L’ Oasi di Troina secondo Simonetta Agnello Hornby e Marika Scolla

Cultura | 4 giugno 2022
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1.Introduzione
Due libri per scaldarci il cuore. Per non rinunciare alla speranza. Soprattutto in tempi bui come quelli che attraversiamo. Due libri da poche settimane in libreria. Il primo scritto a quattro mani da una delle più affermate narratrici italiane, Simonetta Agnello Hornby, e dalla nipote Costanza Gravina di Comitini. Il secondo scritto da una madre coraggio di Sortino, Marika Scolla. Tre donne siciliane. A testimonianza di quanto sia connaturato il legame tra la nostra isola e la scrittura. In questo caso declinato – probabilmente con ancor più sensibilità – al femminile.
Due libri che "intercettano" nelle loro pagine l’“Oasi Maria SS.” di Troina. La raccontano da angolature e con approcci diversi. In entrambi i casi comunque coinvolgenti. Diretti. Confermando nelle pagine in cui si scrive dell’“Oasi” quanto importante sia stata e continui ad essere questa struttura sanitaria per la comunità locale nella quale è piantata. Così come nella vita ormai di migliaia di famiglie siciliane ed anche d’Oltrestretto che ad essa si sono dovute accostare a seguito di disabilità o comunque di difficoltà mediche di loro componenti. In genere bambini o giovani.
Due narrazioni che – in un periodo non meno sofferto per l’“Oasi”, in questi mesi alle prese con invadenze politico-partitiche, vicissitudini di natura organizzativa-gestionale, divergenze con la gestione attuale della “sanità” regionale - “incoraggiano” a proseguire nel cammino intrapreso dal fondatore don Luigi Ferlauto nel 1953-1955. Cammino dopo la sua dipartita nel 2017 continuato dal successore don Silvio Rotondo. Perché la navigazione continua. A volte il mare diventa mosso. A tratti agitato. Ma l’equipaggio è determinato. Lo scafo è solido. Ben progettato e costruito. Può affrontare procelle e tempeste. Reca a bordo il suo carico prezioso: persone da salvare, bisognose di cure e di affetto. Per loro, per questo carico speciale, non sarà lasciato nulla di intentato. E’ questa la “missione” dell’“Oasi” di Troina.

2.Simonetta Agnello Hornby: metti un pomeriggio in libreria a Troina
Il binomio “Oasi”-libri nei decenni annovera tanti titoli. Dal romanzo di fantapolitica “Agave” di Massimo Felisatti e Andrea Santini edito dalla Rizzoli nel 1981 al commovente “Emiliana e l’handicap” di Cosimo Fornaro, Editrice Camunia 1985. Dal libro-intervista del giornalista e scrittore Enzo Catania “Faccia a faccia con padre Ferlauto. Nel cuore dell’oasi di Troina” Edizioni Città Aperta 2005 al documentatissimo “Il miracolo di Troina” di Giuseppe Carmelo Conticello, Editrice Rubbettino 2018. Consentiteci di collocare indegnamente in questo scaffale anche il nostro Pino Scorciapino “Ferlauto, Calabrese, Rotondo. A proposito di tre sacerdoti di Troina”, BookSprint Edizioni 2021. L’elenco appena riportato è tutto tranne che esaustivo. Andiamo a memoria e, con certezza, abbiamo trascurato diversi altri titoli (ad esempio i numerosi scritti di padre Ferlauto, sempre propenso a pubblicare volumi sulle sue idee e la sua opera). Non ce ne vogliano gli autori.
Poche settimane fa per la Mondadori esce “La cuntintizza” di Simonetta Agnello Hornby e Costanza Gravina. Sottotitolo: “Piccole ragioni della bellezza del vivere”. La Agnello Hornby è nota anche al grande pubblico. Una di quelle siciliane con gli attributi (perdonateci la scurrilità), impegnata, poliedrica, attiva in diversi campi. Leggiamo nelle sue note biografiche: “Simonetta Gloria Agnello, coniugata Hornby (Palermo, 27 novembre 1945), è un'avvocatessa, scrittrice e accademica italiana naturalizzata britannica.
