In morte di un sindacalista del Terzo Millennio

Politica | 19 giugno 2021
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Adil Belakdhim è stato ucciso mentre esercitava il diritto tutelato dall'articolo 40 della Costituzione  della Repubblica di lottare, con lo strumento dello sciopero, per il miglioramento delle condizioni di lavoro dei suoi rappresentati, i lavoratori e le lavoratrici del Centro logistico LIDL di Biandrate in provincia di Novara. 

 Era un giovane dirigente sindacale di un'organizzazione di base, lo SI Cobas, che negli ultimi anni ha significativamente rafforzato la sua presenza in alcuni settori della logistica, specialmente connessi alla grande distribuzione organizzata. Bisognerà far luce fino in fondo su quanto è avvento perché non è tollerabile nell'Italia del 2021 che la violenza ricompaia protagonista dei conflitti sindacali. Una violenza ripetuta: già l'11 giugno a Tavezzano un gruppo di lavoratori era stato aggredito dai sorveglianti dell'azienda contro cui stavano lottando, e un episodio altrettanto tragico si era verificato nel 2015.

Il clima in quel pezzo di mondo della logistica si è ulteriormente riscaldato dopo la decisione della Fedex TNT di dichiarare 6500 esuberi in Europa di cui 800 in Italia e 300 nel sito di Piacenza. In particolare nella logistica connessa ai beni di consumo (si pensi ad Amazon) ed alle grandi catene della distribuzione alimentare si tratta di un lavoro povero, in cui spesso non si applica il contratto nazionale di settore, nel quale si sono introdotte forme di caporalato attraverso la creazione di cooperative fittizie, con turni massacranti. Provate a guardare le offerte di lavoro sul sito di Amazon Italia e vi renderete subito conto che si tratta, tranne qualche eccezione, di lavoro dequalificato e mal pagato: da un minimo di 989 euro lordi per un addetto al controllo ad un massimo di 1778 euro mese per un operaio specializzato. Parliamo- è chiaro - di lordo: il netto in busta è circa il 30% in meno, sotto la soglia di povertà in molte aree urbane del Nord.

Ciò naturalmente non riguarda la parte più ampia di un comparto produttivo che produce il 9% del PIL nazionale e in cui sono impegnati 1,1 milioni di dipendenti, ma alcune aree in cui si dono diffusi i working poors , cioè coloro che, pur lavorando non riescono a raggiungere la soglia minima di sopravvivenza. Una parte notevole di questa manodopera è composta da immigrati regolari, magrebini, egiziani, ecc. Provate a mettere a confronto questi dati con le statistiche Istat sull'aumento della povertà assoluta in Italia che ha visto oltre 2 milioni di famiglia- cioè 5.600.000 bambini, donne ed uomini -precipitate nella povertà assoluta. Una manodopera sottopagata, sindacalmente debole, sfruttata perché la competizione tra le aziende si gioca  sui minuti  risparmiati nelle consegne. Un pentolone che nasconde sotto il  coperchio di un po'  assistenza il sobbollire di una crisi sociale di cui ormai si avvertono  i cupi  brontolii in molte aree del paese. 

 Non a caso la ripresa post pandemica dell'attività produttiva è stata flagellata, anche in Sicilia, da un'impennata degli incidenti, gravissimi e mortali sul lavoro.  Il paese non riesce a prendere fiato, non riesce ad organizzarsi intrecciando crescita e coesione sociale e territoriale. Si litiga sulla data in cui toglieremo le mascherine, ma nessuno mette lo stesso impegno a definire le modalità per una ripresa del nostro sistema produttivo i cui connotati essenziali siano la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici e la qualità delle produzioni. Non v'è consapevolezza che esiste in Italia una grande questione che riguarda i salari: siamo tra i grandi stati membri dell'Unione quelli con le retribuzioni più basse, distanti del 30% da quelle tedesche ed un po' meno dalle francesi.

Siamo soprattutto un paese in cui si sta accentuando la distanza, sul terreno salariale e dei diritti, tra lavoro nelle aziende più grandi in cui, pur  fatica, reggono le tutele sindacali e la marea di piccole e piccolissime imprese che tentano “alla disperata” di uscire dalla crisi più terribile del dopoguerra risparmiando su salari, sicurezza, innovazione. Una strada che porterà a sbattere contro un muro di solidissimo cemento. Si guardino i dati recentissimi di Bankitalia sulla Sicilia per trarne conferma che saranno proprio i settori del terziario del turismo, dei servizi, quelli che usciranno per ultimi dal tunnel.  Il leader della socialdemocrazia svedese Olaf Palme affermò che compito della sinistra era tosare le pecore del profitto capitalistico, redistribuendo reddito ed occasioni di sviluppo verso che possiede di meno. In Italia da anni il vello cresce  intonso sulle pecore del capitale, anche se la pandemia ha lasciato anche in quel campo  morti e feriti: attenzione se una democrazia non è capace di affermare una prospettiva di elevazione delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione diventa inutile.  I prossimi mesi saranno decisivi per dimostrare l'utilità e la forza della democrazia italiana.


 di Franco Garufi

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