L'officina delle idee della Cgil apre anche a Palermo
“Giuristi e sindacato nell'evoluzione del diritto del lavoro” è il titolo di una tavola rotonda durante la quale verrà presentato “L'Officina delle idee” il volume che raccoglie le carte della Consulta giuridica della Cgil dalla sua fondazione nel 1987 al 1995. I lavori si svolgeranno dalle 9.30 alle 13.30 di venerdì 13 gennaio nell'aula Giovanni Falcone del Dems. Parteciperanno Alessandro Bellavista, Fulvio Fammoni, Alessandro Garilli, Salvatore Mazzamuto, Giuseppe Meliadò, Michele Pagliaro e gli autori. Pubblichiamo la recensione critica di Franco Garufi.
“L'officina delle idee” (a cura di Andrea Allamprese, Ivano Corraini e Lorenzo Fassina, Ediesse 2016) raccoglie le carte della Consulta giuridica della Cgil dalla sua fondazione nel 1987 al 1995, organizzate in ordine cronologico, digitalizzate e rese consultabili via web dall'Archivio storico della Cgil nazionale. Uno strumento di lavoro utile per gli studiosi dell'evoluzione del diritto del lavoro italiano, ma anche un'occasione di riflessione sul rapporto fecondo che, nell'esperienza italiana, si è costruito tra intellettuali e movimento sindacale. Nell'introduzione al volume Amos Andreoni ed Andrea Allamprese sottolineano che tra il finire degli anni Ottanta e l'inizio del decennio successivo il diritto del lavoro visse in Italia una fertilissima stagione. “Nuove regole di rappresentanza democratica attraverso la creazione di organismi di rappresentanza elettiva ...tutela della dignità di ciascun lavoratore e di ciascuna lavoratrice attraverso l'estensione del principio di giustificatezza dei licenziamenti; estensione delle tutele del lavoro aldilà dell'orizzonte del singolo rapporto di lavoro...armonizzazione tra diritto di sciopero ed altri diritti costituzionali della persona, riunificazione del mondo del lavoro attraverso il superamento dello steccato storico tra settore pubblico e settore privato, riconsiderazione dei problemi di effettività della giustizia del lavoro.” Molte delle riforme di impronta lavoristica che il Parlamento della Repubblica realizzò furono concepite e abbozzate nella'”officina “ di corso d'Italia, anche attraverso un rapporto fecondo con la Cisl e l'Uil. Altri argomenti, invece, non sfociarono in provvedimenti di legge ma segnarono il dibattito politico-culturale dentro il mondo del lavoro: nel processo di rinnovamento della cultura del sindacato entrano infatti a pieno titolo temi come la lotta alla criminalità organizzata e la democrazia economica come nuova frontiera della partecipazione. Su entrambe le materie fu assai significativa la partecipazione di giuslavoristi siciliani come Salvatore Mazzamuto, Alessandro Garilli – che sarà sottosegretario al lavoro nel primo governo Prodi e Alessandro Bellavista, oggi direttore del Dipartimento di scienze politiche e delle relazioni istituzionali dell'università di Palermo. Promotore della Consulta fu Bruno Trentin, allora nella segreteria confederale della Cgil, della quale sarebbe divenuto segretario generale nel 1988. Il coordinamento fu affidato al Dipartimento giuridico di Piergiovanni Alleva e poi del compianto Giovanni Naccari; per la segreteria confederale fu incaricato di occuparsene Antonio Lettieri, personalità autorevole nella Cgil di quel tempo. Il bel saggio dello storico del diritto Paolo Panassiti ricostruisce il rapporto tra la Consulta e la nascita del “sindacato dei diritti” di Trentin. “Nella creazione della Consulta giuridica della Cgil” sostiene lo studioso “c'è qualcosa di più e di diverso rispetto al passato...In quell'iniziativa vi è intanto la storia politico-sindacale di Trentin, ma anche tante altre storie che si ricollegano agli anni Ottanta...Tra il 1987 e il 1995 tutto cambia attorno al sindacato, dalla politica al mercato del lavoro. Il senso del cambiamento in atto appare perfino un'emergenza storica.” E' feconda la relazione che in quegli anni si instaura tra l'intero sindacato confederale, la cultura giuslavorista e pezzi della sinistra politica (ma anche una parte della DC) nel ripensamento del diritto del lavoro. A ciò si aggiunge per la Cgil lo sforzo di separare la vicenda dell'organizzazione sindacale dalla crisi incipiente dei partiti politici che ne avevano costituito il tradizionale riferimento ideologico. A mio avviso, Passaniti individua correttamente nella Conferenza programmatica di Chianciano dell'aprile 1989 (e, aggiungo, nello scioglimento delle correnti di partito) la svolta che lanciò la Cgil verso le nuove sfide dell'ultimo decennio del secolo scorso e dei primi anni del nuovo. Eppure è il periodo in cui le travolgenti trasformazioni delle tecnologie e del lavoro cominciano ad indebolire la prospettiva dell'azione sindacale. Passaniti cita l'immagine del “gigante dai piedi d'argilla “ evocata nel 1996 da Massimo D'Antona, che tre anni dopo sarà vittima della coda velenosa della stagione del terrorismo politico. La conclusione richiama fortemente all'attualità: “In un presente dominato dall'insostenibile leggerezza del diritto del lavoretto, l'unica risposta alla negazione dei diritti sembra essere rappresentata da un'azione sindacale in grado di ripensare , nello scenario della rivoluzione digitale, alla tutela del lavoro come fonte di cittadinanza ed attributo essenziale alla dignità della persona: il chi rappresenta chi aggiornato ai nuovi perché.” La risposta ad entrambe le domande si trova nella Carta dei diritti, il disegno di legge di iniziativa popolare che la Cgil ha presentato, corredato da un milione e 200.00 firme, e che assume esplicitamente l'obiettivo della riunificazione del mondo del lavoro e dell'universalizzazione dei diritti sociali come connotato della cittadinanza. E sta anche nei tre referendum abrogativi che si propongono di smantellare le norme del Jobs Act palesemente indirizzate ad indebolire i diritti delle lavoratrici, conquistando la reintegra in caso di licenziamento illegittimo, l'abolizione dei voucher e l'introduzione della responsabilità in solido negli appalti. Giacomo Brodolini, dirigente della Cgil, socialista, ministro del lavoro e tra i principali promotori dello Statuto dei lavoratori (che tuttavia non vide approvato perché morì nel luglio del 1969 dieci mesi prima che la legge 300 fosse varata) in un discorso pronunciato la notte di Capodanno del 1969 ai lavoratori di una fabbrica romana che manifestavano davanti al Ministero, si definì “ministro dalla parte dei lavoratori”. Quanta differenza con l'attuale titolare del dicastero di via Vittorio Veneto!
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