L’onore dei corleonesi….l’onore degli emiliani.

Società | 8 giugno 2016
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Io non sono corleonese, anche se amo e sono unito da forti e lontani legami con persone e situazioni di questo paese che penso di conoscere un pò. Io sono palermitano, ma - in una città piena di difetti, ma anche di potenzialità - diffido fortemente di coloro che gridano sdegnati contro le offese fatte ai palermitani da esterni con giudizi sommari, ingiusti, ecc. ecc. ecc.. Sono questi gli stessi che non gridano allo stesso modo sdegnati delle tante nefandezze che succedono a Palermo ad opera dei palermitani.

Mutatis mutandis, mi preoccupano i corleonesi - beninteso, come quelli di Sant'Agata di Militello, di Nervi o di Busto Arsizio - che gridano con grande enfasi sdegnata il loro furore per essere accomunati ad una realtà come la mafia - alcuni non la considerano nemmeno una realtà - e che, se va bene, dicono piano piano, con tutte le presunte giustificazioni del caso, i segni poco edificanti ed inquietanti che già da tempo si evidenziano a Corleone - paese frettolosamente ritenuto redento e sotto inflessibile controllo di legalità - non solo nella eclatanza degli arresti, ma anche nel basso profilo della quotidianità.

Una mentalità non la si legge solo, né la si sente, ma la si ascolta e la si "respira". In questo senso, le dichiarazioni rese pubblicamente dal Sindaco, dal rappresentante della Congregazione e da altri, sono veramente inquietanti, non certo perché, di per se, provano complicità o perfino contiguità, ma perché dettano - molto più di un trattato scientifico - quanto è ancora forte il riconoscimento e il potere dei Riina e della mafia a Corleone.

Chi oggi, arzigogola sull'itinerario della vara, sulla casualità della fermata e dell'inchino sotto un certo balcone, della presenza fisica di qualche personaggio, al di la della veridicità completa delle sue affermazioni, evidentemente non ha studiato abbastanza, anche se sa lo stesso che il codice culturale e di comunicazione mafiosa è da tantissimo tempo efficacissimo perché capace di utilizzare, parole, gesti, atteggiamenti di tutti - soprattutto di chi non affiliato perché di un mondo, al massimo, solo fisicamente confinante con le cosche - per affermare una presenza e un'egemonia che, in certe fasi storiche, può essere anche relativamente praticata, ma mai non affermata.

E' in corso un'offensiva mediatica di soggetti - se non sofisticatissimi - che sanno cosa fanno e cosa vogliono, che poi è - sostanzialmente - allentare una cappa per loro insopportabile, ma già da tempo allargata, con buona pace di Ministri, Prefetti e Inquirenti che studiano e approcciano i loro atteggiamenti più alle manifestazioni che ai territori e alle dinamiche insorgenti. Per fare questo, si può utilizzare di tutto, per esempio il viscido anchorman televisivo che crede di avere l'occasione di occuparsi di mafia senza dare fastidio alla mafia e di affermare la libertà dell'informazione senza fare informazione, ma solo mistificazione.

Ma si può anche utilizzare il semplice cittadino, bisognoso di giustificazione e assoluzione pubblica, perché in cuor suo, sa di non avere fatto abbastanza, nel suo normale quotidiano, per segnare una reale diversità dalla Corleone degli stereotipi che se esistono, comunque, presuppongo una realtà dalla quale prendono linfa. Allora, per chi è in buona fede e appartiene veramente alla Corleone diversa dalla mafia - che, lo sappiamo tutti, esiste e, come nei secoli, non sarà mai doma e domata - più che indignazione, modestamente, suggeriamo ragionamento, più che sdegno intelligenza.

Per il resto, stiano tranquilli i tanti cittadini corleonesi - retti e onesti - che nessuno è pregiudizialmente contro Corleone e i corleonesi e - se proprio hanno da convincere qualcuno della qualità etica dei corleonesi - lo dimostrino facendo e vivendo una reale diversità. La capiranno certamente questa diversità i presunti detrattori dell'onore positivo dei corleonesi e lo capirà, soprattutto la mafia, che ha il codice originario per decriptare ogni messaggio e per classificarlo “a favore” o “contro”.

Quando, coloro che sono “contro” saranno tantissimi - e anche intelligenti, che non guasta mai - tutta Corleone sarà più sicura perché a molti cadranno le maschere dal volto e, di conseguenza, alle cosche sparirà il terreno sotto i piedi e, soprattutto, il potere di rappresentare un paese. Il resto sono solo giustificazionismi stupidi e anche un po’ penosi che, beninteso, non sono diversi da quelli espressi dal Sindaco e da alcuni probi cittadini di Brescello, paese emiliano di don Camillo e Peppone e, quindi, erede di quella cultura e tradizione - politica e sociale – democratica che, però, evidentemente non ha impedito di avere le istituzioni locali in mano alla mafia.

Anche quei cittadini - come e peggio dei corleonesi - si sono detti indignati contro i giornalisti che parlando di mafia e costume mafioso nel loro paese, offendevano un'intera Comunità e hanno cercato di giustificare, con speciose sottigliezze, questo o quel fatto. Chissà se ci sarà pure nella civilissima Emilia un Vescovo che come negli anni '60 il Cardinale di Palermo - Metropolita di Sicilia - Ernesto Ruffini che diceva che la mafia non esisteva, ma era un'invenzione dei giornalisti che infangavano la Sicilia e il suo Popolo. Solo che Ruffini – di origini lombarde, ma adattatosi presto e benissimo in Sicilia - diceva che i giornalisti denigratori venivano dal nord, ma un eventuale Vescovo emiliano difensore dell’onore emiliano dovrebbe dire che vengono del Sud.

Ecco facendo questi esempi e parallelismi, si difende – naturalmente e inconfutabilmente -l'onore della Sicilia dall’interessata paccottaglia antimeridionale di stampo antropologico. Il resto è solo mala fede e/o stupidità e tra le due opzioni io tendo a ritenere, di gran lunga, la stupidità quella che fa più danno.

 di Giovanni Abbagnato

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