L'Italia e il coronavirus, così si ammala pure l'economia

Società | 25 febbraio 2020
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L’Italia rientra tra i paesi del contagio ed è terza al mondo per numero di infetti. Le conseguenze economiche saranno pesanti, per la sempre maggior integrazione dei mercati internazionali, ma anche per le misure precauzionali prese dal governo.

Il virus è arrivato in Italia

Giovedì 20 febbraio sono stati individuati i primi casi di diffusione del coronavirus in Italia. Il primo italiano a essere risultato positivo, un trentottenne residente in provincia di Lodi, ha aperto il vaso di Pandora. Subito dopo, infatti, analisi approfondite da parte dell’autorità sanitaria hanno individuato decine di altri infetti, soprattutto tra Lombardia e Veneto.

In breve tempo l’Italia è diventata il primo paese non asiatico per numero di contagi, terzo al mondo dietro a Cina e Corea del Sud. Il governo ha imposto la quarantena su dieci comuni del Lodigiano e su Vo’ Euganeo, in provincia di Padova, i due focolai da cui il virus si è trasmesso nel paese. In Lombardia si sono anche prese altre misure precauzionali, come la chiusura di scuole e università, dei locali a partire dalle 18, dei cinema e dei teatri. E in generale è prevista la cancellazione di tutte le attività aggregative. Molte aziende hanno invitato i propri dipendenti a non recarsi in ufficio e a lavorare in smartworking, se possibile.

Nei giorni precedenti era stato imposto il blocco aereo dei voli da e verso la Cina, un intervento unico rispetto agli altri paesi europei. Questa scelta, che sembrerebbe particolarmente radicale e quindi molto efficace, non è stata però accompagnata da massicci controlli delle persone che pur provenendo dal paese asiatico lo hanno fatto, per esempio, attraverso un volo con scalo. Persone che dunque sono state in grado di entrare nel nostro paese senza alcun tipo di monitoraggio sanitario.

Non è stato ancora identificato il cosiddetto “paziente zero”, cioè l’individuo che avrebbe contratto per primo il virus all’estero, portandolo poi in Italia.

I settori più colpiti 

Dopo un weekend nel quale la diffusione del virus in Italia è diventata certezza, le borse hanno riaperto registrando risultati molto negativi, con il Ftse Mib che nella giornata di lunedì 24 febbraio è arrivato a toccare il -6 per cento, per poi chiudere a -5,43. Milano è stata la peggiore d’Europa, ma ci sono state perdite importanti anche nelle altre borse europee. Il panico da coronavirus ha colpito anche lo spread Btp-Bund, che è aumentato di oltre 10 punti fino ad arrivare a 145 punti base. In tutto questo profondo rosso, l’oro, il bene rifugio per eccellenza, ha raggiunto i massimi degli ultimi sette anni per poi chiudere a 1.675 dollari l’oncia.

Sarebbe azzardato provare già a quantificare l’impatto economico delle misure precauzionali imposte dal governo a Lombardia e Veneto, tra le regioni italiane più produttive, ma possiamo iniziare a pensare ad alcune tendenze.

Il danno economico per l’Italia riguarderà sicuramente due aspetti cruciali: il turismo e il settore produttivo. I cinesi rappresentano una quota importante delle presenze turistiche in Italia, con quasi 300 mila arrivi nel 2014 e più di 450 mila attesi nel 2020, un numero che ora è destinato a crollare proprio a causa del coronavirus. Ci sarà sicuramente una perdita notevole, basti vedere il pernottamento medio dei cinesi rispetto ai turisti di altre nazionalità (figura 2). E, cinesi a parte, è verosimile attendersi una flessione complessiva dei flussi turistici verso l’Italia.

Guardando agli andamenti di borsa possiamo provare a capire quali sono i settori più a rischio: vi rientrano sicuramente auto, lusso e viaggi.

Per le quattro ruote, ci sono problemi sia dal lato della domanda che dell’offerta: è inevitabile che il settore dell’automotive risenta del calo della domanda dei mercati cinesi così come è inevitabile che le chiusure forzate degli stabilimenti in Cina danneggino le filiere produttive delle case automobilistiche. Quanto al lusso, a parte le conseguenze più ovvie legate a ritardi nelle forniture e al calo della domanda, potranno arrivare danni dovuti alla cancellazione di fiere e sfilate, oltre che alla mancata presenza dei buyer cinesi, tradizionalmente tra i più attivi.