Figlia dei nobili don Francesco (Cicì) Agnello Gangitano, barone di Signefari, e donna Elena Giudice Caramazza, è cresciuta in Sicilia e ha studiato Giurisprudenza all'Università degli Studi di Palermo, e nel 1965 ha ottenuto una borsa di studio Fulbright presso la University of Kansas. Nel 1967 ha conseguito la laurea a Palermo e si è poi specializzata avvocatessa minorile e giudice in Inghilterra, dove si era trasferita dopo aver sposato un cittadino inglese. Vive a Londra dal 1972 ed è presidentessa del Tribunale Special Educational Needs and Disability.
Ha fondato nel 1979 uno studio legale nel quartiere londinese di Brixton, che si occupa prevalentemente delle comunità immigrate musulmane e nere e che è stato il primo studio in Inghilterra a dedicare un dipartimento ai casi di violenza all'interno della famiglia. Ha insegnato Diritto dei minori all'Università di Leicester.
Ha conseguito la cittadinanza britannica.
Il romanzo d'esordio La Mennulara, bestseller tradotto in 19 lingue, ha ricevuto il 7 giugno 2003 il "Premio Letterario Forte Village". Nello stesso anno ha vinto il Premio Stresa di Narrativa e il “Premio Alassio Centolibri - Un Autore per l'Europa” ed è stata finalista del “Premio del Giovedì Marisa Rusconi". Nel 2019 è uscita un'edizione rivista del romanzo, comprendente alcuni capitoli che l'autrice ha indicato come "perduti" in occasione della prima versione.
Nel 2014 ha condotto il programma televisivo Il pranzo di Mosé sul canale Real Time.
Nel 2015 è protagonista con il figlio George del docu-reality Io & George, in onda su Rai 3. Il format rappresenta un viaggio da Londra alla Sicilia per sensibilizzare sulle problematiche delle persone disabili.
L'11 settembre 2016, nel pomeriggio di Canale 5, prende parte alla puntata speciale di Forum dal titolo I nuovi diritti in qualità di giudice arbitro nel dirimere una causa.
Tra i suoi numerosi successi editoriali – alcuni scritti a più mani - citiamo “La mennulara”,”La zia marchesa” Feltrinelli 2004, “Boccamurata” Feltrinelli 2007,”Vento scomposto” Feltrinelli 2009, “Camera oscura” Skira 2010, “La monaca” Feltrinelli 2010, “Un filo d’olio” Sellerio 2011, “La cucina del buon gusto” Feltrinelli 2012, “Il veleno dell’oleandro” Feltrinelli 2018, “Il male che si deve raccontare per cancellare la violenza domestica” Feltrinelli 2013, “Via XX Settembre” Feltrinelli 2013, “La mia Londra” Giunti 2014, “Il pranzo di Mosè” Giunti 2014, “Caffè amaro” Feltrinelli 2016, “Nessuno può volare” Feltrinelli 2017, “Rosie e gli scoiattoli di St. James” Giunti 2018, “Siamo a Palermo” Mondadori 2019”.
Non le manchiamo di rispetto nell’indicare – come “non” si dovrebbe fare con le signore – l’età. Siamo infatti convinti che ogni biografia di chi scrive, ed in particolare di una grande narratrice, “richieda” i suoi dati anagrafici.
La Gravina dal canto suo così si definisce: “Farmacista di professione. Coltiva, con passione, l’arte della miscelazione e dei cocktail”. Ed ancora: “È nata e cresciuta a Palermo dove ha studiato Farmacia. Infatti nella vita reale è farmacista ma nel segreto della sua casa e dei gruppi su Facebook è curiosissima esploratrice del mondo del gusto. Amante di tutto ciò che riguarda la cucina fin da bambina, si diverte a rivisitare in chiave moderna ricette antiche ispirandosi alle tradizioni della sua Sicilia. Nel tempo libero si diverte anche a scoprire nuovi posticini sparsi qui e là dove sfidare la sorte con nuovi piatti e nuovi cocktail”. (I dati sulle due autrici sono tratti da Wikipedia, dal sito della Editrice Mondadori e dal periodico palermitano “Balarm”).
