L'importanza di una corretta spesa dei fondi europei per lo sviluppo
Stefano Brizzi III B Lsa
Nel corso della conferenza del giorno 25/11/2022, promossa dal centro studi “Pio La Torre”, dedicata all’analisi della crisi economica e delle connessioni con il PNRR e con l’Agenda 2030, sono intervenuti diversi esperti che hanno cercato di far riflettere gli alunni delle scuole che erano in collegamento, rivelando dati significativi circa la situazione economica italiana comparata a quella del resto d’Europa.
In particolare ciò che mi ha colpito di più è stata l’analisi dell’economia dell’Italia meridionale, sintetizzabile in una frase espressa da Adriano Giannola (presidente Svimez): mentre l’Europa avanza, “il Sud va a fondo”.
Infatti i dati riguardanti il reddito pro capite italiano, e del Mezzogiorno in particolare, rivelano una vera e propria discesa dell’economia italiana: in Europa siamo l’unico paese ad aver avuto una perdita di più di mille euro sul reddito pro capite, e nel Sud Italia il tasso di occupazione è inferire di una trentina di punti rispetto a quello europeo.
Tuttavia il decremento del benessere economico comune e la degradata situazione meridionale sono dovuti, secondo il presidente dello Svimez, alla volontà di avere un’autonomia differenziata da parte delle aziende del Nord, che portano ad un’interna disomogeneità e alla mancanza di coesione; tutto ciò provoca un calo dell’economia generale italiana e un drastico abbandono dei territori del Mezzogiorno, in cui molti dei lavoratori vengono considerati come “poveri” poiché hanno un reddito annuo inferiore a 11.500 euro.
Tale disomogeneità anziché produrre ricchezza al nord causa, piuttosto, un impoverimento complessivo dell’intera nazione, per cui il risultato è stato un processo di “meridionalizzazione” delle regioni settentrionali, in cui i parametri economici (reddito pro capite, tasso di disoccupazione…) sono diminuiti di decine di punti rispetto ai valori medi europei e anche rispetto ai valori italiani delle ultime decadi. Secondo Giannola, infatti, a breve l’Italia diventerà la più vasta area di disagio sociale, economico e produttivo dell’Unione Europea.
Secondo Adam Asmundo (professore dell’Università di Palermo) occorre ragionare sulla riprogettazione dei nostri processi produttivi e della nostra politica, auspicando che i ragazzi siano i veri protagonisti del cambiamento; personalmente mi trovo alquanto in linea con il suo pensiero di riforma, ma vorrei specificare che il cambiamento deve avvenire nella mentalità degli adulti, poiché nella maggior parte dei casi il pensiero dei giovani riflette gli insegnamenti, spesso sbagliati, dei genitori.
La fonte principale dei problemi economici italiani risiede soprattutto nel modo di pensare e ragionare comune; credo che manchi quasi completamente una disposizione d’animo volta al sacrificio e al lavoro, che sfocia inevitabilmente in una politica basata su raccomandazioni e affari illeciti: questo accade perché in Italia i giovani vengono spesso ammaliati dall’idea di non lavorare o di ottenere denaro facilmente, senza impegnare a fondo le proprie energie per raggiungere un obiettivo.
Inoltre credo che ci sia, soprattutto nel meridione, un diffuso sentimento di autocommiserazione, tramite il quale non ci si assume mai la responsabilità di nulla, e si dà completamente la colpa del fallimento o del mancato funzionamento di servizi ad altri fattori; questi ultimi sicuramente esistono e sono un grande problema da eliminare (pubblica amministrazione corrotta, tasse esageratamente alte, evasione fiscale, infiltrazione mafiosa tra i politici, economia sommersa delle grandi organizzazioni criminali…), ma non possono essere motivazioni che giustificano un modo di pensare così vittimistico, che va quasi ad avallare e ad elevare a modello quello stile di vita disonesto e opportunista, la cui conseguenza non è altro che un’inevitabile generazione di un circolo vizioso in cui non si capisce più quale sia la causa e quale sia l’effetto.
Per concludere, credo che la mentalità italiana dovrebbe cercare di mutare avvicinandosi di più a quella dei paesi più ricchi dell’Unione Europea, che hanno un’idea volta al sacrificio, al raggiungimento degli obiettivi comuni e all’assunzione delle proprie responsabilità.
Angelica Ranucci Classe 3 A LSA
Imparare dagli errori del passato è il primo passo verso l’evoluzione.
La storia ci insegna l’importanza della coesione territoriale e sociale come mezzo di sopravvivenza di un’organizzazione civile. Prendiamo in esame il Medioevo e il fenomeno del Feudalesimo: il primo sovrano che introdusse tale sistema fu Carlo Magno, con l’Impero Carolingio, distribuendo e affidando i vari territori a marchesi, duchi e conti i quali erano comunque subordinati al re. Notiamo quindi che con tale divisione il disegno di Impero unico e indissolubile andava via via sgretolandosi in una lotta interna , che ambiva al raggiungimento della propria egemonia sull’altro, portandolo alla distruzione. L’Italia in questo periodo storico vive una forte divisione sociale, economica e governativa: la parte centro-settentrionale affidata a Lotario, mentre quella meridionale governata prima dalla Chiesa, dai bizantini e dai ducati longobardi, poi da una monarchia normanna fortemente repressiva nei confronti di movimenti indipendenti.
Annientando l’altro, l’uomo annienta se stesso. Pensando a se stesso, l’uomo indebolisce l’altro.
