosiddetta “Trattativa Stato mafia” ancora in fase di esecuzione - quale prezzo da pagare per rispettare un patto scellerato con alcune frange dello Stato che a loro volta ne avrebbero garantito la latitanza), sia per il crollo del mercato dell’eroina e il concomitante aumento di domanda di cocaina e di hashish, di fatto il ruolo di Cosa Nostra nell’ambito del narcotraffico è divenuto marginale nel parterre del narcotraffico nazionale e internazionale. Un vuoto di cui ha saputo approfittare la ’Ndrangheta calabrese, diventando leader indiscussa del narcotraffico mondiale. Ed è proprio a questa organizzazione che Cosa Nostra si è rivolta in questi anni per rifornirsi, soprattutto, di cocaina e hashish, del cui traffico si è sempre occupata marginalmente non avendo mai stretto forti legami con organizzazioni criminali del Sud America, privilegiando, fino agli anni ’90, il controllo del traffico dell’eroina proveniente dagli Stati Uniti d’America. Con l’arresto di Provenzano nel 2006, venendo meno tutta una serie di veti posti dal boss, si è assistito a una ripresa d’interesse da parte della nuova leadership di Cosa Nostra per il redditizio traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto di cocaina, della quale continua a esservi maggiore domanda sul mercato.

Nella gestione dei narcotraffici, l’organizzazione mafiosa siciliana interagisce non soltanto con la ’Ndrangheta calabrese ma anche con organizzazioni criminali d’oltre confine nazionale.

Nel panorama internazionale, Cosa Nostra intrattiene stretti legami con le consorterie mafiose radicatesi negli anni non soltanto in Europa ma anche in America e Canada. All’estero, l’organizzazione mira a realizzare ingenti profitti soprattutto attraverso la costituzione di attività produttive dalla parvenza lecita, al fine di riciclare, senza rischiare troppe interferenze da parte delle autorità locali, i numerosi proventi delle attività illecite condotte in Sicilia.

 di Raffaella Milia

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