Ecco come le due autrici presentano “La cuntintizza”: “Questo libro nasce da un'intesa, quella fra Simonetta e la nipote Costanza, dalla consuetudine dei loro incontri palermitani e da occasionali considerazioni sul piacere legato al rito dell'aperitivo, ponte fra generazioni e culture diverse. Da quelle considerazioni è stato quasi automatico arrivare alla contemplazione di tutte le piccole ragioni della bellezza del vivere che costellano la quotidianità del nostro sentire. Con altrettanta naturalezza Simonetta e Costanza sono arrivate a scoprire che quelle "piccole ragioni" ben potevano essere ospitate nell'accogliente guscio di quella che, nel patrimonio linguistico siciliano, suona come cuntintizza. Ecco dunque questo fascinoso duettare che, con ricchezza di episodi e di memorie famigliari, evoca il sottile piacere di arrotolare una pallina di zucchero e caffè, la sensualità dell'affondare le mani nella pasta frolla, il conforto di quel "quanto basta" che abita nelle ricette, lo struggimento con cui si accarezza l'oggetto appartenuto a una persona scomparsa, la meraviglia che dispiegano le pale puntute del fico d'India, la delicata cascata di calici, bicchieri e bicchierini colorati (…)”.
Le pagine del libro sull’ “Oasi” di Troina sono a firma di Simonetta Agnello Hornby. In un breve capitolo intitolato “Concetta Rundo di Troina”. Una libraia. E già questo non può che considerarsi un magistrale tocco d’autrice. Di norma sono i librai a parlare degli scrittori e delle scrittrici. Qui i ruoli si invertono. Con curiosa originalità.
Scrive la narratrice siculo-inglese: “Nel gennaio di quest'anno sono stata nella Libreria Città Aperta di Concetta Rundo, la sola a Troina, un paese aggrappato alla sua montagna, sui monti Nebrodi.
La libreria era ordinata, luminosa, invitante, con pile di volumi dappertutto, arredata con sedie, mobili, tavolini realizzati con materiali di recupero. Le strade e le scalinate della cittadina erano pulitissime, la gente rilassata e serena. Non mi sembrava neppure di trovarmi in Sicilia, ero curiosa di sapere come mai un paese come Troina fosse così lindo e pacifico, a paragone degli altri centri abitati dell’isola.
Concetta mi ha spiegato che tutto ha una matrice unica: la presenza e l’esempio dell'Istituto Oasi Maria Santissima di Troina, un’opera, più che un centro, voluta sessant’anni fa da padre Luigi Orazio Ferlauto, «giovanissimo prete di campagna», uomo di grande carisma e dai progetti utopici.
Non si può che considerare davvero utopia un’opera di solidarietà che ha cominciato con l’accogliere in una minuscola casa in affitto disabili e “figli dei quali provare vergogna”, e ha finito per essere riconosciuta centro di eccellenza e Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) dal WHO, l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“Padre Ferlauto” si legge negli archivi che testimoniano l’operato del carismatico prete “era rimasto colpito dalle condizioni dei disabili mentali del paese e, tra il 1953 e il 1955, ave va adunato attorno a se un gruppo ardimentoso di volontarie consacrate, con l’obiettivo di creare un Santuario della Bontà e una Casa per i disabili della Sicilia.”
Con giustificato orgoglio, Concetta mi ha raccontato che nel 1996 è nata una collaborazione tra il WHO e l’istituto, in qualità di Collaborating Center for Research and Training in Neuroscience, e che alla fine del secolo scorso si è costituita a Pechino (distretto di Shunyi), in accordo con il Dipartimento di Cooperazione Internazionale del Ministero della Sanità della Repubblica Popolare Cinese, la Fondazione COCE(China Oasi Center for Epilepsy) per la cura e la ricerca nel campo dell’epilessia.”
La conversazione continua ed un vero e proprio feeling si stabilisce e traspare rigo dopo rigo tra la scrittrice e la libraia, a sua volta scrittrice, operatrice culturale a tutto tondo, vulcanica, ottima attrice di teatro sperimentale, figura di cui Troina, cittadina di ormai appena 8.500 abitanti, aveva bisogno. Con una indubbia dose di ironia e reciproca autoironia chi firma questo articolo ne conferma la definizione di “libraia più brava del mondo”.
Ma torniamo alla narrazione della Agnello Hornby:
“«Padre Ferlauto» ha proseguito Concetta «ci ha lasciato una grande e nobile verità: siamo diversi per capacità, quindi i più forti devono prendersi cura dei più deboli: questo è essere solidali. Tale concetto è sintetizzato bene in una frase che il sacerdote non si stancava di ripetere e che ha voluto riportare sui muri all’ingresso dell’istituto: “Ognuno è qualcuno da amare”. É davvero ciò che traspare nei gesti di chi, a qualunque titolo, porta avanti quotidianamente quest’Opera mirabile che è l’Oasi, ponendo al centro di tutto l’individuo, il più debole, riconoscendone le esigenze speciali e prendendosene cura secondo criteri socio-sanitari aperti, capaci di generare solidarietà.»
