L'antimafia della Chiesa spiegata agli studenti

Cultura | 17 dicembre 2015
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Dai rituali di affiliazione usati da Ndrangheta e cosa nostra agli inchini delle 'varè davanti alle case dei boss nelle processioni religiose, fino alla Bibbia usata dal boss Provenzano e la recente scomunica ai boss da parte di papa Francesco. Si è parlato anche della «liturgia» usata in modo strumentale dalla mafia, alla conferenza «L'antimafia della Chiesa - la sua evoluzione dal XX secolo ad oggi, da Sturzo a Papa Francesco», organizzata dal centro studi Pio La Torre a Palermo. All'incontro sono intervenuti la docente universitaria e sociologa Alessandra Dino, lo scrittore Rosario Giuè, e lo storico della Chiesa don Francesco Michele Stabile, moderati da Vito Lo Monaco, presidente del centro studi. «Le premesse per un cambiamento nel rapporto mafia e chiesa ci sono e ci devono essere - ha detto padre Michele Stabile - Gli inchini durante le processioni religiose di fronte alle case dei boss prima erano prassi normale, oggi lo sono meno. Occorre vigilare sulle confraternite per evitare lo scollamento tra devozione e impegno etico, e salvaguardare la religiosità popolare, eliminando questi aspetti del cerimoniale che si prestano a ogni collusione e ambiguità». L'iniziativa rientra nel progetto «Giovani cittadini consapevoli, attivi e responsabili» promosso dal centro studi Pio La Torre con il sostegno del dipartimento della Gioventù e del servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei ministri. «Quando cosa nostra è in crisi di identità dopo le stragi del 1992 - spiega la sociologa Dino - ha bisogno di un'immagine forte, e in questo la soccorre il boss Provenzano che, utilizzando la Bibbia si presenta una sorta di Dio dell'antico testamento, un personaggio che può punire ed è al contempo benevolo».


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