L’Italia ad oggi come più di 100 anni fa non riesce a raggiungere un’omogeneità. Agli occhi dell’Unione Europea sembra un corpo senza forma, scoordinato. Nel 2007 l’Italia e tutto il resto dell’UE, vive una profonda crisi finanziaria, di cui ancora stiamo pagando le conseguenze, non riuscendo a recuperare il reddito prodotto in quell’anno. L’UE quindi stabilisce per l’Italia un recovery fund, in cui stanzia duecentonovemiliardi di euro semplicemente a due condizioni: ridurre il divario nord-sud e aumentare la coesione sociale , dove 129 miliardi sono un prestito; un altro modo per indebitarsi, in cui il prezzo più alto lo pagheranno i comuni cittadini con l’imposizione di tasse sempre più salate …ma come si può pretendere di viaggiare con una macchina se non vi è benzina? Credo nei punti di forza che l’Italia ha, ma non credo nella loro attuale gestione. Il PNRR realizzato dal governo Draghi è sostanzialmente costituiti da bandi, i quali vengono assegnati in base alla capacità dei vari comuni nella realizzazione di progetti. Creare competitività però significa compromettere ancora di più il sottile equilibrio nazionale. L’Italia a questo punto non ha bisogno di fondi per ripartire, ha bisogno di uno Stato presente, attivo, decisivo che conosca veramente la sua storia e il ruolo che ha avuto nel tempo. Sin dall’antichità, soprattutto la zona meridionale, è stata anche meta di conquista di molti altri popoli (arabi, turchi, greci, normanni) e non è un caso: la sua posizione strategica e il ruolo di coordinatore dell’economia mediterranea con il resto del mondo permetteva una fonte di arricchimento inestimabile. Ancora una volta l’Italia non ha imparato nulla sul suo grandioso passato. Oggi il Mediterraneo è il centro della globalizzazione ma il nostro Paese ha un peso diverso, quasi marginale, in cui il Meridione, vero cuore di questo sistema di reti commerciali, non viene valorizzato e l’economia italiana si aggrappa a quelle dei Paesi limitrofi. Per di più osservando la situazione nazionale interna, l’Italia è colpita dalla famosa “fuga di cervelli” dal sud al nord e dal nord all’estero, e questa emigrazione d’èlite di sola andata, va ad indebolire maggiormente anche le tasche delle famiglie italiane di ben tre miliardi di euro annui, andando inoltre ad intaccare la demografia, il tasso di occupazione e il tasso di natalità (quest’ultimi due già molto bassi rispetto all’UE).
E’ quindi necessaria una riforma imminente, che vada prima di tutto ad intervenire sulla modalità di gestione dell’Italia e poi sulla formulazione di idee e progetti inclusivi e che permetta al nostro Paese di ritornare ad essere una potenza indipendente capace di garantire un futuro per le nuove generazioni, con un’economia stabile e di conseguenza con un clima sociale più sereno e coeso.
Petruccelli Davide III B Lsa
La pandemia da Covid 19, in un paese già fragile come l’Italia, ha peggiorato ulteriormente la situazione, basti pensare che nel 2020 il pil si è ridotto dell’8,9%. Ancora più problemi sono stati riscontrati nel Sud Italia, il nuovissimo rapporto SVIMEZ (28 Novembre 2022), ad esempio ci dice che delle persone che dall’ultimo rapporto sono cadute in stato di povertà il 66% risiede proprio nel mezzogiorno. Le mafie e di conseguenza tutti gli infiltrati nella politica legale ad essa legati, sfruttano questa problematica situazione a loro favore, generalmente aiutando i più bisognosi senza chiedere nulla in cambio per poi ricomparire in un secondo momento e chiedere a coloro che hanno aiutato favori terribili, come omicidi o addossarsi la colpa di un reato per coprire le spalle di mafiosi. Per fortuna lo stato non sta facendo finta di niente ed ha scritto il cosiddetto PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che prevede lo stanziamento di 750 miliardi da ripartire in 6 missioni:”
Inoltre il piano ha destinato 82 miliardi al solo sviluppo del mezzogiorno, con l’obiettivo di appianare queste differenze presenti ormai da troppo tempo. Un'altra problematica che affligge questa terra e che certamente contribuisce a compromettere l’economia locale è la disoccupazione femminile, quasi il 52% delle donne maggiorenni del Sud sono disoccupate, forse a causa della mentalità arretrata del posto, che prevede una famiglia in cui la mamma deve dedicarsi esclusivamente a cose di casa mentre il papà “si spacca la schiena e sfama la famiglia” ed anche per gli imprenditori, che evitano di assumere donne giovani per la preoccupazione che esse possano decidere di avere un figlio a breve, costretti a pagare lo stipendio di una persona che non lavora.
A mio avviso la situazione dell’Italia è grave ed è da apprezzare l’intervento dello stato, nella stesura degli interventi da attuare, ma solo il tempo ci dirà se questi sforzi saranno ripagati. Io però penso che il piano non vada visto come l’unico fattore che aiuterà la situazione ma solo uno dei tanti. In ogni nazione sono presenti le imprese, che hanno il compito di sorreggere l’economia di un paese e un modo per aiutare queste aziende è proprio quello di investire su di esse; allo stato attuale sono poche le persone che lo fanno, che ci credono… e come biasimarle, con tutti i problemi che affliggono il paese, “tanto bello quanto inutile” sarebbe strano il contrario. Io però spero vivamente che questo piano possa rappresentare un input di ripresa tale da convincere gli imprenditori e gli investitori a credere a questo progetto, perché la voglia di combattere contro i mafiosi, i politici corrotti, i funzionari negligenti che pensano solo ad arricchire se stessi, che sfruttano fino al midollo questa Italia dolorante; questa voglia non si deve mai perdere!
ANTONIO FAIOLA 3^B LSA
Il mondo è bello perché è vario. Forse, però, l’Italia varia un po’ troppo.
Il divario Nord-Sud, uno dei temi trattati nella conferenza del Progetto Educativo Antimafia Pio La Torre insieme a quello del PNRR e dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sono strettamente legati tra loro. Cerchiamo di capire il perché.
Dal 1998, secondo Adriano Giannola, presidente di Svimez ed economista, sarebbe cominciata la crisi del Nord, la locomotiva d’Italia. Ben un decennio prima della crisi globale, che di certo non ha aiutato, a causa di una disattenzione politica e del disinteresse nell’ammodernamento del Paese, l’economia italiana ha cominciato la sua picchiata. Declino del Nord significa declino del Mezzogiorno: a causa delle disuguaglianze tra le due aree, la forza lavoro e le giovani menti del Sud si vedono obbligate a lasciare casa e trasferirsi a Nord, se non addirittura all’estero, peggiorando la situazione del meridionale.
Tuttavia, negli ultimi anni, per alcuni aspetti potrebbe sembrare che la situazione italiana stia migliorando: aumenta il numero di esportazioni, diminuisce il tasso di disoccupazione, crescono gli investimenti pubblici e le risorse per il Sud. Perché, però, il debito pubblico, l’inflazione e la povertà assoluta stanno aumentando? In queste condizioni, la crescita causa disuguaglianza: investimenti non produttivi (come quelli sul settore immobiliare) e aziende che approfittano della situazione attuale del mercato aumentano la disparità tra ricchi e poveri.
L’arrivo della pandemia di Coronavirus e il recente conflitto in Ucraina rappresentano per l’economia italiana il colpo di grazia. Questi fattori influiscono negativamente anche sull’economia dell’Unione Europea. Utile, se non necessario, diventa il PNRR.
Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è un pacchetto di investimenti articolato in sei missioni:
Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;
Rivoluzione verde e transizione ecologica;
Infrastrutture per una mobilità sostenibile;
Istruzione e ricerca;
Inclusione e coesione;
Salute.
Il PNRR, però, non è una novità: è già dagli anni ’50, con la Cassa per il Mezzogiorno, che nasce l’idea che il potenziamento del Sud sia la chiave per una più florida economia del Paese. Ma siamo certi che i fondi che arriveranno nell’ambito nel programma Next Generation Eu (circa 800 miliardi che l’Unione Europea vuole investire per lo sviluppo economico) vengano gestiti in maniera efficiente dall’Italia? Il PNRR potrebbe essere inadeguato?
Dati alla mano, circa un quarto dei 191,5 miliardi destinati all’Italia saranno investiti sulla rivoluzione verde e transizione ecologica, e una porzione simile per la digitalizzazione e innovazione del Paese. Solo il 10% dei fondi saranno indirizzati a una maggior inclusione e coesione: solo parte di queste risorse sarà utilizzata per ridurre le disparità tra Nord e Sud.
Diversi economisti sono d’accordo sul fatto che il potenziamento del Sud, da un punto di vista economico e sociale, sia la chiave di volta per la ripresa del Paese. Valorizzando la figura dell’Italia nel Mediterraneo, centro degli scambi commerciali da millenni, ridurremmo in maniera sostanziale le emissioni di CO2 del Paese. La maggior parte degli scambi commerciali, oggi, è effettuato su ruote. Tagliando queste rotte commerciali a favore di quelle marittime, saremmo in grado di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 senza dover necessariamente modellare un nuovo sistema di produzione energetica. Non sembra, però, che queste siano le intenzioni del Governo italiano riguardo i fondi che stiamo per ricevere.
È possibile concludere la relazione con le parole di Adriano Giannola: il Sistema Italia non funziona. Le risorse ci sono: da sempre la Penisola è culla dell’arte, della cultura e del benessere economico. Oggi, però, nemmeno con i fondi stanziati per la ripresa dalla pandemia sembriamo essere capaci di risollevare una situazione stagnante da troppo tempo.
ERCOLE LUDOVICA CLASSE 3 A LSA
In quanto cittadini italiani, talvolta compaesani o corregionali, educati e cresciuti con valori e insegnamenti comuni, noi ragazzi ci troviamo a intraprendere percorsi più o meno simili. Nord, Sud e Centro Italia, ad oggi zone distinte in fatto di economia, sviluppo sociale e sfruttamento delle risorse, continuano a trasmettere un messaggio comune: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, come recitato nel primo comma dell’art.1 della Costituzione. Il lavoro in quanto fonte di dignità, di benessere e conseguenzialmente di stabilità economica e finanziaria, è uno dei pilastri su cui la nostra esistenza si basa. Nel concreto, lavorando guadagniamo, guadagnando possiamo permetterci giornalmente dei pasti sufficienti a tavola, una casa e il cosiddetto “vivere bene”.
Purtroppo ad oggi questo genere di possibilità in Italia inizia a scarseggiare, tanto che i giovani tendono a migrare verso Paesi dove la forza lavoro e i posti di lavoro raggiungono cifre nettamente superiori. Qual è quindi la falla nel sistema italiano?
Il maggiore ostacolo si ha appunto nella disomogeneità tra il Settentrione e il Mezzogiorno; ma un ulteriore danno è dovuto alla mancanza di sfruttamento dei beni naturali di cui la nostra penisola è ricca. Per millenni il Mediterraneo è stato luogo di scambi commerciali e punto di incontro tra culture differenti, nonché uno delle principali fonti di guadagno per l’Italia, unico Stato che è bagnato da esso da ogni lato. Ai nostri giorni però anche questa risorsa ha iniziato ad essere sempre meno sfruttata al punto da divenire quasi inesistente. Un tempo sarebbe stato surreale pensare che merci provenienti da grandi imbarcazioni potessero arrivare prima nel Nord, per poi viaggiare via terra sino alle terre meridionali. Si tratta di un fenomeno del tutto anti producente per lo sviluppo dell’Italia; la debolezza di un estremo comporta un grave problema per tutto lo Stato.
In aggiunta alle problematiche presentate, il periodo storico in cui viviamo ha aggravato ulteriormente la situazione. L’emergenza sanitaria dovuta alla nascita e alla diffusione del Corona Virus, conosciuto come Sars-Covid19, ha infatti creato un blocco a livello economico, la cui soluzione è racchiusa nel PNRR (Piano Nazionale Ripresa Resilienza), attualmente ostacolato dalla guerra tra la Russia e l’Ucraina.
Queste problematiche, apparentemente infinite, oltre che spingere i neolaureati a spostarsi in cerca di condizioni meno precarie, causano una correlazione automatica tra l’Italia ed i disagi, mettendo in secondo piano il dignitoso passato ad essa legato. Viviamo in uno Stato che possiede infatti il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale ed è stata madre di immortali poeti, scrittori e artisti.
Nonostante gli errori compiuti nel passato nei confronti del nostro Paese non siano stati causati direttamente da noi, è però nostra responsabilità rimediarvi, valorizzando la bellezza del territorio italiano, sfruttando tutti i suoi beni e riuscendo a non dipendere dalle risorse forniteci dagli altri.
Alla luce di ciò, l’utilizzo di metodi intelligenti ed efficaci è la base per la ripresa dell’Italia, collaborando tra di noi tale impresa non sarà più un lontano sogno ma diventerà la nostra realtà.
Elisa Saccoccio 3 C LSA
Oggi più che mai possiamo notare come le istituzioni siano in difficoltà a causa dell’avvento della pandemia e dell’inizio del conflitto Russia-Ucraina in Oriente, che hanno portato a un’inevitabile crisi sociale, politica economica e finanziaria nonché a un divario tra le varie zone della nostra nazione. In realtà, queste due non sono le uniche e neppure le prime cause che hanno generato questo stato di crisi generale.
Infatti, questa è il frutto della somma di una serie di altri eventi più o meno gravi avvenuti non sono in Italia e non solo in Europa.
Dunque, per comprendere questa situazione di crisi dovremmo iniziare a pensare più in grande e partire da un più ampio raggio globale per poi arrivare al nostro specifico caso, quello dell’Italia.