«Una possibilità di riscatto dall’indifferenza» prosegue Concetta «ci ha lasciato in eredità padre Ferlauto. Una possibilità che coincide con il suo più grande progetto/utopia che prese forma più di vent’anni fa: la nascita di una “Città Aperta” — da qui il nome della mia libreria» ci tiene a sottolineare Concetta - «dove forti e deboli possono convivere e condividere, ed essere insieme terreno e frutto.»
Padre Ferlauto amava spiegare la sua missione e il suo operato con alcune frasi che usava quasi come slogan. Concetta me ne ha volute citare alcune, forse quelle fondamentali: “A Dio la gloria, al prossimo l’utile, a me il lavoro”; “Amare i deboli e i malati mentali come vorremmo essere amati noi e, se possibile, amarli ancora più di noi”; “Amare i deboli senza preferenze”; “Amare chiunque bussa al nostro cuore”. E mentre lei parlava, mi calava dentro una cuntintizza lieve ma indimenticabile.
Al momento del congedo, Concetta ha voluto salutarmi con queste parole: «Dovremmo accogliere gli esseri umani uno a uno. Tutti. E non solamente i meno abili. Metterci a disposizione dell’altro come vorremmo che l’altro facesse con noi».
Da conservare nella cassaforte dei ricordi incancellabili gli apprezzamenti con i quali la Agnello Hornby conclude il capitolo dedicato alla “cuntintizza” che le hanno procurato il breve soggiorno a Troina, l’incontro con i lettori nella libreria “Città Aperta”, la conoscenza dell’“Oasi” in lei persona che nella vita si è quotidianamente confrontata con la disabilità del figlio, la conversazione con la libraria: “Che grandi parole, che grande persona, che grande libraia Concetta Rundo!”.
Che la Agnello sia una “signora” scrittrice tradotta in tutto il mondo e perché lo sia lo confermano i suoi libri e – in presa diretta, con queste sue pagine che abbiamo voluto riportare integralmente – lo conferma la capacità di incasellare nel suo itinerario e nella sue storie di “cuntintizza”, di “piccole ragioni della bellezza del vivere”, i quasi settanta anni di esistenza e di ragion d’essere dell’Oasi. Si è districata in una sintesi mirabile di date, affermazioni, idee-forza e concetti (a lei ripetuti da Concetta, il gioco di parole è voluto). Dimostrano con quale approccio “aperto” – gli slogan e anche le insegne commerciali in questo caso hanno un senso preciso – l’“Oasi” e Troina accolgono e considerano la disabilità psicofisica in genere ed il ritardo mentale in particolare.

3.Dalla Agnello Hornby alla Scolla: dalla grande scrittrice alla mamma-scrittrice (e “utente” delle prestazioni sanitarie dell’Oasi)
Marika Scolla vive a Sortino, in provincia di Siracusa, con il marito Nello. Nel libro “L’amore ci fa volare”, Editrice Piemme 2022, racconta la sua vicenda umana. Tanto tremenda da mettere in ginocchio chiunque. Ma la Scolla, per riprendere l’espressione usata sopra, è un’altra di quelle “donne con gli attributi”, capaci di trasformare un dramma in una lotta, una sofferenza in un impegno di vita, una prova durissima in un riscatto. Con la fede, con amore, con la saldezza del suo rapporto coniugale con Nello – senza il “fronte unico” di moglie e marito in casi del genere non si va da nessuna parte – con l’incrollabile caparbietà del suo amore materno. I suoi due figli – Sofia, 14 anni, e Gaetano, 8 anni – sono nati segnati da una malattia genetica. Solo venti casi nel mondo. Li rende paralizzati, incapaci di comunicare, costretti ad un alimentazione tramite Peg, colpiti da ripetute crisi epilettiche resistenti ad ogni tipo di farmaco.
Una malattia diagnosticata a Troina, all’Oasi, dopo lunghissime, ostinate ricerche scientifiche.
