L’Italia nella trappola demografica subisce anche l’esodo dei giovani
Sono 128 mila le partenze nell'ultimo anno e quasi 5,3 milioni (dati Aire 1.1.2019) i residenti all'estero. È la fotografia scattata dalla XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana. Esso riflette sulla percezione e sulla conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi rispetto al migrante italiano. Gli indicatori statistici mostrano i danni provocati da oltre un decennio di crisi economica: più di 1,8 milioni di famiglie italiane in povertà assoluta per un totale di 5 milioni di individui, oltre 2 milioni e 350mila nel Mezzogiorno. L’età media di 45,4 anni, una diminuzione di 128mila nascite dal 2008, oltre 90mila residenti in meno in un anno, «l’Italia vive un pieno inverno demografico al quale si uniscono la bassa crescita economica, la formazione e l’istruzione inadeguate al livello europeo e internazionale di innovazione e di competitività». Il tasso di inattivi (cioè quelli che non cercano più lavoro) cala nella fascia tra i 15 e i 24 anni e negli over 50, aumenta nelle classi di età centrali. Sono oltre 3 milioni i Neet (Not in Education, Employment or Training) in Italia. Tra i 20 e i 34 anni l’incidenza è del 28,9% su una media europea del 16,5%.
A causa della crisi sono ricominciate le partenze. Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l’8,8% è, infatti, residente all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’AIRE, aggiornati al 1° gennaio 2019, sono 5.288.281. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del +70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’AIRE a quasi 5,3 milioni. Quasi la metà degli italiani iscritti all’AIRE è originaria del Meridione d’Italia (48,9%, di cui il 32,0% Sud e il 16,9% Isole); il 35,5% proviene dal Nord (il 18,0% dal Nord-Ovest e il 17,5% dal Nord-Est) e il 15,6% dal Centro.
Oltre 128 mila iscritti all’AIRE per espatrio nell’ultimo anno: da 107 province e verso 195 destinazioni diverse nel mondo. Da gennaio a dicembre 2018 si sono iscritti all’AIRE 242.353 italiani di cui il 53,1% (pari a 128.583) per espatrio. L’attuale mobilità italiana continua a interessare prevalentemente i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). Il 71,2 è in Europa e il 21,5% in America (il 14,2% in America Latina). Sono 195 le destinazioni di tutti i continenti. Il Regno Unito, con oltre 20 mila iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali, vi è la Germania. A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529).
Le partenze nell’ultimo anno hanno riguardato 107 province italiane. Con 22.803 partenze continua il “primato” della Lombardia, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702). Dal 2006 al 2019, il numero di chi va via è aumentato del 70,2%, gli iscritti all’Aire sono passati da poco più di 3,1 milioni agli attuali 5.288.281. Quasi la metà (48,9%) è originario del Sud, il 35,5% del Nord e il 15,6% del Centro. Le partenze nell’ultimo anno hanno riguardato 107 province, le prime sei sono state Roma, Milano, Napoli, Treviso, Brescia, Palermo. Con 22.803 partenze nel 2018, la Lombardia è la regione da cui sono andati via più italiani, seguita da Veneto (13.329), Sicilia (12.127), Lazio (10.171) e Piemonte (9.702). «L’inesorabile “vuoto” sociale che si sta creando – spiega Migrantes – è iniziato nel 1995, quando la popolazione ha cominciato a decrescere, complice un tasso di natalità già in declino e che oggi viene considerato il più basso al mondo al punto tale che il paese è caduto in quella che è stata definita la “trappola demografica”».
Nelle regioni settentrionali l’emigrazione verso altri paesi è l’unica opzione possibile, al Sud invece continuano i flussi interni verso il Nord. Se nel dopoguerra a partire era prevalentemente la manodopera dalle aree rurali del Mezzogiorno, nell’ultimo decennio il 70% delle migrazioni verso il Centro-Nord sono state caratterizzate da un livello di istruzione medio-alto. Così si contano circa 220mila laureati in meno tra i residenti del Mezzogiorno. Nel 2017 il 27% dei migranti totali da Sud a Nord erano laureati rispetto al solo 5% del 1980. Ancora nel 2017 circa il 40% dei residenti al Meridione si è spostato presso un ateneo del Centro-Nord. Secondo le stime fatte da Svimez, il Mezzogiorno disperderebbe un investimento pubblico pari a circa 1,9 miliardi annuo se consideriamo il solo flusso interno, quasi 3 miliardi con i trasferimenti di studenti verso atenei esteri.
Anche i «nuovi italiani» tendono a espatriare: negli anni tra il 2012 e il 2017, degli oltre 744mila stranieri divenuti italiani sono quasi 43mila le persone che hanno poi trasferito la residenza in un altro paese. Il 54,1% (oltre 13mila) solo nel 2016 con un’elevata quota di brasiliani (28%). «La percezione di una presenza straniera in Italia sempre più consistente è errata – conclude il report -. Di stranieri in Italia ne arrivano sempre meno e anche chi ha acquisito la cittadinanza vaglia sempre più spesso il trasferimento in un altro paese».
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