L'astensionismo e la crisi della politica
L'analisi | 17 giugno 2022
La maggioranza dei cittadini non è andata a votare: - è uno degli aspetti della crisi del nostro sistema democratico; - denuncia una pericolosa separazione dalla politica verso la quale prevale rifiuto, indifferenza, rabbia dei cittadini alle prese con le conseguenze dell’attuale crisi economico-sociale; - rende più evidente la debolezza della democrazia economica che minaccia la democrazia politica.
L’analisi completa del voto dopo i ballottaggi dovrebbe fornirci anche i dati dell’astensionismo elettorale dei giovani per valutare compiutamente le fragilità strutturali di un modello di sviluppo globale dopo due anni di pandemia, la guerra contro l’Ucraina (piastrella del mosaico della terza guerra mondiale spezzettata come dice Papa Francesco), il riscaldamento climatico, l’inflazione all’8%, crescita della povertà e delle disuguaglianze in Italia, nell’UE, nel Mondo minacciato dalla distruzione della vita umana.
Gli schieramenti politici contrapposti, genericamente definiti di centrodestra e di centrosinistra, assorbiti dalla localizzazione e frantumazione del voto, non hanno una compiuta visione dei necessari cambiamenti strutturali. Questi sono indispensabili per gestire le rivoluzioni tecnologiche informatiche e biologiche che potrebbero ristrutturare non solo l’economia e le società, ma anche i nostri corpi, le nostre menti, il nostro modo di vivere. La formazione delle proposte concrete deve partire dal basso organizzando gli interessi sociali che si vogliono rappresentare per eliminare le disuguaglianze sociali sintetizzate nel calcolo estremo delle cento persone più ricche del Pianeta che possiedono più del patrimonio complessivo di quattro miliardi di persone più povere.
I risultati elettorali attuali nella loro parzialità hanno confermato che gli schieramenti politici contrapposti se uniti al loro interno concorrono per vincere, se divisi per perdere. Il voto di Palermo in tal senso è esemplare. Il centrosinistra dopo dieci anni al governo del comune con risultati importanti messi in ombra negli ultimi due anni di pandemia, di difficoltà finanziarie e di consenso sociale e politico, si è presentato al voto diviso anche nel giudizio su quanto era stato realizzato sul piano culturale, antimafioso e sociale e ,ovviamente ,ha perso. Il centrodestra presentatosi unito sul prof. Lagalla, considerato un buon amministratore, ex rettore dell’Università di Palermo, assessore del Governo regionale con Musumeci presidente, vince alla grande al primo turno, nonostante gli endorsement di due illustri pregiudicati per mafia e due arresti di candidati per scambio politico mafioso elettorale. Inoltre il voto amministrativo di Palermo mette in evidenza che il centrodestra stravince nelle cosiddette periferie dove vive la maggioranza delle famiglie, mentre il centro sinistra va meglio nei quartieri del centro. Il centrodestra si appoggia a una diffusa rete di Caf e diversi organismi associativi che supportano l’azione di assistenza sociale ed elettorale dei vari candidati, mentre il centrosinistra, frantumato, ha poche strutture territoriali, anche se a volte rette da eccellenti volontari.
La distinzione culturale, sociale e politica tra centrodestra e centrosinistra sarà come sciogliere e superare le contraddizioni strutturali della società, come eliminare la povertà e le disuguaglianze, come assicurare a tutti i residenti, senza distinzioni di genere ed etnia, i diritti umani a cominciare dal diritto al lavoro, alla conoscenza, alla salute e come formare la volontà politica collettiva ( quella che Gramsci teorizzava quale unità tra teoria e pratica). In conclusione occorre che il potere pubblico sia non un padrone ma un programmatore efficiente che organizza dal basso i ceti vocati al cambiamento della società. Non basta essere in Italia primo partito col 22% o a Palermo col 11% se non si realizza il collegamento quotidiano con i ceti e i loro territori che s’intende rappresentare nella lotta sociale e nel governo della cosa pubblica per assicurare a tutti i diritti di cui abbiamo parlato.
Anche al nuovo sindaco rinnoviamo l’antica richiesta di non abbassare la guardia contro le nuove mafie, la corruzione, la povertà sociale, culturale, economica, di istituire organismi e prassi di collegamento tra la società metropolitana e le attività amministrative quali Osservatori e Protocolli di legalità e anticorruzione.
Per non ritornare al lontano passato del condizionamento politico-mafioso sulle amministrazioni comunali di quel tempo, non basta partecipare agli anniversari delle vittime innocenti di mafia o i formali compiacimenti per i risultati dell’efficiente azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine.