Leggiamo nella sinossi di “L’amore ci fa volare”: “Marika è la mamma di Sofia e Gaetano, la cui vita è stata stravolta da una sigla: ACTL6B. Un gene di cui si sa pochissimo, ma che ha reso tutto difficile per lei e suo marito Nello. Oggi Sofia ha quattordici anni e Gaetano otto: due stupende farfalle, come le chiama Marika, ma che non hanno mai potuto camminare, giocare, chiamare mamma e papà. Quanta impotenza, quanta rabbia all'idea che non possano né potranno mai spiccare il volo. Quante notti insonni, quanti sacrifici e quante preoccupazioni per la loro salute delicatissima, quante giornate trascorse in ospedale a rincorrere speranze. La quotidianità è scandita da orari, regole, procedure da rispettare scrupolosamente; non esistono distrazioni né cambiamenti di rotta. Ma a casa di Sofia e Gaetano splende ugualmente il sole: basta un sorriso, un istante di serenità. E grazie all'impegno dei medici la loro rara malattia genetica è diventata oggetto di ricerche a livello internazionale, che potrebbero aiutare altri bambini in futuro. Marika e la sua famiglia hanno scelto la felicità, dopo aver capito che l'amore può far volare anche chi è nato con le ali rotte. Questo libro è la storia di una mamma che ha saputo trovare una forza interiore prima impensabile, una forza plasmata dal dolore, che cresce nella fede in Dio e si consolida in ogni piccolo gesto per rendere più lieta e serena la vita dei suoi figli. Perché anche quando il destino ci è avverso non dobbiamo mai rattristare il nostro cuore e la nostra mente, ma anzi, aprire il nostro cuore e aprire la nostra mente”.
Un articolo-intervista a Marika Scolla, molto attento, a firma della giornalista e scrittrice spezzina Fulvia Degl’Innocenti, è stato recentemente pubblicato sul numero 19 del settimanale “Famiglia Cristiana” con il titolo “Quanta tenerezza per le mie farfalline che non volano”.
La signora Scolla a 30 anni è incinta della sua primogenita. Accantona il progetto della laurea in Economia e accoglie con gioia assieme al marito la nascita della figlia. La chiamano Sofia. Ma, come Marika racconta nel suo libro-testimonianza e come ribadisce nell’intervista, “Sofia però, già dai primi giorni ha gravi difficoltà nella suzione, vomita, è scossa da spasmi. Comincia la trafila degli ospedali in attesa di una diagnosi e di una cura. Ma una cura non c’è e i medici non lasciano speranza: Sofia non si muoverà, non parlerà, avrà bisogno di attenzioni costanti. L’amore dei genitori e di tutta la grande famiglia per quella bambina speciale è enorme, ma c’è il sogno di avere un altro figlio, con la speranza che non si verifichino gli stessi problemi”.
Sofia diventa una delle numerose ospiti “speciali” dell’“Oasi”. Seguita nel centro specialistico nella neuroriabilitazione e nella ricerca sulle malattie rare. Numerosi gli incontri con i medici di Troina. E poi, al tirare delle somme, viene fuori una percentuale che non rassicura. Perché nulla garantisce che non si ricada nella frazione negativa della percentuale: “C’è il 25 per cento di probabilità che non si ripresenti la stessa patologia. I due coniugi decidono di tentare, di rischiare. Confidano nella fede che dà loro forza. L’ecografia rivela che si tratta di un maschietto. Le probabilità che sia malato diminuiscono, dicono i medici. E infatti quando Gaetano nasce sembra che tutto vada bene. Ma dopo pochi giorni, come in un film già visto, si ripresentano gli stessi problemi. Anche lui ha la stessa patologia della sorella. L’unica differenza è che ora sanno già come affrontarla. La diagnosi definitiva arriva quando Sofia ha 10 anni, frutto di una lunga ricerca genetica condotta dai medici di Troina in collaborazione con un istituto francese. La malattia si chiama ACTL6B ma non c’è una cura”.
ACTL6B. Sembra uno dei tanti pin – informatici, bancari, previdenziali, da spid, da app – che angustiano la nostra vita di tutti i giorni. Invece per la famiglia di Sortino è una arida definizione scientifica di una delle tante malattie rare, anzi in questo caso rarissima, che funestano e sconvolgono la vita. Ma che i due genitori “sfidano” ventiquattro ore su ventiquattro.
Marika trova la determinazione di scrivere un libro sulla vicenda il cui sottotitolo è un manifesto: “Storia di una famiglia che ha scelto di essere felice”. E’ tutto un programma della sfida quel sottotitolo.
