L'illegalità diffusa che rende sempre meno credibile l'Ars

Politica | 7 febbraio 2020
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Ciò che fa più rumore è il silenzio. Non c'è un comunicato dei partiti
di appartenenza, tantomeno dei gruppi parlamentari all'Ars.  È come se
si volesse nascondere la realtà di un'Assemblea regionale in cui su 70
deputati  che la compongono, ben  14 hanno a che fare con problemi di
giustizia: quattro deputati che sono anche assessori, tre presidenti
di commissione, tre capigruppo, cui si aggiungono altri quattro
componenti dell'assise. 

Il caso del deputato decaduto  Tony Rizzotto,
accusato di essersi impossessato con alcuni complici, di 450.000 euro
destinati alla formazione dei soggetti disabili, ha fatto scalpore, ma
in generale il clima che si respira a Palazzo dei Normanni è
tutt'altro che sereno. Non si tratta solo degli inquilini di sala
d'Ercole. Nel 2019 nell'isola sono stati sciolti per infiltrazione
mafiosa 9  comuni, un numero record. 

Nei mesi scorsi, per citare solo
i casi più noti, sono stati arrestati con imputazioni pesanti i
sindaci (e qualche assessore) dei comuni di San Pietro Clarenza, di
Casteldaccia, di Tortorici. Non è sufficiente per definire la
situazione allarmante?  Lungi da noi l'idea di esprimere giudizi su
vicende giudiziarie che seguiranno il loro corso e si potranno
concludere con la condanna, ma anche con l'assoluzione degli indagati.
Nel nostro ordinamento  giuridico vige la presunzione d'innocenza;  e
comunque i processi di celebrano non sui media ma nelle aule dei
tribunali e sono articolati su tre gradi di giudizio. Vorremmo
tuttavia riflettere su un dato statistico: il 40 per cento dei membri
della Giunta di governo e quasi un quarto dei.parlamentari versano in
una situazione in  qualche modo imbarazzante. 

Parlare dell'esistenza di una questione morale tra la deputazione regionale appare allo stato delle informazioni probabilmente esagerato, tuttavia motivi seri di
preoccupazione esistono. Il primo caveat è relativo al collegamento
tra le indagini sui deputati e le statistiche che dimostrano che la
Sicilia è al primo posto tra le regioni italiane per reati di
corruzione  riguardanti la pubblica amministrazione ai vari livelli; è
anche l'area del paese in cui più ampia si presenta l'evasione
fiscale. 

Insomma, si riscontra in Sicilia una diffusione di attività
illegali, in diversi modi connesse all'utilizzo distorto della spesa
pubblica, che non  trova di fronte  a sè una classe politica con le
carte in regola per contrastare tali fenomeni con tutti gli strumenti
necessari. Il fatto che troppo spesso, inoltre, gli esponenti del ceto
politico che  si rendono protagonisti di episodi di malcostume, non
siano soggetti ad una sanzione esplicita e pubblica del loro operato
da parte dei vertici delle istituzioni regionali appare non una
semplice dimenticanza ma il sintomo di un calo dei livelli di
attenzione della politica nei confronti di un fenomeno che appare in
fase espansiva. 

L'impressione, per dirlo con parole semplici, è che di
nuovo si stia diffondendo un pericoloso clima di tolleranza, se non
addirittura  di indifferenza che può veicolare comportamenti ancora
più gravi, soprattutto in un momento in cui la mafia silente sta con
ogni probabilità tentando di ricostruire le proprie reti di malaffare.
Appare essenziale, allora che sul contesto generale in cui si
collocano le singole vicende si sviluppi una discussione trasparente
nella società civile e nelle istituzioni e si individuino, se è lecito
azzardare un paragone con l'emergenza sanitaria mondiale di queste
ore, gli antidoti ed i vaccini capaci di fermare la diffusione del
male.

 di Franco Garufi

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