L'Europa solidale scende in campo, scacco ai sovranisti

Economia | 22 luglio 2020
Condividi su WhatsApp Twitter
L'accordo concluso nella notte tra lunedì e martedì a Bruxelles dai leaders dei 27 paesi dell'Unione Europea e dalla Commissione è, senza ombra di dubbio, uno dei più importanti nella storia dell'unità europea. Per la prima volta la Commissione Europea è autorizzata a prendere in prestito dei soldi sui mercati internazionali per poi trasferire i fondi agli Stati membri che ne hanno bisogno. A detta della maggior parte dei commentatori, si tratta di una vera dimostrazione di solidarietà, qualcosa del tutto impensabile prima del Covid-19. 

Indubbio è il successo di immagine del premier italiano Conte, ma decisivo è stato anche il ruolo del presidente francese Emmanuel Macron e di Angela Merkel nella doppia veste di cancelliere tedesco e presidente di turno dell'Unione. L'ungherese Orban ha trovato il modo di inserirsi nella partita, ottenendo in cambio un'attenuazione della condanna dell'Unione per la condizione inaccettabile dei diritti umani e politici nel suo paese. E' il limite politico più evidente dell'accordo. 

I contenuti fondamentali dell'accordo possono essere così sintetizzati: il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (il bilancio europeo) viene confermato alla cifra di 1074 miliardi di euro distribuiti secondo le tradizionali voci di bilancio della politica comunitaria, anche se con qualche modifica che penalizza, seconda quanto ha dichiarato la presidente Van del Leyen, “la parte più innovativa del bilancio”. A ciò si aggiunge la possibilità per la Commissione di emettere 750 miliardi di debito comune per finanziare un pacchetto di 360 miliardi di prestiti e di 390 miliardi di sovvenzioni. Per l'Italia ciò significherà la possibilità di disporre a partire dal 2021, di 82 miliardi di sovvenzioni e 127 di prestiti per un totale di 209 miliardi. Rispetto alle ipotesi iniziali, l'Italia avrà qualche miliardo in meno di sovvenzioni, ma ben 36 miliardi in più di prestiti. 

La cifra, forse casualmente, è pari a quella utilizzabile dal nostro paese in caso di ricorso al MES; evoca perciò la possibilità- del resto ribadita dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte- di rinunciare al tanto discusso meccanismo di stabilità europeo. L'impressione di chi scrive è, invece, che il problema MES si riproporrà a breve termine, sia perché i tempi di erogazione della prima tranche (10%) del Recovery Fund è prevista per il 2021, sia per la destinazione alla spesa per investimenti in Sanità dei miliardi ottenibili dal MES. Vedremo come evolverà il dibattito politico, ma difficilmente si potrà eludere il nodo del ricorso a quello strumento inviso ad una parte della maggioranza di governo. 

Come sempre negli accordi europei, il punto di equilibrio accontenta in qualche modo tutti i contendenti: vero è che i “frugali” vengono battuti perché si afferma il principio della solidarietà europea, ma essi vengono compensati lautamente attraverso il meccanismo del “rebate”, cioè lo sconto sui contributi che dovrebbero versare all'Unione. Come funzionerà in concreto il sistema previsto dall'accordo? Gli Stati membri prepareranno piani nazionali per la ripresa e la resilienza in cui è definito il programma di riforme e investimenti dello Stato membro interessato per il periodo 2021-2023. I piani saranno riesaminati e adattati, ove necessario, nel 2022 per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023, e andranno approvati entro due mesi dalla presentazione. Nella valutazione il punteggio più alto deve essere ottenuto per quanto riguarda i criteri della coerenza con le raccomandazioni specifiche per paese, nonché del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro. Anche l'effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione. La valutazione dei piani per la ripresa e la resilienza deve essere approvata dal Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, mediante un atto di esecuzione che il Consiglio si adopera per adottare entro quattro settimane dalla proposta. 

In questo ruolo rafforzato del Consiglio che rappresenta i governi dei paesi membri, si sostanzia il “super freno di emergenza” richiesto dal premier olandese Rutte a none del nuovo asse dei paesi “frugali”. Insomma, la novità sostanziale è che il QFP viene coordinato con il Recovery Fund per garantire la massima efficacia allo sforzo straordinario per la ripresa che rappresenta il cuore politico dell'intesa. Il 70% delle sovvenzioni dovrà essere impegnato nel 2021 e nel 2022, mentre i rimborsi avranno durata più che trentacinquennale, con la scadenza nel 2058. La palla passa oggi ai paesi che riceveranno le maggiori risorse, Italia e Spagna, perché più colpiti dalla pandemia.

 Le condizionalità relative ai piani nazionali per la ripresa e la resilienza sono le stesse che accompagnano tradizionalmente i fondi strutturali europei: perciò dovremo fare i conti con i tradizionali punti di criticità della capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni italiane. L'occasione è unica. Ma bisogna dire francamente che è sbagliata la sensazione, che si avverte nell'opinione pubblica, che saremo investiti da un alluvione di denaro. Le risorse andranno utilizzate facendo leva su un'idea di cambiamento profondo della struttura economica e sociale del paese in direzione della green economy e di una maggiore giustizia sociale, che sembra ancora assente dal dibattito politico.

 Bisognerà inoltre fare in modo che al centro della ripresa ci sia il Mezzogiorno, perché siamo di fronte all'occasione storica di riequilibrare il dualismo economico e sociale che costituisce la palla al piede dello sviluppo italiano. Da questo punto di vista, è interessante notare che nel testo dell'accordo viene riconfermato l'impegno della Commissione per le politiche di coesione economica e sociale. Le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" ammonteranno complessivamente a 322285 milioni di EUR e saranno così ripartite:a)202299 milioni di EUR per le regioni meno sviluppate; b)47789 milioni di EUR per le regioni in transizione; c)27212 milioni di EUR per le regioni più sviluppate;d)42556 milioni di EUR per gli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione; e)1928 milioni di EUR destinati ai finanziamenti supplementari per le regioni ultraperiferiche di cui all'articolo 349 TFUE e le regioni di livello NUTS 2 che soddisfano i criteri di cui all'articolo 2 del protocollo n.6 dell'atto di adesione del 1994;f)500 milioni di EUR destinati agli investimenti interregionali in materia di innovazione. In appendice pubblichiamo il testo integrale in italiano dell'accordo: chi avrà la pazienza dio leggerlo potrà farsi un'idea precisa delle potenzialità e dei limiti.

 di Franco Garufi

Ultimi articoli

« Articoli precedenti