La crisi, i giovani e l’importanza di una imprenditorialità consapevole

Economia | 1 giugno 2016
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Se consideriamo la storia di noi siciliani non possiamo non notare un profondo scadimento della nostra realtà economica e delle nostre prospettive anche esistenziali.

La nostra Regione è oggi schiacciata dalle difficoltà finanziarie e costretta a tagliare aziende ed enti con inevitabili effetti sull’occupazione che, appunto, langue per effetto dei licenziamenti da una parte e per carenze di iniziative produttive dall’altra. Le principali vittime di questa situazione sono i giovani che, pur essendo mediamente più acculturati rispetto a quelli del passato, non trovano lavoro .

In questo contesto economico-sociale spesso, per evitare l’emigrazione, i giovani realizzano attività d’impresa senza una precedente esperienza aziendale, senza una idea precisa delle possibilità di successo del bene o servizio scelto per lo svolgimento dell’attività, senza la conoscenza del suo mercato, senza informazioni sul settore produttivo prescelto, senza una strategia di vendita, per di più in un ambiente difficile quale quello siciliano, dove mancano spesso le infrastrutture, dove non è assicurata la sicurezza del territorio, dove mancano servizi alle imprese, banche di affari, grandi aziende, ecc.

Ora, ed è questo lo scopo di questo scritto, non si vuole qui scoraggiare chi vuole intraprendere un’attività imprenditoriale, né si vuole dire che per farlo occorrono superuomini. Si vuole solo sostenere che prima di realizzare un’impresa, oltre a verificare la propria abilità ad intraprendere possibilmente con l’aiuto di uno psicologo, bisogna avere una buona idea, possibilmente innovativa, studiare l’ambiente compreso il mercato che interessa, avere una strategia per vincere la concorrenza, dimostrare contabilmente attraverso un apposito progetto la capacità di creare un’azienda economicamente conveniente, ossia in grado di avere ricavi tali da coprire i costi e lasciare un margine positivo, e finanziariamente possibile, ossia in grado di finanziare il fabbisogno iniziale di capitali e di avere nella gestione un flusso di entrate capace di coprire il flusso delle uscite .

Tutto questo viene consigliato per evitare perdite patrimoniali e frustrazioni personali e familiari conseguenti all’ eventuale insuccesso dell’iniziativa, evento questo che non è negativo solo per chi la realizza, o per la sua famiglia, ma anche per la società che perde risorse, occasioni di lavoro, entrate per lo stato ecc.

Anzi per questo rilievo pubblico dell’eventuale fallimento dell’iniziativa sarebbe opportuno, come suggerisce l’Ue, che l’imprenditorialità, intesa come il complesso delle qualità personali attraverso le quali è possibile limitare il rischio d’insuccesso di un’attività imprenditoriale, venisse elevata a base della strategia economica di ogni paese dell’Unione e venisse perseguita nei curricoli scolastici attraverso corsi di educazione all’imprenditorialità.

In effetti abilità come l’intraprendenza, la creatività, l’autonomia, la capacità organizzativa, la razionalità nell’uso delle risorse, che sono attributi tipici del buon imprenditore, non servono solo nel campo economico ma costituiscono vere e proprie esigenze umane della vita concreta e come tali possono inserirsi come obiettivi della pianificazione educativa.

Anche per questo è grave che la nostra regione non utilizzi o storni i fondi destinati dall’Ue all’autoimprenditorialità: perdiamo attributi umani positivi, oltre che risorse economiche ed occasioni di lavoro, e rischiamo di creare frustrazioni personali.

 di Diego Lana

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