Alle classi dirigenti si chiede di cambiare il modello di sviluppo, di eliminare le guerre, il riarmo, la corruzione e di prevenire le cause dell’ingiustizia sociale, brodo di coltura anche della sopraffazione di stampo mafioso.
di Vito Lo Monaco
L’analisi completa del voto dopo i ballottaggi dovrebbe fornirci anche i dati dell’astensionismo elettorale dei giovani per valutare compiutamente le fragilità strutturali di un modello di sviluppo globale dopo due anni di pandemia, la guerra contro l’Ucraina (piastrella del mosaico della terza guerra mondiale spezzettata come dice Papa Francesco), il riscaldamento climatico, l’inflazione all’8%, crescita della povertà e delle disuguaglianze in Italia, nell’UE, nel Mondo minacciato dalla distruzione della vita umana.
Gli schieramenti politici contrapposti, genericamente definiti di centrodestra e di centrosinistra, assorbiti dalla localizzazione e frantumazione del voto, non hanno una compiuta visione dei necessari cambiamenti strutturali. Questi sono indispensabili per gestire le rivoluzioni tecnologiche informatiche e biologiche che potrebbero ristrutturare non solo l’economia e le società, ma anche i nostri corpi, le nostre menti, il nostro modo di vivere. La formazione delle proposte concrete deve partire dal basso organizzando gli interessi sociali che si vogliono rappresentare per eliminare le disuguaglianze sociali sintetizzate nel calcolo estremo delle cento persone più ricche del Pianeta che possiedono più del patrimonio complessivo di quattro miliardi di persone più povere.
I risultati elettorali attuali nella loro parzialità hanno confermato che gli schieramenti politici contrapposti se uniti al loro interno concorrono per vincere, se divisi per perdere. Il voto di Palermo in tal senso è esemplare. Il centrosinistra dopo dieci anni al governo del comune con risultati importanti messi in ombra negli ultimi due anni di pandemia, di difficoltà finanziarie e di consenso sociale e politico, si è presentato al voto diviso anche nel giudizio su quanto era stato realizzato sul piano culturale, antimafioso e sociale e ,ovviamente ,ha perso. Il centrodestra presentatosi unito sul prof. Lagalla, considerato un buon amministratore, ex rettore dell’Università di Palermo, assessore del Governo regionale con Musumeci presidente, vince alla grande al primo turno, nonostante gli endorsement di due illustri pregiudicati per mafia e due arresti di candidati per scambio politico mafioso elettorale. Inoltre il voto amministrativo di Palermo mette in evidenza che il centrodestra stravince nelle cosiddette periferie dove vive la maggioranza delle famiglie, mentre il centro sinistra va meglio nei quartieri del centro. Il centrodestra si appoggia a una diffusa rete di Caf e diversi organismi associativi che supportano l’azione di assistenza sociale ed elettorale dei vari candidati, mentre il centrosinistra, frantumato, ha poche strutture territoriali, anche se a volte rette da eccellenti volontari.
La distinzione culturale, sociale e politica tra centrodestra e centrosinistra sarà come sciogliere e superare le contraddizioni strutturali della società, come eliminare la povertà e le disuguaglianze, come assicurare a tutti i residenti, senza distinzioni di genere ed etnia, i diritti umani a cominciare dal diritto al lavoro, alla conoscenza, alla salute e come formare la volontà politica collettiva ( quella che Gramsci teorizzava quale unità tra teoria e pratica). In conclusione occorre che il potere pubblico sia non un padrone ma un programmatore efficiente che organizza dal basso i ceti vocati al cambiamento della società. Non basta essere in Italia primo partito col 22% o a Palermo col 11% se non si realizza il collegamento quotidiano con i ceti e i loro territori che s’intende rappresentare nella lotta sociale e nel governo della cosa pubblica per assicurare a tutti i diritti di cui abbiamo parlato.
Anche al nuovo sindaco rinnoviamo l’antica richiesta di non abbassare la guardia contro le nuove mafie, la corruzione, la povertà sociale, culturale, economica, di istituire organismi e prassi di collegamento tra la società metropolitana e le attività amministrative quali Osservatori e Protocolli di legalità e anticorruzione.
Per non ritornare al lontano passato del condizionamento politico-mafioso sulle amministrazioni comunali di quel tempo, non basta partecipare agli anniversari delle vittime innocenti di mafia o i formali compiacimenti per i risultati dell’efficiente azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine.
Alle classi dirigenti si chiede di cambiare il modello di sviluppo, di eliminare le guerre, il riarmo, la corruzione e di prevenire le cause dell’ingiustizia sociale, brodo di coltura anche della sopraffazione di stampo mafioso.
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