L'Europa colpisce i clan mafiosi nel portafoglio

Economia | 18 ottobre 2021
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Sono 19 gli Stati membri UE in cui esiste una legislazione specifica sull’uso dei beni confiscati per scopi di interesse pubblico o sociale, sebbene molti di questi Paesi abbiano sperimentato solo il riutilizzo pubblico dei beni confiscati. Escludendo quelle italiane, sono 13 le esperienze di riuso pubblico e sociale nel complesso dell’UE: 3 in Spagna, 2 in Romania, 2 in Bulgaria, 4 in Belgio, 1 in Francia e Olanda.

 E oltre la metà dei Paesi UE che dispone di una legislazione in materia di riuso dei beni confiscati ha confermato di avere uno specifico organo istituzionale – un ente che ricorda l’ANBSC italiana - preposto alla gestione dei beni confiscati per garantire una procedura adeguata nella destinazione dei beni da riutilizzare a fini pubblici e sociali. Sembra, dunque, che il modello italiano sul riutilizzo dei beni confiscati alle mafie si stia diffondendo in Europa. A certificarlo è una prima mappatura delle buone pratiche di riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati a livello europeo, realizzata da Libera a conclusione del progetto ‘Good(s) Monitoring, Europe!’, cofinanziato dalla Commissione Europea.

Questa mappatura - commenta Libera - ha raccolto per la prima volta le diverse tipologie di approccio all'attuazione dell'articolo 10.3 della direttiva 2014/42/UE, approfondendo il quadro giuridico scelto dagli Stati membri per includere il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati nella loro legislazione. Le buone prassi dimostrano che la strada è quella giusta ma ancora c'è da fare”. La caratteristica che accomuna le diverse pratiche di riuso incluse nella mappatura è la finalità di inclusione, promozione cooperativa ed economia sociale, impegno giovanile, servizi alle persone, rigenerazione urbana e sostenibilità ambientale. 

Tra le esperienze di riuso sociale dei beni sequestrati in Europa emersi in questa ricerca di Libera vi è quella di un appartamento a Parigi, Saint-Honoré (nella foto), di proprietà di Gioacchino Campolo, il re dei videopoker. Il bene faceva parte dell’ingente patrimonio immobiliare riconosciuto di provenienza illecita per via dei rapporti tenuti da Campolo con le cosche De Stefano e Libri, e per il quale, nel 2017, la Procura di Reggio Calabria aveva chiesto alle Autorità francesi il riconoscimento della decisione di confisca. La confisca preventiva è stata riconosciuta e l’appartamento dato in gestione ad un’associazione, l'Amica du Nid, che si occupa di inclusione sociale di donne vittime di tratta.

Libera insieme alla rete CHANCE - Civil Hub Against orgaNised crime in Europe chiede alle Istituzioni Europee di “incrementare la piattaforma AMO (Asset Management Offices) come strumento fondamentale per promuovere lo scambio di conoscenze e buone pratiche sulla gestione dei beni sequestrati/confiscati; prevedere e ricorrere maggiormente a misure di confisca non basate sulla condanna, comprese quelle di prevenzione patrimoniale, attraverso una direttiva specifica che includa la garanzia di un giusto processo; creare un fondo dedicato al riutilizzo dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione nel periodo di programmazione 2021-2027, favorendo la creazione di una strategia europea per la destinazione pubblica e sociale dei beni criminali”.

 di Alida Federico

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