"Ippolito" di Euripide dalla Grecia vola all'America degli anni '50

Cultura | 20 agosto 2019
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Un teatro stakanovista lo Stabile di Catania, che incurante della torrida estate s’inventa anche una mini tournèe proprio in questi ultimi giorni d’agosto, percorrendo in meno di una settimana in lungo e in largo l’isola con lo spettacolo forse più irriverente, insolente, dissacrante e al limite della blasfemia già portato in scena lo scorso anno ed ora riproposto in versione “estiva”. Così l’impertinente regia di Nicola Alberto Orofino (che ormai gode fama d’ingegnoso innovatore) rimette su location di pietra (castelli siciliani) il celebre “Ippolito” di Euripide, fortunata tragedia greca, trasposta nell’America degli anni ’50, sconvolgendone la severa ambientazione e dove la musica di hit degli anni ’30 e ’40 italiani, brani di quell’America mai doma della contestazione e gospels, accompagnano il dramma sentimentale d’una Fedra impazzita d’amore per il verginale e incorruttibile figliastro. 

Un massiccio ingresso sonoro a modello dei musical di Broodway degli anni d’oro, che ne conferma la scelta di rottura. Superata la prima tappa (il castello di Lipari, 19 agosto), il 20 e il 21 location è stato scelto l’imponente rocca del castello normanno di Aci Castello, mentre il giorno successivo (22 agosto) sarà Buscemi ad accogliere lo spettacolo per la rassegna “Teatro di Pietra”. Il suggestivo castello di Sperilinga sarà la quarta tappa del 23 agosto (rassegna “Teatro in Fortezza), seguito dal teatro greco di Tindari (“Teatro dei due Mari”, 24 agosto) e finalmente nell’immancabile teatro di Selinunte, in splendida posizione panoramica, la tournèe chiuderà le rappresentazioni domenica 25 agosto. Quattro gli attori coinvolti: inesauribile e gigionesco Silvio Laviano (“coro” ed anche accogliente danseur, nell’ultima parte chiamato ad interpretare un sofferto e cupo Teseo, infine stroncato dal rimorso), presenza molto amata soprattutto dal pubblico catanese (e non solo etneo); una carnale Laura Toscano, nei doppi panni di Afrodite ballerina, rigorosamente avvolta in lungo drappo rosso fuoco e guepiere, qui ancor più dea della perdizione che dell’amore, gravemente offesa dalla purezza del giovane e per questo votata alla vendetta e in quelli della nutrice “bovera negra”; Gian Marco Arcadipane, un inflessibile e sessualmente apassionale Ippolito, innocente ma destinato a scontare colpe non commesse; Egle Doria, la contraddittoria Fedra, in precario equilibrio tra esaltazione ed esacrazione, poi deridente dea Artemide, che alla fine beffeggia il suo stesso protetto. 

Una tragedia moderna sulla follia dell’amore e sotto traccia sul bigottismo sociale che inevitabilmente condurrà alla morte i protagonisti. Modificando in senso ancora più tetro la tragedia (Teseo, che condanna il figlio non ne otterrà il perdono e la sua vita sarà ancor più straziata dalla doppia perdita) la versione dell innovatore Orofino non può non configurarsi come vero e proprio “adattamento”, piaccia o no, al limite della diversità. Luci spente sulle sguaiate risate delle due dee Artemide e Afrodite, indifferenti alle sofferenze umane. Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con l’associazione Madè.

 di Franco La Magna

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