L'amore difficile tra Palmiro Togliatti e Nilde Jotti

Cultura | 10 settembre 2019
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Leonilde (Nilde) Jotti e Palmiro Togliatti. La prima appassionata militante del Partito Comunista Italiano (il PCI, chi ricorda la storica sigla con falce e martello sull’ormai sbiadito drappo rosso?); Nilde, indimenticata (per una generazione ormai avviata verso il tramonto) “pasionaria” di quel che fu il più grande partito comunista dell’Europa capitalista, membro del CNL (il Comitato Nazionale di Liberazione, dall’aberrante dittatura fascista), poi - negli anni ’70, a conclusione d’una carriera politica “stellare” - prima donna a ricoprire la prestigiosa carica di Presidente della Camera dei Deputati. Palmiro Togliatti, l’uomo che più d’ogni altro ha influito sulla linea politica del PCI, assurto alla carica di Segretario Generale del Partito Comunista Italiano di cui era stato fondatore, il “giurista del Cominter”, teorizzatore della “via italiana al socialismo” che fa tabula rasa della rivoluzione armata. Il controverso amore esploso tra la Jotti e Togliatti - fitto d’una trama narrativa affidata alle molte lettere d’amore e in parallelo a quello scorcio determinante di storia contemporanea italiana che dalle libere elezioni del 1948 si spinge fino alla morte dell’indiscusso leader del PCI, avvenuta a Jalta il 21 agosto 1964 - ricostruisce l’incalzante messa in scena del regista catanese Gianni Scuto che, tra passione politica e passione registica, con il suo “Cara compagna” (“Teatro Gamma”, organizzata dal centro teatrale “Fabbricateatro” di Elio Gimbo e Daniele Scalia, in questi giorni al giardino Pippo Fava) esplora l’intensa passione dei due militanti comunisti, pesantemente osteggiata dallo stesso partito allora ancora in preda ad un bigottismo molto prossimo a quello dell’inaffondabile “balena bianca”, la Democrazia Cristiana, il partito cattolico che per mezzo secolo ha retto le sorti del paese. Tra continui rimandi alla macrostoria (la piéce inizia con l’attentato all’uomo politico ad opera d’un esaltato studente anticomunista della facoltà di giurisprudenza di Catania, tale Antonio Pallante, terrorizzato dall’ “orso russo” e dalla politica filo-sovietica del PCI) ed insistiti ritorni alla microstoria personale (la sofferenza della Jotti, scandalosa giovane “amante” d’un uomo sposato, per quanto separato, costretta a subire l’ostracismo morale e bacchettone dei compagni di partito e perfino l’accusa d’essere una spia della Democrazia Cristiana), l’essenziale messa in scena ricompone “en passant” gli anni cruciali della modernizzazione del paese e dei tentativi (più o meno riusciti) di liberare l’Italia dalle incrostazioni clerico-fasciste ancora pesantemente presenti nelle istituzioni e nella retrograda struttura mentale della nazione appena uscita dal ventennio nero. Così Scuto icasticamente sintetizza il senso della sua operazione teatrale: “Che cosa può rappresentare questa storia ricca di contrasti e di nostalgie per il pubblico di oggi? Può fare conoscere a chi non ha vissuto quel periodo denso di creatività, un paese pieno di speranze, un paese vivo in cui il comunismo, pur presentandosi con la facciata rude dello stalinismo, ha contribuito ad un cambiamento radicale della società e ad una vera e propria rivoluzione in senso democratico dei rapporti sociali, dei costumi e della politica, quella però con la “ pi “ maiuscola. Lo spettacolo vuole anche essere a tratti provocatorio, specie nei confronti della grigia realtà che viviamo oggi e vuole ricordare ai giovani che siamo tutti figli dell’antifascismo e che questa repubblica, nata sul sacrificio di milioni di persone, deve ritornare a vivere in quelle regole che la nostra Costituzione, forse la migliore possibile, ancora oggi dovrebbe dettarci. Viceversa siamo stati già scippati di molte conquiste dei lavoratori e delle donne e tra poco tenteranno probabilmente di affondare il colpo scippandoci gli ultimi margini di partecipazione e di libertà a cui ancora ci aggrappiamo”. In scena nei panni di Togliatti Domenico Maugeri, Barbara Cracchiolo in quelli della Jotti ed Enrico Pappalardo in quelli di Pietro Secchia (vice segretario del PCI e, opportunamente camuffato, dello studente attentatore), tutti diligentemente impegnati ad offrire agli spettatori uno spettacolo di qualità.

 di Franco La Magna

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