La buona morte secondo Ozon
Non sono in molti i registi che coraggiosamente hanno scelto di rappresentare con lucida freddezza il “buon” fine vita, il tema disturbante dell’eutanasia, scelta - quella del suicidio - che in pochi sanno compiere giunti in condizioni più o meno disperate alle soglie del crinale che separa l’esistenza dalla morte.
François Ozon, eclettico regista francese - che nelle opere precedenti ha saputo manipolare la materia tentando di controllare con distacco l’inevitabile commozione umana, allontanandone gli aspetti melodrammatici (Sotto la sabbia, Estate ’85) - torna ad esplorarne le prismatiche sfaccettature, adattando cinematograficamente l’omonimo romanzo di Emmanuèle Bernheim (scrittrice morta prematuramente nel 2017 e anche sceneggiatrice), mettendo in scena E’ andato tutto bene (Tout s’es ben passé, 2021), presentato in concorso al 74° Festival di Cannes, percorso che un anziano ottantacinquenne, colto, raffinato, stanco e colpito da ictus, intraprende chiedendo aiuto alle figlie, una in particolare (per quanto non sia stato affatto un padre esemplare), per concludere con un suicidio assistito un’esistenza ormai divenuta impossibile.
Toni drammatici e leggerezze inusitate accompagnano il racconto degli ultimi mesi di vita dell’uomo, fermamente deciso a non retrocedere dall’estrema decisione (ama la vita, ma non vuole sopravvivere), che si dipana tra i dubbi e le incertezze delle figlie (una della quali, la preferita, non l’abbandona mai), complicazioni burocratiche (la legislazione francese non ammette l’eutanasia, per cui occorre prendere contatti con la Svizzera, dove invece il suicidio assistito è consentito), l’emergere di tormentati rapporti familiari e i fantasmi del passato (la stessa madre, già da molti anni divisa dal marito, appare in poche sequenze come una sorta di presenza fantasmatica).
E qui Ozon riprende e riesuma il suo cinema con autocitazioni e citazioni cinefile (torma il mare e la sabbia, sotto la quale c’è sempre un verminaio; il compagno della figlia scrittrice è un critico cinematografico impegnato in una retrospettiva su Luis Buñuel; le folgoranti sequenze che riportano nel passato, ai sogni omicidi della figlia…). Magistrale interpretazione di André Dussollier e Sophie Marceau (ormai ben lontana dal cult giovanile Il tempo delle mele, nei panni della stessa autrice del romanzo autobiografico) e fulminanti apparizioni di Charlotte Rampling e Hanna Schygulla, che contribuiscono a dare a questo racconto sulla fine della vita d’un uomo controverso (anche sessualmente) un senso non comune di malinconica pacatezza che sugella con il titolo E’ andato tutto bene, frase consolatrice e risolutiva pronunciata al telefono dalla signora svizzera, l’avvenuto quieto trapasso, al suono di un brano di Johannes Brahms. Ottimo il doppiaggio italiano.
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