Di fatto è proprio dal punto di vista mondiale che iniziano a presentarsi i primi effetti che caratterizzano la crisi economica, i quali sono da datarsi già all’inizio del 2007 quando cominciò a decadere il settore immobiliare, della finanza e il mercato delle materie prime. Proseguendo poi negli anni successivi (2008-2009) nei quali ci fu il crollo del PIL in numerosi paesi del mondo, l’uscita dalla crisi e la lenta e disomogenea ripresa economica affiancata dall’ondata di incertezza indotta dai timori per la sostenibilità dei debiti sovrani europei, specialmente dei paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna).
Il problema dunque ha le sue radici anche nel cuore dell’Europa dalla cui banca centrale (BCE) sono partire delle risposte politiche necessarie per la sua soluzione e per dare sostegno ai paesi più in difficoltà (2012). Sono state dunque istituiti, l’ESM che gestisce un fondo di salvataggio dei paesi che non riescono più a collocare i titoli pubblici sul mercato e il programma OMT che sostiene con politiche di bilancio e l’acquisto illimitato sul mercato secondario, le quotazioni dei titoli dei paesi in difficoltà.
Come anticipato tra i vari paesi a chiedere aiuto all’Europa troviamo certamente l’Italia che ovviamente risentendo della pressione proveniente dall’esterno, già nel 2007 cominciava a manifestare i primi sintomi di quella che sarebbe diventata una vera e propria crisi economica che ha avuto poi modo di evidenziarsi maggiormente durante gli anni della pandemia; lo si può vedere nella diminuzione dello stesso stipendio, del reddito pro-capite passato dal 109% (2001), al 94,6% (2019).
Inoltre, l’Italia cominciava ad avere un forte decremento demografico che ha fatto aumentare il numero delle persone da sostenere, in quanto al di fuori della forza lavoro anche se ne hanno la possibilità, specialmente nel sud.
È proprio l’Italia meridionale, infatti, a rappresentare in maggior modo la crisi economica; così come l’Italia si trova in una continua lotta contro il tempo e le difficoltà per cercare di raggiungere la ricca potenza che rappresenta l’Europa, il sud Italia stenta a raggiungere il nord. Di fatto esiste un netto divario tra i due; questa differenziazione è iniziata a crearsi già dalla fine del 1800 a partire dall’industrializzazione del paese; alla data dell’Unità, tra Nord e Sud esistevano differenze sociali come evidenziato da fattori come l’analfabetismo o dalle stime dei redditi che implicavano sempre e comunque un vantaggio del Nord. Questa situazione nel corso degli anni, però non è andata migliorando, infatti nel 2001 le regioni del sud erano già agli ultimi posti delle stime europee.
Si tentò di finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del meridione d'Italia, allo scopo di colmare il divario con l'Italia settentrionale già nel 1950 quando fu fondata la Cassa del Mezzogiorno: un ente pubblico italiano creato dal Governo De Gasperi che ha elargito alle regioni meridionali un totale di 82 410 miliardi di lire con una spesa media annuale di circa lo 0,65% del PIL. Sebbene si trattò di un tentativo nullo c’è ancora qualcuno che pensa che “riaprirla” sia la soluzione.
Questo divario è evidente se parliamo di decremento demografico, in quanto se a nord si è passato dal 2,20 degli anni 50 è passato a 1,20 nel 2015, nel sud si prevede un calo fino al 2065 di circa 5milioni di persone passando dunque da 20.800.00 a 15.650.000.
Siccome l’Europa sta tentando di far alzare l’Italia e in particolare quella meridionale (ma anche gli altri paesi in difficoltà) ideando piani come il PNRR, nel corso del tempo è come se la nostra nazione stesse involontariamente frenando quello che in realtà è il continente più ricco anche al di sopra della Cina e dell’America, un’area mondiale socialmente avanzata. Infatti, anche il suo tasso di occupazione si trova 30 punti al di sotto di quello del continente con una percentuale del 58% per l’Italia e una del 44% per il sud.
Come anticipato, per l’Italia, l’UE ha riservato il PNRR e il Next Generation Fund. Il PNRR, ovvero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - approvato dal Consiglio dei Ministri nel 2021, che ha recepito la proposta di decisione della Commissione europea - si compone di in 6 Missioni, articolate in 16 Componenti e si basa su digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Prevede una serie di riforme e investimenti al fine di accedere alle risorse finanziarie messe a disposizione dall'Unione europea per far ripartire l’Italia da quasi ogni punto di vista, ma specialmente da quello economico tentando dunque di risolvere il problema dalle sue radici; infatti per esempio rafforza notevolmente le politiche di inclusione di genere e a favore dei giovani così da prevenire un maggiore declino dell’incremento demografico e del fenomeno dei “cervelli in fuga”.
Queste risorse sono garantite con il Dispositivo per la ripresa: il programma Next Generation EU o Recovery Fund. Si tratta di un Fondo di 750 miliardi (di cui circa 209 miliardi destinati all’Italia) che l’UE a fine luglio ha messo a disposizione per rilanciare le economie dei 27 Paesi membri travolte specialmente dalla crisi del Covid-19.
Tuttavia questo piano manca di una vera e propria strategia, in quanto c’è superficialità da parte dello stato italiano nell’incanalare il denaro fornito soltanto nel versante più socio-economicamente compromesso, rappresentando di fatto un ulteriore indebitamento per le generazioni future.
Vorrei concludere con un aforisma dello scrittore austriaco Ernst Ferchtersleben: “Nessuno si può cambiare, ma tutti possono migliorarsi”. Non si può di certo cambiare radicalmente la nostra nazione, ma si può tentare di migliorarla con dei nuovi provvedimenti, che magari avranno un effetto funzionale che migliori anche le condizioni di vita e le prospettive per il futuro della nostra e delle future generazioni.
Cristian Di Mascolo
In riferimento al progetto educativo antimafia Pio La Torre, il 25 novembre si è tenuta una videoconferenza, che riguardava dei temi di attualità, la crisi economica, agenda 2030 e legalità. Tutti ne abbiamo sentito parlare ma non ci siamo mai soffermati abbastanza ad approfondire questi temi, che pure ci riguardano in prima persona.
Si è parlato anche delle scorte energetiche italiane: nel luglio 2021 è stata pubblicata la “Relazione sulla situazione energetica nazionale”, da cui si rileva che nel 2020 il settore energetico ha risentito pesantemente degli effetti della pandemia; l’approvvigionamento energetico del Paese è costituito per il 40% da gas naturale, per il 33% da petrolio e per il 20% dalle fonti energetiche rinnovabili, rispetto all’anno precedente è aumentato il ruolo delle energie rinnovabili e quello del gas naturale mentre è diminuito quello del petrolio. Con il periodo di pandemia si è verificato un periodo di crisi in tutti gli ambiti, anche in quello delle scorte energetiche, infatti la percentuale di fonti rinnovabili è aumentata proprio perché esse svolgono un ruolo fondamentale e dovrebbero rappresentare una delle soluzioni a questo grande problema.
