L’opinione pubblica e la travagliata manovra economica del governo

Economia | 22 dicembre 2018
Condividi su WhatsApp Twitter

Attorno alla cosiddetta “Manovra”, per le sue caratteristiche non in linea con i vincoli della Commissione Europea, quest’anno si è sviluppato un vivace dibattito caratterizzato da una forte tensione tra il nostro Governo, e segnatamente tra i due vice-presidenti Di Maio e Salvini, e la Commissione stessa, con la minaccia da parte di quest’ultima di attivare contro il nostro paese la procedura d’infrazione per debito eccessivo, una procedura lunga, complessa e molto penalizzante sul piano economico-finanziario studiata per i paesi che non rispettano i vincoli di bilancio a suo tempo sottoscritti.

Dinanzi a questo pericolo si sono formati nell’opinione pubblica due schieramenti. Da una parte, i sostenitori dei partiti all’opposizione, molti professionisti, molti imprenditori , molti commercianti e molti artigiani preoccupati per gli effetti che la predetta manovra poteva determinare anche sul piano del finanziamento del nostro ingente debito pubblico e, dall’altra, tutti gli altri, molti dei quali interessati ai provvedimenti-bandiera del governo , il reddito di cittadinanza, la pensione con la quota 100, la flat tax.

Ora che la vertenza pare chiusa con un compromesso, anche se la Commissione Europea si riserva fin dal prossimo gennaio di iniziare un monitoraggio sul puntuale adempimento da parte del Governo degli impegni assunti, ci pare opportuna qualche riflessione.

Innanzitutto non si può non essere contenti come cittadini e come paese di avere evitato la procedura d’infrazione che come si è detto sarebbe stata molto pesante come dimostra l’esperienza della Grecia.

Poi, considerando che il Governo attraverso la mediazione del Presidente del Consiglio , ha ridimensionato alcune delle proposte iniziali, che avevano allarmato non solo la Commissione ma anche i mercati provocando un aumento dello spread, non si può non notare che si poteva evitare tutto questo, con i costi conseguenti per il nostro debito pubblico, impostando in modo meno rigido e meno polemico la trattativa con l’Ue.

Infine, ed è questo che ci preme di più in questo momento, non si può non sottolineare l’importanza ai fini del buon funzionamento di una democrazia, ed aggiungiamo ai fini di una maggiore razionalità delle decisioni del Governo e del Parlamento, del coinvolgimento dell’opinione pubblica ed in genere dell’informazione , anche di quella economico-finanziaria. Infatti nella vicenda appena conclusa non si può negare l’influenza sulle più ragionevoli posizioni del Governo non solo delle esplicite prese di posizione di molte categorie produttive che hanno organizzato apposite manifestazioni. ma anche dell’intenso dibattito che sui provvedimenti si è sviluppato in molte trasmissioni televisive ed in molti giornali.

Allora se cosi è bisogna porsi il problema di come coinvolgere i cittadini nel dibattito politico, di come sviluppare quella cultura finanziaria che la situazione del nostro paese ma anche la dinamica degli investimenti privati richiede.

Oggi infatti si dà per scontato che tutti sappiano cosa è un bilancio, cosa significa il deficit, cosa sia un investimento, quale significato ha lo spread, cosa indica il pil, cosa è il cambio euro/dollaro, tanto per citare i termini più ricorrenti di un telegiornale e/o di un dibattito politico. Ma se questa presunzione non ha riscontro nell’elettorato, o in parte di esso, anche i giudizi e quindi i voti sul governo diventano non significativi. Anzi in tali casi può sorgere il rischio che si fraintendano le posizioni e si ritengano pregiudizi, persecuzioni o complotti le preoccupazioni di chi si oppone a dati provvedimenti in quanto ritenuti fondatamente rischiosi.

Ecco perchè l’educazione economico-finanziaria non dovrebbe essere appannaggio solo degli operatori economici e dei laureati in economia ma di tutti i cittadini, pena un malfunzionamento della democrazia. E poiché per molti le nozioni economico-finanziarie appaiono ostiche, in nome della democrazia, si potrebbero organizzare veri e propri corsi di educazione economico-finanziaria possibilmente affidati alle scuole secondarie ad indirizzo economico-giuridico con la collaborazione della Banca d’Italia ed eventualmente anche delle redazioni finanziarie dei giornali che per questa via potrebbero rilanciarsi.

Bisogna considerare a sostegno della tesi predetta che le lacune qui lamentate non riguardano solo persone che hanno un basso grado di cultura o persone che appartengono a determinate categorie sociali, investono verticalmente tutti i settori della società e che la diffusione dell’educazione economico-finanziaria sarebbe auspicabile, come si è accennato, anche per una migliore amministrazione delle proprie finanze al momento di scegliere gli investimenti finanziari.

 di Diego Lana

Ultimi articoli

« Articoli precedenti