L'inossidabile Clint Eastwood e la definitiva abiura del macho

Cultura | 9 dicembre 2021
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         Inossidabile, immarcescibile vecchio Clint (91 anni!), riesce ancora a montare e ad insegnare come montare a cavallo, a innamorarsi teneramente e fare innamorare, lasciandosi alle spalle (oramai da decenni) la cruenta figura dell’ispettore Callaghan, alla fine rifiutato, o quella più recente del lonely di sempre (l’indimenticabile trilogia di Sergio Leone, Il cavaliere pallido, Gli spietati) che riportano giustizia a suon di rivolverate, laddove non sembra possa esistere altro metodo “democratico”, mentre dal suo passato più recente emerge il malinconico fotografo dei Ponti di Madison County e il corriere pentito di The mule. Nell’ultimo pacato, crepuscolare, contemplativo Cry Macho-Ritorno a casa (2021) regia di Clint Eastwood - road movie che intreccia romanzo di formazione, echeggiando meno tragicamente quell’impossibile Mondo perfetto - il vegliardo è ancora sulla strada, guidando traballanti carcasse che appaiono come pendant della sua tarda età e dove il tema della mascolinità è appena sfiorato da rimembranze sussurrate, nonostante la presenza dell’agitato (e incompreso) adolescente che lui è incaricato di riportare al padre dal Messico in Texas, per sottrarlo ad una madre ebbra di uomini e di whisky, in compagnia di un gallo da combattimento, incarnazione e proiezione di quel che il vecchio cowboy, star dimenticata dei rodei è stato un tempo. Non a caso alla fine della pericolosa missione (costantemente minacciata dagli scagnozzi della donna) il giovane, recuperato anche moralmente e riconciliatosi con il padre, donerà a Mike-Eastwood il suo prezioso e provvidenziale pennuto, chiara rinuncia ad una vita precaria e violenta cui all’inizio sembrava votato e nel contempo riconoscimento e investitura, ma altresì chiara coscienza della fine, di quel ruolo di “macho” da tempo definitivamente abiurato. Sarà lui, Mike Milo, vecchio leone ultranovantenne, a restare in Messico tornando indietro dalla generosa locandiera incontrata durante il cammino, metafora d’una perenne riconciliazione tra Messico e Texas e ritorno ad una umanità verso il “diverso” già espressa nello splendido Gran Torino.  Non è mai troppo tardi per trovare finalmente la strada verso casa. Tratto dall’omonimo romanzo, scritto (e ambientato negli anni settanta) da N. Richard Nash, che dopo il doppio rifiuto della Century Fox della sceneggiatura lo pubblicò nel 1975, oggi finalmente, dopo vari fallimentari tentativi, anche un film.

Franco La Magna



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