Un'altra soluzione che si proverà ad adottare sarà quella di dipendere energeticamente dall’estero. Infatti, grazie a questo e ad altri fattori, nel 2021 il settore energetico italiano ha registrato una reazione positiva allo shock pandemico dell’anno precedente: la domanda primaria di energia è stata pari a 153.024 migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio (ktep), con un aumento del 6,2% rispetto all’anno precedente.
Ma c’è un aspetto negativo, perché la dipendenza energetica dall’estero, calcolata come percentuale del fabbisogno energetico nazionale soddisfatto con le importazioni nette, è ulteriormente aumentata dal 73,5% del 2020 al 74,9% del 2021 e la produzione nazionale di fonti energetiche, pari a 36.402 ktep, è diminuita del 3,4% rispetto all’anno precedente.
Questo è un aspetto negativo dal momento che nel 2022 Putin dichiarerà guerra all’Ucraina. Di conseguenza, l’Italia come altri paesi cercano di dare uno scossone alla Russia, diminuendo di gran lunga l’importazione di gas e energia, non finanziando cosi indirettamente la guerra. In Italia infatti si passa dal 40% di dipendenza dal gas russo al 25% nel primo semestre dell’anno.
Questo episodio dimostra che non è conveniente affidare tutto il proprio fabbisogno energetico a paesi esteri. L’Italia affida tutt’oggi il 77% del suo fabbisogno energetico e riesce a produrre solamente il 23%, ma non si può contare nemmeno solo sulle energie rinnovabili, a causa della loro “intermittenza non programmabile” e dei picchi di produzione in determinate fasce orarie (fotovoltaico) o in periodi di vento (eolico).
Quindi si può trarre una conclusione: questa non è di certo una situazione semplice da gestire e non c’è una soluzione facile da trovare, l’unico sistema sicuro e con pochi effetti negativi è quello di ridurre al minimo i consumi e gli sprechi, così da cercare di migliorare questa situazione con la speranza di trovare una soluzione che metta fine al problema.
Già sono state adottate delle restrizioni per ridurre il consumo del gas, ad esempio nelle scuole viene posticipata, di alcuni mesi, l’accensione degli impianti di riscaldamento, rispetto agli anni precedenti, e ne viene anticipato lo spegnimento.
Sono adempimenti inevitabili che però riescono ad favorire solo in modo molto leggero e lieve la situazione.
Inoltre si prevede che nel 2030 l’Italia arriverebbe a soddisfare la maggior parte – il 54% – del suo fabbisogno energetico tramite le risorse nazionali, tuttavia il grado di riuscita della transizione dipenderà non solo dalla velocità con la quale si daranno le risposte, ma anche dal ventaglio di soluzioni che verranno adottate, e dal livello di partecipazione e condivisione che verrà implementato, indispensabile per far crescere uno degli aspetti di cui, finora si è parlato troppo poco: l’efficienza energetica, che influisce sui consumi, sui costi, e sulla dipendenza.
Simone Lauretti, 3 C LSA
Nella conferenza dello scorso 25 novembre del progetto educativo Antimafia Pio La Torre si è discusso tra le altre cose dell’attuale crisi economica che il Paese sta affrontando. Il professore dell’università di Napoli Adriano Giannola ha analizzato la situazione economica sviluppatasi a partire dal 2000, anno in cui l’Italia è entrata a far parte del sistema europeo monetario dell’euro. Da allora però l’economia ha raggiunto una situazione a dir poco imbarazzante rispetto alle dinamiche europee e il divario era molto significativo già prima che scoppiasse la pandemia. Questo grande dislivello è derivante dalla crisi finanziaria che ha colpito l’Europa nel 2007, tanto che ancora oggi nel 2022 non si è recuperato il livello del reddito prodotto in quell’anno. Oltre a fare il punto sulla situazione generale del Paese prima del Covid-19, il professore è entrato nel dettaglio analizzando il grande divario economico che divide il nord e il sud evidenziando come esso sia cresciuto sempre di più rispetto all’anno della crisi del 2007 che ha colpito l’intero Paese.
La differenza è talmente netta che alcune regioni del nord come Lombardia o Piemonte ritengono il sud solo un peso da cui staccarsi. In realtà, guardando i dati, anche l’economia delle regioni settentrionali che trascinano il paese sono sempre più in discesa. Addirittura il tasso di occupazione nel nord è diminuito del 0,3% rispetto al Sud a partire dal 2020. Secondo il professore tra circa quaranta anni il sud avrà perso cinque milioni di abitanti mentre il Nord potrebbe perderne nove milioni in modo naturale, recuperandone sette dalle migrazioni provenienti dal meridione: si avrebbe in ogni caso un abbassamento della popolazione generale del Paese. Il tasso di dipendenza economica continuando in questa maniera arriverebbe fino al 200% diventando quindi insostenibile. Se il sistema italiano non cambia si rischia un serio fallimento come ha riconosciuto anche l’Europa, che ora sta cercando di aiutare l’Italia attraverso il cosiddetto “PNRR”: un aiuto di 209 miliardi totali, 89 di questi a fondo perduto e 120 sono prestiti. Il PNNR si basa su sei missioni e sedici componenti e ha al centro quattro questioni: questione di genere, questione del mezzogiorno, implemento dell’occupazione e ricostruzione di un percorso di coesione territoriale tra le parti più sviluppate e di un sud sempre più arretrato non solo a livello economico, ma anche sociale come dimostrano i grandi problemi sanitari che ha portato la pandemia.
Il professore dell’università di Palermo Adam Asmundo ha analizzato, invece, la situazione economica parlando di come le esportazioni siano aumentate, il tasso di disoccupazione giovanile diminuisca, pur essendo uno dei più alti in Europa, e aumentino gli investimenti delle infrastrutture. Ma se il Paese sembra essere in crescita, qual è il motivo di questa grande difficoltà economica? La risposta sta nel fatto che il debito pubblico è aumentato sempre di più. Inoltre il tasso di povertà al sud è molto più elevato rispetto al nord e alla media dell’intero Paese. Oltre a questo il professor Asmundo parla di crescita sostenibile. Egli infatti afferma che la crescita anche se finanziariamente sostenibile non è inclusiva, alimenta le diseguaglianze e produce danni ambientali alle risorse. Per combattere la distruzione delle risorse ambientali, si propone un modello economico di tipo circolare e non lineare: portare le cose in riproduzione quindi ad essere riutilizzate secondo un ciclo.
