L’antimafia oggi tra cambio di clima politico e verità storica

L'analisi | 4 settembre 2024
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Emilio Miceli inizia la sua attività di presidente del Centro Pio La Torre con una analisi dello stato di salute del movimento antimafia e dell’attuale clima politico istituzionale, alla luce ed in coerenza con le intuizioni ed azioni politiche culturali di Pio La Torre e della attività del Centro sin dalla sua fondazione e presidenza di Vito Lo Monaco.
L’analisi proposta da Miceli è stata arricchita e specificata da Franco La Torre ed Umberto Santino.
Miceli, La Torre e Santino denunciano il tentativo di quanti, affermando che la mafia sia stata annientata, propongono superamento e abrogazione della legislazione antimafia. Si tratta di posizioni che indeboliscono la tensione istituzionale e civica di contrasto alla mafia, che intanto cerca di inabissarsi e confondersi in una zona sempre più vasta grigia, indistinta e ambigua. 

La mafia è ancora viva, ha cambiato abito 

Tutto al contrario. 

° la mafia esiste ancora ma ha cambiato abito.
° il movimento antimafia esiste ancora, ma deve adeguarsi al mutamento del contesto, cambiato proprio grazie alla azione punitiva dello Stato e allo stesso movimento.
° il movimento antimafia subisce i guasti di un perverso rapporto tra gravissime storture e ruberie da parte di esponenti istituzionali e imprenditoriali ed un interessato e variamente motivato clima di fastidio per le attività antimafia.
° il clima politico del Paese è cambiato in una direzione che marginalizza e contesta la specialità del contrasto in sede legislativa e giudiziaria e ignora o mortifica le potenzialità espresse da presenze attive e libere nelle istituzioni e nella società civile. 

Verità giudiziaria e verità storica 

Si assiste, ormai da molti anni, ad un indebolimento tanto del law enforcement, delle regole legislative e azioni giudiziarie, quanto della tensione civica per ottenere verità storica.
Questo diritto alla verità storica, gridato da centinaia di migliaia di cittadin*, è ormai un punto cruciale del percorso di contrasto alla mafia e di costruzione di una alternativa al suo sistema criminale di potere politico, affaristico, culturale, religioso.
È doveroso ,in particolare, prendere atto della insufficienza strutturale, e spesso anche per ragioni contingenti e per inadeguato o squallidi comportamenti, dell’apparato giudiziario di contrasto e prendere atto della dannosa delega alla magistratura di selezionare esponenti delle classi dirigenti del Paese.
Basterebbe ricordare, a conferma di insufficienza strutturale del law enforcement, le tante impunità ottenute per decorso del tempo, per distrazione o inadeguatezza di magistrati, per errori di ufficiali giudiziari o ritrattazione da parte di testimoni…
Basterebbe ricordare, a conferma di insufficienza strutturale e anche contingente, lo scandaloso depistaggio per il processo a carico di responsabili della strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992 e le scandalose illegalità emerse nel cosiddetto caso Saguto o poste in essere da una Confindustria cosiddetta antimafiosa rappresentata da imprenditori che declamavano contrasto alla mafia per ottenere scorciatoie, scampoli di indulgenza, arricchimenti e occupazione di potere istituzionale. Una antimafia di facciata carica di ambiguità e doppiezza che ha caratterizzato e caratterizza politici, pubblici amministratori… e non soltanto loro. 

Da Portella delle Ginestre alle stragi del 1992-1993, passando attraverso grandi delitti e stragi di mafia e di terrorismo politico e istituzionale, rimasti nella nebbia di esiti processuali carenti e depistaggi, occorre con forza rivendicare il diritto a conoscere la verità storica.
Il Centro Pio La Torre ha negli anni svolto uno straordinario lavoro che può dare un contributo importante per la ricerca della verità storica da un lato e dall’altro per l’affermazione di valori etici per la valutazione di comportamenti, a partire da comportamenti di quanti svolgono pubbliche funzioni.
L’articolo 54 della nostra Costituzione chiude la prima parte dedicata ai principi fondamentali e al II comma sancisce il dovere di pubblici funzionari (politici e magistrati, docenti e forze dell’ordine…) non soltanto di rispettare la Costituzione e le leggi, così come spetta a cittadini* tutt*, ma anche di esercitare pubbliche funzioni con “disciplina e con onore”.
Un tale riferimento era cogente quando la mafia indossava abiti contadini e i suoi complici vestivano in giacca e cravatta; è ancor più necessario oggi che tra i mafiosi che guidano le organizzazioni criminali sono dominanti criminali in giacca e cravatta e si registra il fenomeno della seconda e terza generazione dei prestanome di enormi patrimoni illegali, accumulati da boss morti o sottoposti all’isolamento del 41 bis. 

