L’estinzione delle librerie in Sicilia, un piccolo comune su tre è senza
Sono un esercito: circa
13milioni di italiani che vivono in
comuni che sono sprovvisti di
una libreria. Il dato, allarmante
eppure non sorprendente, è emerso
da una recente analisi dell’Ufficio
studi dell'Associazione Italiana
Editori (AIE) presentato a dicembre
durante Più libri più liberi,
la Fiera nazionale della piccola
e media editoria.
L’indagine evidenzia come il
21,1% della popolazione residente
in comuni con più di 10mila abitanti
non ha una libreria vicino
(sono esclusi i comuni dove possono
esserci cartolibrerie, edicole-
negozio, centro commerciale
con librerie come bacino di attrazione
del comune). Per dirla in un
altro modo esistono oggi in Italia
ben 687 Comuni sopra i 10mila
abitanti, l’8,6% del totale, che non
hanno una libreria. Nelle Isole e
nel Sud la percentuale di assenza
di librerie si alza: il 15,1% dei Comuni
delle Isole (+10mila ab.) delle
Isole e ben il 33,3% di quelli del sud
(+ di 1 su 3!) è senza librerie. Un dato
vero, però, anche per il Nord
est, in cui il 20,5% (1 su 5!) è senza
librerie. E se vogliamo aggiungere
anche i carichi, il gioco è presto
fatto. Nei paesi e nelle città dove le
librerie esistono, incontrano non
poche difficoltà; e le chiusure di
attività, schiacciate da mercato
non brillante, affitti alti e concorrenza
di librerie online (per non
parlare del disinteresse verso il libro),
sono all’ordine del giorno.
Di più: la situazione sul fronte
delle biblioteche scolastiche è ancora
più fosca: circa mezzo milione
(486.928) di ragazzi frequenta
scuole senza biblioteche scolastiche.
Sono 262mila nella scuola
primaria, 147mila nella secondaria
di primo grado e 77mila nella
secondaria di secondo grado. Circa
3,5milioni di studenti frequenta
scuole con un patrimonio librario
inferiore alla media, con conseguente
e ridotta possibilità di
scegliere cosa leggere. Purtroppo
i numeri, oltre ad essere problematici,
inducono anche serie considerazioni.
È provata, per esempio,
la correlazione tra assenza di
librerie e indici di lettura. Spiega il
responsabile dell’Ufficio studi
Aie, Giovanni Peresson: «Nelle
aree metropolitane e centri urbani
maggiori (+50.000 abitanti) dove
il tessuto di librerie, ma anche
di servizi bibliotecari, è più fitto e
solido, gli abitanti residenti che si
dichiarano lettori di libri sono, rispettivamente,
il 51,1% e il 44,4%.
Già nelle periferie delle aree urbane
questo valore scende al
42,8% (nonostante la relativa facilità
di spostamenti verso le aree
centrali della città). Poi l’indice di
lettura cala al calare della dimensione
del centro urbano: 38,1% nei
comuni tra 10-50mila abitanti;
39% in quelli da 2-10mila; fino al
35,4% nei comuni (e sono tanti) fino
a 2mila residenti. E non è un caso
che le perdite maggiori di lettori
negli ultimi 5 anni sia avvenute
nei piccoli centri (-15,3%, rispetto
a una perdita media nazionale del
-9,1%). Mentre nelle aree metropolitane
questo calo si è arrestato
al -3,1% ma per risalire al -5,1% nelle
periferie».
Dove ci sono libri lì vivono le
idee, libere e in movimento. E prospera
anche il Pil.
Un’indagine ormai diventata
un classico per la realtà italiana
mostrava già 10 anni fa, che se le regioni
del Sud avessero avuto nel
1973 gli stessi indici di lettura delle
regioni del Nord, il loro Pil nella
metà del decennio scorso sarebbe
stato di 20 punti percentuali più alto.
Altre indagini ci dicono che il
37% di dirigenti, professionisti,
quadri intermedi non legge nessun
libro. La lettura è un fenomeno
strettamente correlato con lo
sviluppo economico e democratico
di una nazione. Il che significa
che i Paesi più avanzati e le società
più aperte domandano naturalmente
più libri. L’assenza di «infrastrutture
culturali», nella quali
il cittadino può prendere visione
di un’offerta ampia e profonda come
possono essere le librerie, le
biblioteche di pubblica lettura, le
biblioteche scolastiche (luoghi
che non possono essere sostiuiti
in alcun modo da un tablet o uno
smartphone) rappresenta uno
snodo che le politiche culturali del
Paese dovrà saper decidere di affrontare
nei prossimi anni. «Sono
dati che fanno riflettere e che sottolineano
quanto lavoro ci sia ancora
da fare» ha spiegato Patricia
Navarra durante l’incontro romano.
«Esiste infatti una stretta correlazione
tra cultura e sviluppo
economico e le linee guida di Confindustria
sono indirizzate a evidenziare
questo aspetto. Come
Gruppo Tecnico Cultura e Sviluppo
di Confindustria stiamo lavorando
per esempio nel cercare
di ridurre la distanze che esistono
tra il centro e le periferie delle città
e per mettere in luce le best practices
che si sviluppano nel nostro
Paese, così da farle diventare un
esempio per le altre realtà».(il Sole 24 Ore)
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