L'impossibilità di partire dal porto di Palermo

Società | 1 giugno 2015
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Mi presento al porto di Palermo, molo Piave, alle 18:00 per imbarcarmi sulla nave per Salerno. Mi fermano :” Ha fatto il check in?” - “Non ancora rispondo” - “Vada alla biglietteria che adesso arrivo, dietro la rete gialla, sulla destra, nel container”. Pioviggina, raro in questo periodo ma sempre possibile quando le cose non devono andare bene. Mi reco nel posto indicato e … non c’è nessuno allo sportello. Metto il trolley ed lo zainetto al riparo ed attendo. Dopo dieci minuti, giustificatamente nervoso, lasciando i bagagli incustoditi, ritorno sui miei passi e da lontano mando dei segnali all’interlocutore di prima perché si decida a venire allo sportello per farmi il check in. Lui, impegnato in altre incombenze, mi fa capire che non può e che devo attendere. Dopo altri dieci minuti ed altre rimostranze, mi viene incontro ed insieme andiamo nel container per l’assegnazione della cabina prenotata e per stampare autorizzazione all’imbarco e chiave d’ingresso alla cabina. Mi avvio all’imbarco verso le 18:30 ma sono fermato. “Non può salire a bordo finché non finiranno le operazioni di sbarco di autoveicoli, camion e passeggeri. La nave proviene da Tunisi - territorio extracomunitario - ed è vietato salire. Passeranno almeno due ore e dovranno essere terminati i controlli doganali” Dichiaro che sono in possesso del biglietto d’imbarco, che ero stato invitato a presentarmi rigorosamente due ore prima della partenza (prevista per le ore 19:00) e che piove. Mi rispondono che non partiremo prima delle 20:30 e che, se voglio, posso riparami nel bar di fronte al molo perché la stazione marittima non è funzionante. Mi lamento un pò e mi reco di conseguenza, con trolley e zaino, nel bar indicato, piccolo, sporco, pieno di persone. Soffro in un ambiente così angusto, senza una sedia disponibile da mettere, magari, in un angolino per non disturbare altri clienti. Compro delle caramelle per dare una giustificazione alla mia presenza nel bar ma la sofferenza è troppa e continuo ad uscire, bagnarmi e rientrare. Assisto alle lentissime operazioni di sbarco: ogni tanto un autoveicolo od un rimorchio di TIR, qualche passeggero e qualche sequestro di sigarette. Alle 19:30 il bar chiude: è domenica! Quindi, si rimane sotto la pioggia leggera, ma incessante insieme con gruppi di donne e bambini extracomunitari che, sul muretto del bar, sono riparati da qualche plaid. Le operazioni di sbarco proseguono lentamente, anche perché si era guastato uno dei portelloni di attracco ed ora è in riparazione dimezzando, quindi, lo spazio per le uscite e successive entrate. Ogni tanto cerco di far valere le mie ragioni di cittadino e di viaggiatore, ma senza esito: polizia, guarda costiera, agenzia delle dogane, guardia di finanza, equipaggio mi danno torto e devo aspettare. Finalmente, dopo le 20:30, mi autorizzano l’imbarco, mi indicano l’accesso per salire al 4° piano (reception) e, ricordandomi il numero di cabina assegnato, mi indirizzano verso il settimo piano precisando che, comunque, non ci sono ascensori. Mi reco, con qualche difficoltà, con i miei bagagli, al settimo piano e, tentando di utilizzare il cartoncino che doveva fungere da chiave, cerco di aprire la cabina ma … il segnale emesso dall’apparecchio di chiusura rimane sempre rosso e me lo impedisce. “Che faccio?, posso lasciare incustoditi i bagagli e ritornare al quarto piano per un’altra chiave?”. Mi allontano dalla cabina per qualche corridoio e noto che era aperta una porta all’esterno che dava sul sesto piano. Vedo un componente dell’equipaggio che passa parlando al telefono. Lo chiamo nella speranza di farmi vedere e prima che sparisse alzo un po' la voce per richiamarne l’attenzione. “Senta” - dico - e lui “Un nu viri chi staiu parranno ‘o telefono?”. Mi sento in difetto, riprovo ad aprire la porta col cartoncino-chiave e, dopo sei tentativi, ci riesco. Entro in cabina, lascio i bagagli ed esco per scendere al quinto piano ove erano ubicati bar, ristorante e self-service. Dopo cena, intorno alle 22:00, scendo al quarto piano per la sostituzione della chiave e per aver notizie sull’orario della presumibile partenza. Mi sostituiscono la chiave con altra di carta e non sanno nulla sulla partenza della nave ma assicurano che in navigazione avrebbero recuperato il ritardo. Mi intrattengo una decina di minuti al bar e poi decido di andare a letto ma, sorpresa, dopo altri due piani a piedi, la porta non si apre. Chiedo aiuto ed ottengo, finalmente, una efficiente chiave di plastica. Vado a letto intorno alle 23:00 e non riesco ad avvertire alcun movimento che mi assicurasse che la nave fosse salpata. Mi addormento. La mattina successiva mi reco al bar per la prima colazione, mi informano che la nave era partita intorno alle 03:00 e che saremmo arrivati a destinazione non prima di mezzogiorno. In effetti la nave attracca al porto di Salerno dopo le 12:00, con oltre cinque ore di ritardo. Saltano i programmi della mattinata, ma tanto … Altra mezz’ora per le operazioni di sbarco ed alle 12:30 sono con i piedi sulla terra ferma. Sono riuscito ad evitare la fila dei controlli doganali perché ho fatto presente e dimostrato, con biglietto in mano, a più persone che provenivo da Palermo e non da Tunisi. Altrimenti, altra fila. Ce l’ho fatta! Ma che fatica e … venivo da una città di livello europeo! Per fortuna ero solo e non avevo famiglia al seguito ma pensavo ai bambini che la sera prima erano coperti da un plaid all’aperto, sotto la pioggia ed in attesa dell’imbarco. Da dimenticare!
 di Benedetto Fontana

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