In questa conferenza si sono affrontati sostanzialmente tre temi principali: la crisi finanziaria italiana, la differenza economica tra Nord e Sud e l’economia sostenibile che si deve sviluppare per salvare il pianeta. Tre argomenti tutti collegati tra loro, tutti a cui si cerca di dare una soluzione. Una di queste sembra essere il piano nazionale di ripresa e resilienza, “PNRR”, che sarebbe sostanzialmente un aiuto da parte dell’Europa verso il Paese. Esso comprende 209 miliardi totali di cui 89 a fondo perduto. La situazione che preoccupa sono gli altri 160 milioni che devono essere restituiti all’Europa e comportano l’aumento del debito pubblico futuro. Purtroppo questa soluzione sembra essere inevitabile poiché il Paese si trova in una situazione di estrema difficoltà. Esso oltre a portare un aiuto economico al Paese, ha come obiettivo quello di ridurre il gap tra Nord e Mezzogiorno, poiché oggi dobbiamo ammettere che quest’ultimo si trova in una situazione di arretratezza sociale ed economica rispetto ad un Nord, anch’esso in declino, pur essendo la colonna portante dell’economia italiana. Oltre a questo il PNRR ha come obiettivo insieme all’agenda 2030 di cercare di portare un’economia sostenibile e cercare di sfruttare le risorse naturali. In conclusione seppur l’Italia diventa ancor più dipendente dall’Europa, il PNRR è necessario poiché oltre ad un aiuto economico esso è un mezzo per combattere i problemi finora affrontati e quindi per garantire un futuro al nostro paese, che ad oggi purtroppo sembra non avere.
Domenico Rinaldi, 3 C LSA
La seconda conferenza del Progetto Educativo Antimafia promosso dal Centro Pio La Torre si è tenuta il giorno venerdì 25 Novembre 2022.
I principali temi della conferenza sono stati la crisi economica, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e la legalità.
I relatori sono stati Adam Asmundo, docente dell’università di Palermo, e Adriano Giannola, presidente della SVIMEZ, un'associazione il cui scopo è quello di promuovere lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno d'Italia.
Il professor Adriano Giannola nel suo interessante intervento ha riportato accurati calcoli di previsione, nello specifico prevede che nel 2023 il PIL dell’Italia crescerà dello 0,5%, in particolare nel centro-nord il PIL aumenterà di 0,8%, mentre nel sud Italia diminuirà di 0,4%. Giannola ha effettuato degli studi sui dati relativi al PIL dell’Italia e dell’Europa degli anni 2007 e 2019. Il PIL dell’Italia relativo all’anno 2019 rispetto a quello del 2007 è diminuito di ben quattro punti, in particolare il PIL dell’Italia meridionale è diminuito di 10,3 punti e quello dell’Italia settentrionale è diminuito di 2,1 punti. Invece il PIL dell’Europa nel 2019 era superiore rispetto quello del 2007 di ben 12,7 punti, quello della Germania di 16 punti, quello della Spagna di 7 punti e il PIL della Francia di ben 11 punti. Il divario tra l’Italia e la Germania era già nel 2019, prima della crisi energetica e della pandemia da Covid-19, di oltre di 20 punti.
I dati di previsione dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) per il 2065 stabiliscono che ci sarà un crollo demografico di sette milioni di abitanti. Particolarmente, il mezzogiorno passerà da una popolazione di 20.843.000 abitanti a 15.645.000, dunque una perdita di più di 5 milioni di abitanti. Invece si prevede che l’Italia settentrionale passerà da 39.000.000 di abitanti a 38.000.000 di abitanti, di conseguenza perderà un solo milione di abitanti e la principale causa di un tale divario sarà imputabile alle migrazioni interne dal sud verso il nord. I dati di previsione del 2065 stabiliscono inoltre che l'Italia perderà il 25% circa del PIL e ciò avrà ripercussioni anche sul tasso di dipendenza che diventerà insostenibile arrivando al 200%.
I dati del 2070 determinano che il crollo demografico dell’Italia continuerà. Nonostante previsioni di perdita demografica e perdita di PIL, l’Italia sarà comunque un paese con oltre 50 milioni di abitanti, dunque sarà ancora molto importante per l’Unione Europea, che ha deciso di concedere circa 209 miliardi di euro, dei 750 miliardi del Recovery Fund, all’Italia, ma a due condizioni: bisogna ridurre i divari interni tra nord e sud per ridurre le discrepanze tra l’Italia e l’Europa e aumentare la coesione sociale.
Ritengo che l’Italia debba utilizzare in maniera coscienziosa i fondi del Recovery Fund per risolvere le più importanti problematiche interne, come il divario tra nord e sud e la coesione sociale, puntando in particolare su alcuni obiettivi, come la digitalizzazione, l’innovazione, la competitività, la cultura, il turismo, la rivoluzione green e la transizione ecologica, il miglioramento delle infrastrutture per una mobilità sostenibile, l’istruzione, la ricerca e la salute.
Il professor Adam Asmundo ha effettuato alcune riflessioni riguardo l’impatto dell’uomo sull’ambiente e l’economia circolare. A partire dal 1971 il giorno di esaurimento delle risorse è caduto sempre prima. Nell’anno 2020 il giorno di esaurimento delle risorse è stato il 22 agosto, mentre nel 2022 è caduto il 28 luglio. In Italia questo giorno è caduto il 15 maggio 2022. Questo indica il fatto che l’Italia è un paese vecchio che ha ancora un impatto sull’ambiente troppo elevato.
Il futuro prevede una economia circolare, che definisce un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo la sua ecosostenibilità. Quindi si adottano una serie di politiche con l’intento di eliminare i rifiuti non riciclabili e riutilizzare quelli riciclabili, al contrario dell’economia lineare in cui i prodotti diventano presto obsoleti per incentivarne l’acquisto di nuovi da parte dei consumatori, al punto che risulta più conveniente comprare e quindi possedere un nuovo prodotto piuttosto che ripararlo.
Credo che l’economia circolare sia la nostra unica possibilità per risanare il nostro pianeta così profondamente compromesso, sarà fondamentale puntare ogni azione verso il traguardo dell’eco-sostenibilità, in modo che la nostra generazione e quelle future possano vivere un pianeta sano.