Mafia e antimafia: il cambio di clima culturale e politico 

Questi enormi patrimoni, ormai strutturalmente e per decorso dei termini di prescrizione, sono sempre più al riparo da interventi di individuazione, sequestro e confisca. e costituiscono una miscela tossica ed esplosiva se unita alla permanenza ed influenza in attività istituzionali di soggetti coinvolti in criminali trattative, depistaggi e distrazioni.
È del tutto scontato affermare che con questi nuovi abiti la mafia non più stravista si presenta meno appariscente, ma sicuramente più difficile da individuare e sconfiggere rispetto alla mafia con abiti stravisti.
Accanto a questa inquietante condizione e alla forte presenza di “borghesia mafiosa“ resistono - pur tra tanti ostacoli ambientali - elementi di positivo cambio culturale in diffusi strati della popolazione e si registrano nuovi elementi di potenzialità positiva come la rottura di sintonia tra mafia e Chiesa cattolica quale risulta dal rifiuto solenne (in testamento) di funerali religiosi da parte di Matteo Messina Denaro. E ciò dopo decenni di forte alleanza tra boss e gregari della mafia ed esponenti e prelati del mondo cattolico.
Può essere a questo punto necessario sottolineare:
° la rinuncia delle forze politiche di darsi un codice etico ai sensi dell’articolo.54, II comma della Costituzione;
° il conseguente riferimento in via prevalente o esclusiva alla magistratura per la selezione della classe dirigente del Paese;
° l’azione dell’attuale maggioranza di governo indebolisce il contrasto al sistema di potere mafioso con veri e propri bavagli alla libertà di informazione unitamente al tentativo di porre la funzione inquirente sotto il controllo dell’esecutivo e con la previsione di un premierato che stravolgerebbe ogni equilibrio operando in un Parlamento debole perché composta da “nominati” e mortificando le funzioni costituzionali di equilibrio e controllo da parte del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale;
° la continua diffusione di messaggi sostanzialmente xenofobi, omofobi, razzisti da parte di esponenti della maggioranza di governo e di organizzazioni anche dichiaratamente collegate al
nazifascismo, a simboli, a rituali e valori, apertamente in contrasto con i valori della nostra Costituzione che peraltro espressamente prevede divieto di riorganizzazione sotto qualsiasi forma del Partito fascista e lo scioglimento di relative realtà associative;
° la riforma denominata “autonomia differenziata” realizzerà, inoltre, con una rottura dell’unità del Paese, l’aggravamento delle diseguaglianze per le condizioni di benessere e di godimento di fondamentali diritti di eguaglianza di vaste aree sociali e in numerose regioni caratterizzate da storici insediamenti di criminalità organizzata. 

La “profezia laica” di Pio La Torre e il movimento antimafia oggi 

L’esperienza laicamente profetica di Pio La Torre con il passaggio dalle lotte per i diritti dei contadini al movimento per la pace contro i missili a Comiso si è completata con le due più importanti azioni di contrasto alla mafia: la previsione del 416 bis e la confisca dei patrimoni mafiosi.
L’esperienza di Pio La Torre costituisce parte fondamentale di un patrimonio di impegni istituzionali di magistrati, forze dell’ordine e politici e di impegno civico di milioni di cittadin* e una vastissima rete di scuole e di associazioni.
Questo patrimonio rischia di isterilirsi se non si coglie il segno dei tempi e se non si passa dall’esclusivo, monopolizzante law enforcement alla costruzione di una visione di legalità dei Diritti - chiaramente indicati nella Costituzione italiana e dalle Convenzioni internazionali e Dichiarazioni universali - troppo spesso mortificati dal Diritto, dalle leggi dello Stato.
La promozione di una cultura di pace e il rispetto dei diritti di libertà e di eguaglianza sono al tempo stesso eredità di Pio La Torre ma anche nuovo terreno di sfida non soltanto per far guerra alla mafia ma anche per costruire una alternativa al modello e alle ramificazioni del sistema di potere mafioso.
Un punto di riferimento ulteriore deve essere l’Unione Europea, libera dai condizionamenti e le chiusure di Stati a governo sovranista.
L’Unione Europea, a partire dal suo Parlamento che nel 1998/1999 per la prima volta riconobbe - con la approvazione di un Action Plan che mi fu consentito di proporre - la validità della legislazione italiana di contrasto alle mafie e di confisca dei patrimoni illegali.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite dal suo canto ha approvato e presentato nel dicembre 2000 nel capoluogo siciliano la Convenzione di Palermo di contrasto alla criminalità organizzata transnazionale e al traffico di esseri umani.
Più recentemente e assai significativamente l’Unione Europea ha specificamente apprezzato e indicato come modello di riferimento il metodo del pool antimafia nato a Palermo e che ha portato a significativi risultati a cominciare dal maxi processo iniziato il 10 febbraio 1986. 

Il nuovo abito del movimento antimafia 

La sfida individuata da Emilio Miceli, Franco La Torre e Umberto Santino di rilanciare e rendere aderenti al nuovo abito della mafia azioni di contrasto e l’intero movimento antimafia è certamente alta.
Per poter essere vincente occorre garantire autonomia e indipendenza della magistratura a partire dall’impegno degli stessi magistrati ma occorre andare al di là dei limiti strutturali del processo penale e cercare oltre la verità giudiziaria la verità storica, garantendo esemplificativamente e prioritariamente libertà di informazione e codici etici di valutazione da parte delle forze politiche.
Oltre la guerra alla mafia occorre costruire modelli alternativi alla cultura mafiosa con il riconoscimento a tutt* - dai più emarginati e invisibili - dei diritti di libertà e di eguaglianza a partire dal diritto alla pace e alla verità storica.
È questo, a mio avviso, il nuovo abito del movimento antimafia per concretamente proporre una alternativa democratica e sconfiggere la mafia subdolamente vestita in giacca e cravatta.

 di Leoluca Orlando

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