Racconta la mamma-scrittrice alla giornalista scrittrice di “Famiglia Cristiana”: “Io ho sempre amato i bambini. Ma con i miei figli, vedendo la loro fragilità, il mio amore per loro è diventato immenso. Il mio solo scopo è garantire loro una vita che, anche se di normale non ha nulla, sia il più lieta possibile. Le mie esigenze le metto da parte, mi basta una passeggiata di un’ora ogni tanto, una seduta dal parrucchiere, per il resto mi prendo cura di loro. So di dover essere sempre forte. Sapere interpretare le loro esigenze, questa è la missione della mia vita. Ogni giorno c’è una sequenza di azioni che vanno ripetute, loro non sono mai andati a scuola, stanno sempre in casa, per questo abbiamo preso una dimora a piano terra con un bel giardino. Solo per Gaetano viene una maestra a domicilio per qualche ora. Poi c’è la fisioterapia, il bagno, le medicine perché si ammalano spesso. Da un anno Sofia, a causa di una grave scoliosi che le comprime la cassa toracica, ha bisogno sempre dell’ossigeno, di notte io dormo con Gaetano e mio marito con Sofia, perché hanno bisogno di assistenza sempre e dobbiamo svegliarci spesso. Io le chiamo le mie farfalline, perché sono bellissimi anche se non possono volare. Eppure malgrado tutto ciò la nostra è una casa allegra, con mio marito scherziamo molto”.
Parole che commuovono. Nel mondo impazzito ed in guerra la storia vera – quella d’ogni giorno, della vita per gli altri e non delle bombe – la fanno persone come Marika e il cinquantaduenne Nello.
Ma perché la voglia – e poi la concretizzazione del proposito – di scrivere un libro su questa vicenda di sofferenza ma anche di accettazione e di amore infinito per i due figli così bisognosi di quell’amore? La risposta di Marika Scolla non solo spiega ma disarma: “Ho scritto il libro proprio per lanciare un messaggio di speranza che possa aiutare altre famiglie ad affrontare le loro difficoltà. Io mi rivolgo a Dio ed alla Madonna non per chiedere una guarigione, con tutte le disgrazie che ci sono nel mondo non mi sembrerebbe giusto, ma considero un miracolo della fede essere riuscita a mantenere un equilibrio nella vita, una resurrezione dal grande dolore che ho provato. Quando ho deciso di abbandonare l’ego in funzione della dedizione ho scoperto la felicità”. Ecco il punto. Ed ecco il perché di quell’esplicito sottotitolo del libro: “Storia di una famiglia che ha scelto di essere felice”.

4.Conclusioni
Abbiamo scritto di due donne straordinarie. La prima – nota, affermata – la conoscevamo già per i suoi libri, le sue molteplici attività culturali e professionali, la sua presenza in tv, il suo impegno etico e civile, il suo mix di sensibilità siciliana e pragmatismo inglese. E non può che lusingarci l’attenzione che con le sue parole e le sue pennellate di sentimenti – le une e le altre testimoni della vocazione per la scrittura – ha dedicato a Troina, all’“Oasi” al servizio dei più deboli della società, alla nostra amica “libraia più brava del mondo”.
Non conoscevamo invece Marika Scolla. Ma ci ha fatto immenso piacere conoscerla attraverso il suo libro e le sue parole. Scrittrice non per consolidata attività editoriale ma per “bisogno” di raccontare la storia sua e della sua famiglia. La storia delle sue “farfalline”. Anche lei ha incrociato per periodi molto più lunghi l’“Oasi” di Troina, la sua opera, i suoi servizi medici, la competenza dei suoi specialisti che sono stati all’altezza di diagnosticare una malattia talmente rara da essere stata finora diagnosticata in 20 individui su 8 miliardi di abitanti del pianeta. ACTL6B. Malattia incredibile, numeri incredibili.
Chissà quante volte Marika avrà percorso in direzione di Troina le strade dell’interno della Sicilia. Nella prospettiva di “sentenze” di speranza. E, ripercorrendo in direzione opposta, verso Sortino, quelle strade con invece nelle mani referti e dunque “sentenze” che non hanno lasciato spazio alle speranze del viaggio di andata. Su strade scoraggianti per fondo e tracciato si è inerpicata fin quassù per Sofia e per Gaetano.
Una lottatrice.
Il mondo è di chi sa trasformare la sofferenza in conquiste e non le conquiste in sofferenza. Come ha saputo fare Marika. Nella sua quotidianità. Con il suo libro-testimonianza. Con la sua “famiglia che ha scelto di essere felice”.
 di Pino Scorciapino

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