LUCREZIA VELLETRI IIIC LSSA
Oggetto della Conferenza del Progetto Educativo Antimafia, svoltasi il 25 novembre presso il Centro studi Pio la Torre, sono stati gli effetti della crisi economica sul PNRR e l’agenda 2030, con particolare attenzione agli aspetti legati allo sviluppo sostenibile e alla legalità.
Durante la visione c’è stata proposta la relazione di due professori che hanno cercato di scandagliare e illustrare le aspettative e gli effetti del PNRR alla luce delle recenti crisi economiche derivanti dapprima dalla pandemia Covid 19 ed ora dagli eventi bellici in corso in Ucraina. La parte che più ho trovato interessante è il primo intervento, incentrato sul PNRR, che comprendeva una spiegazione sulla necessità di una sua corretta applicazione al fine di evitare di tramutarsi nell’ennesimo intervento assistenzialista che, alla fine dei conti, non comporta nessun tipo di crescita per il Paese. Ma che cos’è questo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Per poter permettere all’Italia di risollevare la propria economia, fortemente danneggiata dalla crisi pandemica, l’Europa ha fornito al nostro Stato un prestito, il PNRR, complessivo di 209 miliardi di euro, di cui 89 miliardi sono a fondo perduto.
In realtà la crisi economica che interessa il nostro Paese, non è nata con la diffusione del virus del Covid 19, ma ha radici antiche in cui le differenze socioe-conomiche tra Nord e Sud, fin da sempre, hanno segnato la vita in Italia. La riduzione del divario tra Nord e Sud e l’innalzamento complessivo della coesione sociale, sono infatti due punti fondamentali tra gli indirizzi essenziali di intervento dettati dall’UE nella concessione del Recovery Fund. L’Europa ha però deciso di “offrirci” questi fondi, anche per il nostro peso sociale all’interno dell’Unione Europea. Infatti l’Italia, con circa 60 milioni di abitati, rappresenta una fetta importante della popolazione europea, pertanto una nostra crisi economica incontrollata, determinerebbe forti ripercussioni anche nell’intera area dell’UE.
Negli ultimi 20 anni, mentre l’Europa cresceva di diversi punti percentuali, l’Italia segnava una profonda recessione in termini economici, occupazionali, demografici, non solo nelle regioni del Sud, storicamente tra le ultime in Europa, ma ultimamente, anche nelle regioni del Nord che da sempre si sono cimentate nella competizione con gli altri paesi Europei.
Come ben sappiamo questa profonda e già avviata crisi economica è stata ulteriormente aggravata prima dalla pandemia ed ora dalla Guerra in Ucraina, con le note ricadute sulle risorse energetiche che stanno ulteriormente minando la tenuta economica del nostro Paese.
I Paesi Europei sono coscienti del fatto che un crollo economico di uno Stato altamente popolato come l’Italia comporterebbe gravi ripercussioni in tutta Europa, pertanto la concessione di queste ulteriori risorse economiche, non è altro che una strategia per tentare di risollevare le sorti economiche dell’Italia. Infatti, stando alle attuali statistiche, se non si interviene e non si riesce ad invertire la rotta, nel 2065 è stimata una perdita del PIL di circa 25%, con le prospettive di un intero Paese, da Nord a Sud, con milioni di persone e lavoratori sotto la soglia di povertà.
Di fatti in Italia, la crisi avviata dal 2007, con l’incremento del Covid-19 e della Guerra in Ucraina, sta comportando un forte incremento della fascia di popolazione da mantenere e assistere rispetto a quella che invece è in grado di produrre. Questo problema potrebbe ripercuotersi su noi giovani, lasciandoci come unica speranza quella di studiare e trovare lavoro in altri Paesi Europei, possibilità che non tutti possono permettersi. Tuttora però, nonostante la gravità della situazione economica ed il dramma delle stime previste, il dibattito sul PNRR risulta ancora confuso e privo di idee concrete e articolato su progetti, per la cui selezione, prevalgono criteri puramente competitivi, anche su temi e diritti fondamentali. Il rischio è che anche questa volta non si arrivi a una conclusione efficace, così com’è già successo in precedenza per altre problematiche, infatti ascoltando attentamente le parole dei docenti intervenuti, risulta evidente che alle sfide economiche e sociali la nostra classe dirigente è in realtà ancora sorda ed incapace di guardare con coraggio al futuro.
Il fatto che molti Paesi emergenti, economicamente molto audaci, come l’Arabia Saudita, stiano investendo con coraggio sull’energia verde attraverso le risorse economiche ricavate vendendo a noi il petrolio, mi ha aiutata a riflettere sull’aspetto gestionale di quello che sarà del futuro. Paragonando stati come questi con il nostro Paese, ci si accorge dell’incapacità dell’Italia di sfruttare le proprie risorse. Noi che quell’energia verde, con il nostro sole ed il nostro mare l’abbiamo a portata di mano, ci rassegniamo invece a comprare petrolio e ancora a bruciare carbone, quando invece potremmo sfruttare tutte le potenzialità per migliorare la condizione economica e sociale.
Il suggerimento dei docenti è quindi di non essere solo spettatori, ma tentare nel piccolo di intervenire nella nostra quotidianità: magari un giorno non saremmo costretti a prendere una valigia e partire per colpa di scelte sbagliate fatte oggi da chi ci rappresenta e governa.
Credo perciò che il primo passo stia nel prendere coscienza sulla necessità di invertire una deriva, fatta di scelte vecchie e superate, adottandone di nuove e più appropriate. Come suggerito negli interventi, queste scelte economiche vanno dalla ricerca di un’indipendenza energetica, all’applicazione di processi economici circolari che riducano sprechi e inquinamento.
La speranza è pertanto che il PNRR sia davvero l’occasione per creare un nuovo modello di sviluppo sostenibile che semplicemente partendo dall’analisi di un piccolo dato economico, riesce a portare il nostro Paese alla ripresa, alla crescita e all’unione sociale da Nord a Sud.
Elisa Ingoglia, 3 C LSA
Appena prima della pandemia la situazione italiana, in termini di divario è molto significativa. Nel 2007 ci fu una grave crisi finanziaria ed economica, il cui epicentro furono gli stati uniti che hanno esportato poi questa crisi in Europa; l’Italia è stata uno tra i paesi più colpiti da questa e ancora oggi non abbiamo recuperato il livello del reddito che vi era prodotto nel 2007.