L’impatto globale della crisi si nota anche dall’andamento delle principali compagnie aeree: il valore dei titoli di Lufthansa, Air France-Klm e Iag (che comprende British Airways, Iberia e Vueling) è in calo dalla fine del 2019 e, dopo una breve ripresa, è nuovamente crollato in seguito alll’arrivo del virus in Europa.

Figura 3 – Andamento dei titoli di Lufthansa (LHA.DE), Airfrance-KLM (AF.PA) e Iag (IAG.L)


Fonte: Yahoo Finance.

Il ruolo della Cina

Per quanto riguarda il settore produttivo, la Cina ha acquisito una rilevanza strategica fondamentale nella produzione industriale dei principali paesi avanzati, soprattutto grazie alla condivisione internazionale delle catene del valore (global value chain). Quando l’economia venne colpita dall’epidemia di Sars nel 2003, la Cina, pur avendo già intrapreso il sentiero di una prodigiosa crescita, aveva un Pil otto volte inferiore rispetto a quello attuale ed era molto meno integrata con il resto del mondo. È quindi ragionevole pensare che, dopo 17 anni, le conseguenze del coronavirus saranno ben superiori. Anche gli effetti sul resto del mondo saranno particolarmente pesanti e si sommeranno alla generale stagnazione che ha caratterizzato l’economia globale nel 2019. I primi segnali del rallentamento mondiale si possono intravedere dalle reazioni di molte delle big tech americane, che fanno riferimento a migliaia di imprese cinesi, come Foxconn, per la produzione di componenti per i dispositivi elettronici. Quasi tutte le grandi società tecnologiche hanno annunciato un calo dei ricavi nel breve periodo a causa dell’emergenza sanitaria cinese.

Figura 4 – Rapporti commerciali che scaturiscono dalle simple global value chains

Fonte: Wto Global Value Chains Report 2019.

In conclusione, non si può ancora determinare con chiarezza quale sarà l’effetto del coronavirus sull’economia italiana, europea e mondiale, così come non esistono ancora dati precisi sul crollo e l’eventuale recupero di quella cinese. Una parte delle reazioni degli ultimi giorni, come la corsa ai supermercati, è sicuramente dettata dall’isteria generale, ma ci sono importanti segmenti produttivi che stanno pagando cara l’incertezza che aleggia da mesi sul commercio e sui consumi internazionali. Una cosa è certa: questa epidemia conferma il ruolo della Cina come potenza economica, i cui drammi e le cui fortune possono rendere grandi o affossare le imprese di tutto il mondo.(info.lavoce)

Mariasole Lisciandro e Massimo Taddei


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Coordinamento Realtà della Scena Contemporanea

Istanza per uno stato di crisi rivolta al Ministro Franceschini

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C.Re.S.Co – coordinamento nazionale delle realtà della scena contemporanea- condivide e sostiene le azioni adottate dal Governo per il contenimento del Codiv-19.

Guidati dal medesimo spirito collaborativo, il coordinamento segnala, tuttavia, lo stato di impasse davanti al quale è venuto improvvisamente a trovarsi l’intero comparto dello spettacolo dal vivo, che trova nella mobilità e nella veicolazione di aggregazione due dei suoi valori fondativi.

La cancellazione ufficiale delle repliche nelle regioni del nord con conseguente annullamento di tournée per compagnie di tutto il territorio nazionale, la ragionevole defezione delle matinée da parte delle scuole anche nelle regioni al momento non ancora direttamente coinvolte, l’annullamento di festival e di attività di laboratorio, la mobilità bloccata per molti artisti con conseguente blocco dell’attività produttiva, tutto questo comporta un ingente danno economico (mancate entrate da sbigliettamento e da tournée) e normativo (giornate lavorative, giornate recitative, oneri).

Per questo motivo il direttivo di C.Re.S.Co, ha scritto, nel corso della giornata odierna, una lettera al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, on. Dario Franceschini, una lettera ufficiale in cui chiede che venga ufficialmente dichiarato lo “stato di crisi” dell’intero settore spettacolo dal vivo, stanziando fin da ora adeguate risorse economiche per un corretto svolgimento della progettualità culturale 2020. Nella lettera è stato inoltre richiesto che siano adottati provvedimenti normativi per evitare qualsiasi penalizzazione nei confronti dei soggetti finanziati dal FUS ai fini della rendicontazione del contributo pubblico, e che allo stesso fine siano allertate le Regioni e gli Enti Locali. 



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