Nel 2019 registriamo un divario nord-sud molto rilevante: il reddito pro capite del sud era attorno al 50-52% del reddito pro capite rispetto al resto dell’Italia. Il motivo di questo divario di reddito, produttività e disoccupazione è dato anche della dimensione delle industrie, dall’arretratezza degli imprenditori, dai pochi investimenti in ricerca e sviluppo. Dal 2007 il tasso di occupazione nel sud è diminuito di 1,4 punti, mentre nel centro-nord è aumentato di 1,7 punti. In questo anno infatti il Pil del mezzogiorno era ancora inferiore del 10% rispetto a quello del 2007, mentre la differenza nel centro-nord era del 2%.
Oltre a questo c’è un altro divario importante: quello dell’Italia nel suo complesso e quello di ogni singola regione rispetto agli altri paesi dell’UE. Questo ha influito anche sulla vita del cittadino italiano rispetto a quello europeo; anche qui le motivazioni sono prevalentemente dovute al tasso di occupazione, a quello di partecipazione al mercato del lavoro, al salario medio italiano, molto basso, superiore solo a tre paesi: Romania, Spagna e Lussemburgo.
L’elemento demografico è un altro grande protagonista di questa crisi economica italiana; i tassi di natalità italiani sono crollati dal 2008 in poi. Nel 2019 si registra il tasso di natalità più basso dell’intera Unione Europea; questo si collega per esempio alla poca capacità di investire sulle giovani generazioni, alle condizioni economiche delle famiglie, che dopo molte crisi economiche non sono in grado di affrontare le spese che comportano la nascita di figli.
Nel 2020 entriamo nel periodo Covid e per fronteggiarlo l’Unione Europea finalmente si decide a costituire una rete di salvataggio del sistema, il Recovery Fund, il cui scopo è salvare l’UE rispetto a tutti questi eventi traumatici, che hanno causato all’Italia, come a molti altri paesi, incredibili problemi.
L’Europa mette a disposizione 209 miliardi in modo da costruire qualcosa di strutturale per migliorare la situazione in Italia, interventi per la ripresa come quelli riguardanti la sanità, il lavoro, la transizione energetica. Punta a rendere più forte la pubblica amministrazione, il sistema produttivo, a combattere la povertà e le disuguaglianze.
Senza una strategia, un’idea di base ben studita, è più complesso arrivare a questi obbiettivi; nel 2022 ci sono ancora molti nodi da sciogliere sul Recovery Plan, ma se si trovano soluzioni adeguate questo piano di ripresa e resilienza porterà a una ripresa italiana considerevole.
La diminuzione della popolazione è anche data dal fatto che molti giovani emigrano in altri stati per avere opportunità lavorative migliori. Migliorando questo aspetto, dando più sostegno ai giovani e individuando soluzioni per la disoccupazione, l’Italia finalmente potrebbe riprendersi e uscire da questa fase di crisi.
Pezzola Sara V B lsa
Nella giornata del 25 novembre 2022, si
è discusso molto sulla crisi economica, sul PNRR, sull’Agenda 2030
per lo sviluppo della sostenibilità e sulla legalità, mettendo in
luce le diverse problematiche che la pandemia non ha fatto altro che
accentuare.
I due relatori della conferenza sono
stati il Presidente SVIMEZ, Adriano Giannola, che ha aperto un
dibattito sul disagio sociale, rimarcando le differenze che da
sempre hanno diviso idealmente l’Italia del Nord e del Sud e il
docente UNIPA, Adam Asmundo, che invece si è soffermato sui problemi
ambientali, denunciando l’enorme sfruttamento delle risorse del
pianeta.
Per tutto il corso della conferenza,
continuavo a domandarmi come fosse possibile che nel giro di un solo
anno, 2021-2022, il consumo delle risorse della Terra e
l’inquinamento ambientale, siano cresciuti in un modo così
drammatico.
La pandemia non ha fatto altro che
aumentare i disagi di una società già in rovina e con l’arrivo
della guerra la situazione è degenerata del tutto; prezzi dei
prodotti sempre più in crescita e stipendi costanti o addirittura in
calo in alcune situazioni, difficoltà nel reperimento di materie
prime e materiali provenienti soprattutto dai paesi coinvolti, il
livello di rischio sui mercati finanziari che non consente di avere
una sicurezza economica, diminuisce l’investimento delle imprese e
il consumo delle famiglie, tutto questo ha mandato in crisi la
società e il governo che, a quanto pare, non sa come agire.
Così come afferma il docente Asmundo:
“Siamo incubatori, agenti e acceleratori di cambiamento” ed è
vero, non c’è altra definizione per descrivere il genere umano;
non facciamo altro che soffermarci sugli aspetti superficiali con cui
conviviamo ogni giorno, che d’altronde abbiamo creato noi stessi,
come la moda, gli apparecchi elettronici di ultima generazione, capi
di abbigliamento sempre più costosi, facciamo di tutto per apparire
invincibili e “perfetti” agli occhi degli altri, mentre non ci
rendiamo conto che stiamo danneggiando giorno dopo giorno, il pianeta
su cui viviamo.
Stiamo prosciugando ogni risorsa
naturale della Terra e non riusciamo a smettere, perché si vuole
sempre di più, non ci si accontenta mai, ma attenzione a non
sbilanciarci troppo, potremmo rimanere bruciati dalle nostre stesse
azioni in futuro.
Non possiamo e non dobbiamo pensare
solo a noi stessi, bisogna guardare avanti, cosa vogliamo lasciare ai
nostri figli? Un mondo in rovina che non ha nient’altro da offrire
solo perché non siamo stati in grado di preservare il nostro bel
pianeta?
Ci sono aspetti molto più importanti
dell’apparire, dovremmo iniziare a prendere sul serio i danni che
stiamo causando alla natura e in fin dei conti a noi stessi,
l’economia è legata alla società e a sua volta la società
dipende dalla natura e da come ci si comporta verso di essa.
Crediamo di essere intelligenti quando
al posto di fare due passi in più verso l’apposito cestino,
gettiamo i nostri rifiuti a terra? Un giorno è la gomma da
masticare, il giorno dopo è uno scontrino, l’altro ancora un
fazzoletto finché non si arriva a gettare interi sacchi di rifiuti
sul terreno, un esempio La Terra dei Fuochi, sotto controllo mafioso.
E’ tutto collegato, facciamo parte di
una rete più complessa che ha un inizio e una fine che purtroppo
coincidono e sono riconducibili alla mafia, alla corruzione e alla
rovina del pianeta. Dovremmo iniziare a cambiare approccio e
soprattutto mentalità.
Ringrazio il centro studi di Pio La
Torre per la possibilità che ha offerto a tutti noi di partecipare
a questa conferenza molto interessante che ha innescato in noi una
serie immensa di quesiti e riflessioni.
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